Archivio
Naufragare a Lampedusa, storia già scritta
.
Le ultime notizie del naufragio di centinaia di emigranti dall’Africa all’Europa pongono una seria presa di posizione. Da più parti della nostra politica si levano parole accorate di rammarico, di accoglienza e di pietà per quelle genti martoriate da guerre intestine e rivoluzioni interne.
Non c’è speranza e l’unico baluardo della libertà e democrazia sembra essere l’Europa.
Ma mettiamoci a ragionare in ordine sparso
SIRIA: 1916 – in corso d’opera
96 anni di massacri che si sono succeduti senza che alcun ente abbia posto termine. Gli interessi giacciono nel controllo di quella parte del medioriente che in base all’accordo Sykes-Picot avrebbero andare ai francesi ed inglesi, ma il costituito governo fantoccio, uscito dalla disfatta dell’Impero Turco, avrebbe promesso alle due nazioni di coltivare i loro interessi in quella terra. Gli interessi di quegli anni vengono successivamente adattati alle conseguenti alleanze con il Regno Saudita dell’Inghilterra e degli Usa e di tutte quelle nazioni uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale. L’Italia invece perdente accetta di essere il supporto logistico e spionistico delle superpotenze. Effetti: migrazioni massiccie in Turchia, Giordania, Iraq ed Italia.
LIBIA: 17 Febbraio 2011
Inizia la Guerra di Libia e a Bengasi prendono parte alle manifestazioni gli anti-Gheddafi libici e di li a poco le potenze di Francia, Inghilterra, Usa e Italia portano il democratico aiuto al popolo martoriato dalla dittatura sanguinaria e repressiva del Colonello Gheddafi e di tutto il gruppo di comando da lui instaurato. Nell’ottobre del 2011 viene giustiziato democraticamente il colonello Gheddafi permettendo l’instaurazione della democrazia e della libertà per tutto il popolo libico.
Attori: Usa, Israele, Francia, Inghilterra, Italia, Germania, Svezia, Olanda.
Effetti: libertà delle bande armate di assaltare, massacrare, stuprare, assassinare ogni persona che non sia inquadrata o che abbia il colore della pelle diverso, emigrazione di popolazioni.
TUNISIA: 2010 – 2011
Prende avvio la rivoluzione dei gelsomini (i nomi esotici, romantici per giustificare qualsiasi efferatezza) per disarcionare Zine El-Abidine Ben Ali, despota padrone assoluto, sanguinario.
Attori: Usa, Israele, Francia, Inghilterra, Italia.
Effetti: centnaia di morti in loco, emigrazioni dalle coste tunisine verso quelle italiane.
SOMALIA: 21 Gennaio 1991 – in corso d’opera
Inizia la guerra di Somalia contro il governo repressivo di Siad Barre e con l’aiuto dell’ONU, degli Usa e dell’Italia si poterà alla stabilizzazione della regione. Le stesse aziende americane (Conoco, Amoco, Chevron e Phiips) saranno il perno principale per la democratizzazione della Somalia. Nel 2007 gli Usa, gli esportatori della democrazia, compiono l’azione meritoria di pregio e onore per invadere una parte del paese ancora riluttante al processo iniziato.
Attori: Usa, Israele, Italia, Francia, Inghilterra
Effetti: migrazioni, carestie, devastazioni sociale, massacri senza fine, omicidi, squartamenti.
ETIOPIA ERITREA: 6 Maggio 1988 – in corso d’opera
Scoppia la guerra tra Etiopia ed Eritrea, decine di migliaia di morti tra le due parti e migliai di rifugiati che scappano da ambo le parti. La comunità internazionale assiste indifferente alla tagedia aggravata anche dalla siccità che ne aumenterà le vittime.
Attori: Usa, Israele, Francia, Inghilterra, Cina, Russia
Effetti: migrazioni, carestie, devastazioni sociale, massacri senza fine, omicidi, squartamenti.
YEMEN: 27 Gennaio 2011 – in corso d’opera
Scoppia la guerra nello Yemen tuttora in corso che vede affiliati di Al-Qaeda appoggiati dagli Usa, Gran Bretagna Israele contro le fazioni filo iraniane del Nord. Il motivo è sempre lo stesso: la democrazia!
NIGER: 1922 – in corso d’opera
Inizia la lunga guerra del Niger per il controllo delle risorse petrolifere e minerarie di questo paese che vede gli attori principali della destabilizzazione Usa, Francia, Olanda, Inghilterra, Russia, Cina ed Israele. Il motivo ufficiale è sempre lo stesso: manca la democrazia ed è necessario, per il benessere delle popolazioni instaurarla, volenti o no! Milioni di profughi si spostano da una parte all’altra del continente africano migrando lì dove la situazione sociale appare “più stabile”, percorrendo anche migliaia di chilometri fino alle sponde del Mediterraneo. La guerra è tuttora in corso.
CIAD: 1986 – in corso d’opera
Guerra del Ciad. Vede impegnati l’allora colonello Gheddafi a sostegno del Governo Transitorio di Unità Nazionale che si opponeva alla riunificazione dello stato. Guerra terminata, ma riaperta con la Guerra di Libia (vedi sopra).
MALI: 1962 – in corso d’opera
Una guerra senza fine per il controllo delle risorse di questa parte del deserto del Sahara.
Gli attori principali: Usa, Francia, Inghilterra, Israele, Italia.
Motivo: instaurare la democrazia al fine di sfruttare le risorse e la posizione geostrategica della regione.
Effetti: migrazioni, carestie, massacri perpetrati dalle fazioni in causa.
MAURITANIA: 1989 – in corso d’opera
Altra scenario di guerra per il controllo delle risorse petrolifere e minerarie.
Attori: Francia, Usa, Inghilterra, Cina, Russia e Italia che offre supporto logistico.
Effetti: migrazioni, massacri perpetrati dalle truppe islamiste sostenute dai paesi occidentali
SUDAN: 2003 – in corso d’opera
Scenario di guerra e terrorismo finalizzato sempre per lo stesso scopo: petrolio, controllo geostrategico.
Attori: Usa, Israele, Inghilterra, Italia, Francia, Iran, Turchia.
Effetti: migrazioni, massacri carestie
L’elenco potrebbe continuare con molti altri paesi africani, del medioriente e dell’oriente e la spinta che anima quelle persone ad abbandonare i loro paesi natali è sempre la stessa: carestie, sovrappopolazione, guerre, rivolte sociali, criminalità diffusa e permessa dai governi locali.
Come spesso ho scritto più volte, l’Italia nel Mediterraneo è una scialuppa di salvataggio per milioni di persone che fuggono e cercano riparo, ma è anche una enorme ponte di contatto per tutti i paesi rivieraschi, che ha la necessità di essere utilizzato non solo come aiuto umanitario per le popolazioni che cercano soccorso, ma soprattutto per cercare la collaborazione con quei paesi le cui frontiere non sono capaci di contenere questa onda migratoria.
L’attuale incidente avvenuto a Lampedusa è il risultato di anni, decenni di colonizzazione, di sfruttamento e di crimini contro l’umanità compiuti propri da quei paesi che sono cercati dagli stessi migranti: è paradossale!!!
Sarebbe come dire che un bambino stuprato cerca rifugio proprio nello stupratore, e sappiamo che così non è, per fortuna. Il bimbo, nella sua giovane semplicità sa riconoscere il male dal bene, mentre la massa, quella più gretta ed impaurita, non distingue tra la mano del soccorso da quella del carnefice: aberrante!!!
Ma tale e tanta l’ipocrisia delle istituzioni che nell’esperienza secolare colonizzatrice ha saputo mascherare le sue azioni predatorie in opere di misericordia come affermato dalla Boldrini "La repressione non risolve problema" sostenendo che "Con le uniche misure repressive non risolveremo mai questo problema. Chi fugge da guerre e dittature, non sarà fermato da leggi più dure. E’ un’illusione”. Ma non è la sola ad esprimere un senso pietoso per quelle genti, poiché tutti, dal papa a Napolitano, hanno parole melliflue e delicate per il disastro compiutosi.
Ma chi sono gli artefici di quel disastro se non gli stessi organi che hanno appoggiato le missioni di “pace” di “democrazia” di “liberazione” e saccheggio se non gli stessi organi istituzionali che adesso versano lacrime di coccodrillo?
Perché, per esempio, quella carampana della Boldrini non mette l’accento giusto nelle sue parole accusando i veri artefici, i veri responsabili dei disastri che si stanno compiendo in Africa che stanno ancora oggi seduti alla camera ed in Senato?
Perché quella vecchia cariatide di Napolitano, tanto attento ed esperto nella politica internazionale, non sottolinea che le azioni delle grandi nazioni hanno portato a questo risultato; perché non fare e portare avanti una denuncia alle Nazioni Unite per mettere in banchetta i veri responsabili?
Perché il Governo Letta, ma come lui anche quelli precedenti, non hanno imposto alla comunità europea una politica delle migrazioni che mettesse un freno e che NON inviasse armi o sostegno alle diverse fazioni che si massacrano?
I perché si sprecano e non verranno mai esauditi, perché esiste un piano ben preciso e congeniato per tutto questo immondo affare del traffico delle genti. E’ il piano Khalergi.
“DAS PAN-EUROPÄISCHE MANIFEST”: L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità.
Lo scopo principale di questo piano è l’Unione Pan-europea e Kalergi ribadisce “il suo impegno al patriottismo europeo, a coronamento dell’identità nazionale di tutti gli europei. Nel momento dell’interdipendenza e delle sfide globali, solo una forte Europa unita politicamente è in grado di garantire il futuro dei suoi popoli ed entità etniche.” (Notare etniche e non più nazionali)
Siamo quindi difronte a degli eventi in cui gli stessi attori politici sono gli stessi che si muovono in funzione di questo rimescolamento razziale (melting-pot), ma se da un lato questo processo è anche un vantaggio per tutte le popolazioni, dall’altro esso produce immani disastri ed insormontabili incomprensioni data la velocità attraverso il quale esso si produce.
Noi italiani lo sappiamo molto bene, nel nostro sangue abbiamo moltissime razze, viste le innumerevoli invasioni che si sono succedute nell’arco di secoli, e non, come accade adesso, in pochissimi anni, e tutto questo è conosciuto dalle menti folli che stanno realizzando il piano che è funzione della velocità con cui si realizza questo rimescolamento: nessuna regola, sradicate le tradizioni, le culture fino ad assoggettare le genti in un unico impasto da sfruttare un pezzo alla volta a seconda delle necessità.
I disastri di Lampedusa si ripeteranno altre volte e sempre più di frequente nella totale indifferenza della Comunità Europea proprio in virtù di quel piano razzista e della mondializzazione voluta dalle logge massoniche ha permesso la morte in 25 anni di oltre 19 mila persone. E’ inutile piangere sui corpi delle persone che vengono straziati dalla violenza o da un naufragio, sono solo asciutte lacrime che non spostano una virgola nel capitolo della globalizzazione. (qui un elenco esaustivo)
Non è cinismo, ma semplice presa di coscienza dei fatti sui quali la gente comune è incapace di svolgere un’attività correttiva. E’ anche conseguenza della nostra cultura aggressiva, predatrice, che ci ha imposto questa visione. Proviamo timore, pena e cerchiamo l’appiglio della condivisione per stemperare l’altrui sofferenza, ma poi alla fine nel nostro piccolo cranio rimaniamo chiusi e insensibili alle sofferenze di milioni di persone: mors tua vita mea dicevano i romani conquistatori. Un detto che dice tutto, ma che presuppone anche una presa di coscienza e correttezza intellettuale, cosa che questi scribacchini, questi straccivendoli di politici nemmeno conoscono.
Oslo, depistaggio ed indizi.
Nell’articolo precedente avevo sottolineato come le forze dell’ordine norvegesi fossero state così solerti a definire l’attentatore cristiano-estremista-isolato. La cosa in se mi pareva piuttosto strana, come se avessero già nel loro data-base l’elenco dei probabili attentatori in ordine di probabilità.
Dando uno sguardo da vicino alle notizie date ufficialmente tutte sono indirizzate ad una fantomatica Al-Quaeda in formato vichingo, mentre si scopre che:
- La Norvegia è uno dei pochi paesi che ha formalmente appoggiato l’Autorità Nazionale Palestinese nella richiesta di ottenere il riconoscimento all’Onu di Stato Palestinese, cosa alla quale Israele di oppone malvagiamente con tutte le sue forze.
- La Norvegia, abbastanza autosufficiente dal punto di vista energetico, è quella nazione che gestisce un fondo pensioni di 450 miliardi di dollari che regolarmente investe, dal quale ha estromesso dagli investimenti due aziende israeliane (African Israel e la Danya Cebus) ed una malese (Samling Global) per motivi etici. Già, nei fatti il fondo norvegese ha fatto sapere che non intende avere la collaborazione con paesi o ditte che producano armi di distruzione di massa o che siano anche operanti negli insediamenti illegali della Cisgiordania (West-Bank). Le due ditte israeliane sono infatti interessate proprio nella costruzione abusiva in Cisgiordania contro gli accordi presi da Nethanyau con Obama.
- Avigdor Liberman ha accusato formalmente la Norvegia di appoggiare l’antisemitismo a causa delle accuse norvegesi rivolte all’esercito israeliano nel commercio di organi umani espiantati dai corpi dei palestinesi e per aver commemorato i 200 anni dalla nascita di Knut Hamsun uno scrittore filonazista, premio nobel per la letteratura.
- Israele ha un conto aperto con alcuni medici norvegesi (Mads Gilbert ed Erik Fosse) presenti durante il genocidio di Gaza (Piombo Fuso) in cui dimostrarono ed affermarono che l’IDF durante quei massacri, stavano usando e provando una nuova serie di armi (Dense Inert Metal Explosive – DIME) che provocavano strane amputazione e ferite che non si rimarginavano. Ovviamente nessun giornale europeo, chino al volere di Sion, ha riportato la notizia.
- Nell’Isola di Utoya i giovani, il giorno prima dell’attentato, stavano attuando una manifestazione pro-Palestina alla presenza del ministro degli esteri norvegese il quale disse:<<I palestinesi devono avere il loro Stato, l’occupazione deve finire e il muro deve essere demolito e questo deve accadere ora!>>
- La Norvegia ha annunciato che ritirerà le sue forze militari dalla Libia e gli Usa, dopo questo annuncio, pare non l’abbiano presa molto bene.
Nell’articolo precedente avevo detto “Ma perché cristiano e non talamudico?”. Infatti l’autore della strage faceva parte di una associazione massonica la San Giovanni Olaus e i suoi scritti si rifacevano ad un blogger nazista: Fjordman.
Questo asserisce l’imminenza del pericolo islamico in Europa e in vari suoi articoli dimostra di essere devoto alla causa di Isarele (quale? mi chiedo). Ma dietro a questo genere di gruppi, persone coesi da un’idea razzista filo-israeliana si trovano anche politici e giornali insospettabili come ad esempio il Brussels Journal (Why Israel’s Struggle Is Our Struggle, Too) in cui il bravo Fjordman scrive un articolo in cui è evidente il suo punto di vista filo-israeliano. Strana la combinazione nazista-israeliana, no?
Ovviamente queste non sono prove, ma indizi che possono portare le ricerche dei mandanti della strage in una certa direzione che di islamico ha solamente il nome. Purtroppo la cancrena sionista alimentata anche dalla nostra parlamentare del PDL che si è riunita in giugno a Gerusalemme per “sviluppare strategie comuni per difendere gli interessi di Israele in Europa e USA“ ha ovviamente i suoi punti di forza nell’intricato tessuto di partecipazioni politiche, sociali, economiche di ogni nazione europea.
Freedom Flottilia: ingerenze straniere.
Mentre qui da noi imperversa la battaglia sulla manovra-ciulata dei piccoli risparmiatori, nel silenzio e nelle omissioni giornalistiche e con la complicità del governo e di tutto l’arco costituzionale, gli attivisti di Freedom Flottilia II vengono costantemente bloccati e impedito loro di raggiungere Gaza.
Anche quelli che intendono arrivare per via aerea vengono bloccati all’aeroporto Ben-Gurion di Tel Aviv su indicazione del servizio di sicurezza che ha già stilato una lista di indesiderati da rispedire indietro al paese d’origine a spese delle compagnie aeree.
Purtroppo delle 9 navi che avrebbero dovuto arrivare a Gaza molte sono state fermate dalla marina greca e altre da quella turca. Gli organizzatori sono stati spiazzati dall’improvvisa e nascente alleanza greco-turco-israeliana che ha impedito sino ad ora di portare a termine la missione.
La cosa che appare piuttosto strana è la rapidità con cui la Grecia abbia intercettato le navi dirette a Gaza, quando all’interno della Grecia c’è una vera e propria battaglia per la sopravvivenza. Si sospetta infatti che i servizi greci si siano serviti dell’aiuto della Turchia e di Israele per dissuadere le partenze dai porti turchi e bloccare quelle che stavano partendo da quelli greci.
I motivi di questi rapidi avvenimenti potrebbero essere spiegati:
- Il quadro di questo risultato pare essere incastonato nella nuova figura che Erdogan sembra sempre di più assumere come quella di mediatore privilegiato nel conflitto Israelo-Palestinese. Il fatto nasce dagli ultimi incontri avuti con Barak Obama e il presidente turco alla luce dello strappo che ci fu sulla questione di Freedom Flottilia I, in cui furono massacrati a freddo 9 attivisti turchi dalle squadre della morte israeliane. Proprio per riparare questo strappo dalle decennale alleanza della Turchia con Israele, Barak Obama pare indicare nella figura di Erdogn quella più idonea per sedare gli animi e creare un polo di attrazione nel mondo arabo.
- Dall’altra parte e a causa degli avvenimenti dello scorso anno e dei morti sulla nave turca, ha portato la stessa Turchia ad allontanarsi dalle zone di influenza e controllo lasciando quindi spazio ad Israele di poter stringere legami di alleanza con la Grecia e alcuni stati ex sovietici nel Mar nero. La presenza di aerei in esercitazione in Bulgaria, Romania e Grecia è l’evidente rapporto di collaborazione tra questi paesi con Israele, ma tutto questo non accade se non c’è il placet degli Usa che vedono nella Grecia un alleato indispensabile tanto che la dimostrazione ad Obama della nuova strategia americana si è vista con il blocco delle navi della seconda spedizione operata da Papandreu.
La Palestina è in questo momento in una situazione di stallo molto complesso che per ora non lascia intravvedere una soluzione. Da un lato Abbas che spinge sulla Turchia per far partire le navi di aiuti umanitari e dall’altra l’alleanza di Usa-Grecia-Israele-Turchia che sostanzialmente vanno a minare i diritti umani del popolom palestinese. Inoltre i palestinesi non troveranno concordi anche i rappresentati dell’ONU (circa 40 paesi) che hanno già manifestato il loro dissenso per l’invio degli aiuti con le navi di Freedom Flottilia.
Purtroppo dire che siamo alla frutta è inutile, ma è la dimostrazione che nello scacchiere internazionale del Mediterraneo si stanno organizzando e posizionando le fazioni interessate a supporto di Israele per la prossima battaglia con l’Iran.
fonte: debka
Gheddafi: un sanguinario da Premio Nobel.
Continuo a pensare e convincermi che la guerra di “liberazione” che stanno portando avanti i paesi della Nato (Italia, Usa, Francia, Gran Bretagna) sia sempre più una guerra delle banche, anzi del sistema bancario occidentale contro quello che il dittatore Gheddafi aveva instaurato nel suo paese.
Da destra a sinistra (compreso il Bersani) si paventa sempre più lo tsunami umano che dalle sponde libiche dovrebbe infrangersi sulle nostre coste. Però i dati Istat dicono altre cose:
Immigrati
Marocco: 365.908
Tunisia: 93.601
Egitto: 69.572
Algeria: 22.672
Libia: 1.517
I dati lasciano qualche perplessità su quello che i vari megafoni politici continuano a urlare.
Ma come ha gestito il paese il signore del terrore, come ce lo dipingono i vari Frattini?
Dagli anni novanta ad oggi ha usato le immense risorse del petrolio per fare scuole, ospedali, università, dispensari medici nei villaggi, strade lastricate anche nel deserto, case popolari a bassissimo prezzo per tutti; ha fatto molto per la liberazione delle donne, mandando le bambine a scuola e le ragazze all’università (all’inizio il mondo universitario non le voleva!), varando leggi favorevoli alla donna nel matrimonio, abolendo nei villaggi le alte mura che delimitavano il cortile in cui stavano le donne.
Gheddafi è un dittatore che non ha dato la libertà di parola, ma ha iniziato ad educare il popolo libico controllando le moschee, le scuole coraniche, gli imam e le istituzioni islamiche, che in molti altri Paesi islamici (ad esempio in Indonesia, visitata di recente) sfuggono totalmente al potere statale, diffondono l’ideologia anti-occidentale e venerano “i martiri dell’islam”, cioè i kamikaze terroristi che conosciamo. In Libia assolutamente non è così. A Tripoli c’è un comitato di saggi dell’islam che prepara l’istruzione religiosa del venerdì e la diffonde con molto anticipo in tutte le moschee della Libia. L’imam locale deve leggere quel testo, se toglie o aggiunge qualcosa, a dirigere quella moschea viene nominato un altro.
Nel 1986 Gheddafi ha scritto al Papa perché gli inviasse medici ed infermieri per le strutture mediche che stava aprendo. Il Papa ha risposto mandandogli un centinaio di persone tra medici ed infermiere. Oggi in Libia ci sono un’ottantina di suore e 10mila infermiere soprattutto filippine, oltre a molti medici cattolici stranieri.
Gheddafi ha dissetato la sua gente, anche quelli della Cirenaica, da sempre suoi avversari, scavando per oltre 1000 metri di profondità per irrigare e portare acqua alle città attraverso il progetto Libya’s Great Man Made River Project pagato con i proventi del petrolio e non con i prestiti del FMI o della Banca Mondiale. (si veda l’articolo La vera ricchezza della Libia)
Vediamo se ci sono altre cose che possono contraddire. Anziché usare il ben marcio sistema del PIL, che non dice nulla, ma è un parametro basato sulle fandonie bancarie e finanziarie, andiamo a verificare l’indice di sviluppo umano (ISU) che è un indice comparativo dello sviluppo dei vari paesi calcolato tenendo conto dei diversi tassi di aspettativa di vita, istruzione e Reddito nazionale lordo procapite. È divenuto uno strumento standard per misurare il benessere di un paese. (fonte Wikipedia).
La Libia, il paese condotto da un sanguinario dittatore, si colloca al 53° posto, mentre la Tunisia al 81° posto, l’Algeria al 84° posto, l’Egitto al 101° posto, il Marocco al 114° posto e il Sud-Africa al 110° posto, tutti gli altri stati africani sono molto in basso nella classifica. Non male per un paese degradato, corrotto, gestito da un sanguinario pazzo. Però visto che la lista è stata fatta dalle nazioni Unite, quelli della risoluzioni 1973, dovremmo crederci.
Andiamo a vedere altri indici come quello sulla disoccupazione che, toh!, guarda caso è del 4,8% (dati 2010), mentre l’Italia è all’8,5%, gli Usa al 9,5% la Germania al 13%. Ma allora è proprio un bastardo dentro ‘sta Gheddafi, no? Ma come fa ad avere questi dati vista la sua sanguinaria dittatura?
La risposta è semplice, quanto unica.
La Banca Centrale di Gheddafi è di proprietà dello Stato libico al 100% , pertanto emergono alcune cose:
- la Libia è ai vertici dell’istruzione gratuita,
- ai vertici dell’assistenza medica gratuita e di qualità,
- ai vertici nella promozione familiare; a una coppia che si sposa lo Stato libico eroga 60.000 dinari (50.000 dollari) come prestito senza interesse e senza data di scadenza (in pratica restituiscono se possono, se vogliono, e quando lo ritengono giusto).
- Tasso di inflazione del 3% (fonte: Cia)
Alcuni economisti, i cosiddetti “caga-sentenze“, direbbero che con una banca di stato, con prestito senza interesse, con scuole ed ospedali gratuiti il tasso di inflazione crescerebbe a dismisura, mentre invece la Cia riporta uno striminzito 3%. La Libia, con il suo pazzo sanguinario, aveva proposto nel 2009 la moneta unica africana (dinaro d’oro) per ovviare alle continue opere di dissanguamento economico che il FMI e la Banca Mondiale impone ai paesi africani. Gli unici che si opposero furono il Sud-Africa (la mano longa della City di Londra) e la Lega Araba (la mano longa del Club petrolifero mondiale sostenuta da Usa, Gran Bretagna, Olanda e Francia).
Ora, con la rivoluzione in atto ad opera dei ribelli cirenaici, si è già aperto una nuova banca la Central Bank of Benghazi (CBB) con la quale già gli stati belligeranti hanno inziato ad operare sulle transazioni petrolifere, in opposizione alla Central Bank of Lybia, ma sopratutto gestita da paesi che hanno tutto l’interesse economico, commerciale di affondare un progetto (qui le critiche del Financial Times, il covo dei ladri.) che per anni ha visto questo paese tra i vertici del mondo africano e non solo: una rivolta bancaria a tutti gle effetti.
Ovviamente non riporto i dati delle mancate forniture che si ripercuoteranno sulla nostra economia, sulla perdita delle commesse già siglate dalle nostre aziende con il governo del sanguinario dittatore. No, non le riporterò perché le ho già scritte, perché noi italiani, popolo senza spina dorsale, diamo le basi alla Nato, diamo gli appoggi logistici ai velivoli americani, francesi olandesi a perseguire uno stato di diritto solo perché i gruppi bancari vedono nel sistema libico una spina nel fianco. No, noi abbiamo quei criminali della sinistra che inscenano cortei per Ruby di quell’altro pazzo di Arcore, abbiamo cortei contro il velo, abbiamo le parole del massone comunista, vecchio laido infingardo di Napolitano. Noi abbiamo il parco vacche più nutrito del pianeta, ma non difendiamo i nostri interessi. Siamo in mano a dei grassatori (di destra o di sinistra non fa differenza) che giocano con le vite altrui e le nostre in nome di una libertà che corrisponde alla morte di migliaia di persone e in nome degli interessi bancari internazionali.
E l’Italia non si ribella.
The Third Intifada
Aggiornamento del 17.05.2011
La Turchia, ha respinto le richieste di Israele di fermare la spedizione di 15 navi che porteranno aiuti umanitari nel più grande campo di concentramento del mondo mai esistito (Gaza conta 1.500.000 persone detenute in stato di indigenza senza generi alimentari e sanitari). Oltre alla richiesta fatta alla Turchia, Netanyahu lunedì scorso ha chiesto agli ambasciatori europei in Israele di fermare a tutti i costi la flottiglia.
Finora solo il premier italiano Silvio Berlusconi ha promesso ufficialmente di fermare la spedizione. (ma quanto è lecchino e pusillanime questo signore?), mentre solo il PDCI (Partito dei Comunisti Italiani) ha espresso profondo rammarico e proteste sotto l’ambasciata Israeliana a Roma chiedendo al nostro presidente (comunista e massone) in visita di cortesia in Israele, di protestare vivacemente con il governo Netanyahu. Figurasi se mai questo squallido personaggio è in grado di opporsi al padrone che lo nutre.
Infatti il suddetto presidente (comunista e massone) ha espresso nel suo incontro israeliano, che la costituzione dello stato di israele (in piccolo è doveroso) non fu un disastro umanitario, scordando però volutamente (forse è l’incipiente demenza senile che comincia a farsi sentire) che a seguito di quella dichiarazione (unilaterale) furono massacrati oltre 700.000 arabi (il numero è in difetto) e altre centinaia di miglia furono forzatamente trasferiti in altre zone, ai quali furono rubate e razziate le proprietà rimaste che vennero successivamente assorbite dai nuovi invasori (a qualcuno dovrebbe ricordare quello che accadde agli armeni e il loro stermino, sempre taciuto, compiuto dai seguaci di Sabbath Zevi – i Giovani Turchi – dei cripto-giudei convertitesi all’islam opportunisticamente, ma tenendo fede alla loro religione originaria, la legge talmudica!)
————————————————————————————————-
Aggiornamento del 15.05.2011
Come volevasi dimostrare la irriducibile rudezza kazara israeliana ha applicato quanto da tempo andava minacciando: fuoco sui dimostranti, ad alzo zero, ovvero ad altezza uomo. Non importa se ci sono donne, bambini, o persone che nulla hanno a che vedere con i vari terroristi – inventati da israele e non – ma quello che avevano promesso lo hanno fatto, nella stessa maniera in cui avevano avvertito di ammazzare Vittorio Arrigoni!.
Israele ancora una volta dimostra la sua vera democrazia così come dal canto nostro avremo ancora i vari Pagliara ad annunciare che si sono difesi, che hanno difeso il loro diritto di esistere, perché uno stato fasullo, voluto e creato con un tratto di penna a danno dei loro abitanti, è più importante della vita di milioni di persone.
Questa è Israele e questa è la comunità internazionale che, si indigna per i massacri di Gheddafi (ancora non si sa quale siano e dove siano stati attuati), ma che di fronte a quelli compiuti dagli israeliani distoglie lo sguardo sul sangue versato da persone innocenti, desiderose solo di una terra, la loro terra, la loro nazione, la loro vita e la loro tranquillità, mentre sempre soggetti all’ostile, razzista, criminale e psicopatica azione vessatrice di uno stato iniquo.
Uno stato che con una legge (Nabka Law) ha introdotto delle regole che mette in condizione i palestinesi a subire l’umiliazione di sotto-popolazione inducendoli ad accettare le vessazioni del loro usurpatore, senza nessun diritto:
– tutti coloro (arabi/palestinesi) che non accetteranno pubblicamente o denigreranno la bandiera di Israele verranno puniti con la carcerazione di 3 anni;
– tutti coloro (arabi/palestinesi) che criticheranno lo stato di Israele e la sua democrazia avranno ridotti finanziamenti;
– in tutti i testi di storia israeliana il giorno della rabbia (nabka) viene rimosso così che non vi sia ricordo né trasmissione dello stesso alle generazioni future;
La legge, approvata ed introdotta ad ottobre del 2009 è stata successivamente modificata ed aggiornata a marzo del 2011.
Nel frattempo il nostro lacchè preposto al ministero degli esteri ha intimato a Gheddafi di farsi da parte altrimenti sarà il tribunale dell’Aia che lo incriminerà formalmente come criminale di guerra. Chissà se il suddetto lacchè avrà la stessa forza di chiedere a Benjamin Netanyahu di fare la stessa cosa.
————————————————————————————————-
Nabka al-Nakba è il nome che viene dato dagli arabi in genere, e dai palestinesi in particolare, all’esodo delle popolazioni arabe intensificatosi a partire dal 15 maggio 1948, giorno a partire dal quale il Regno Unito si ritirò dalla Palestina e Israele, secondo il Piano di (s)partizione della Palestina contenuto nella risoluzione 181 dell’ONU del 29 novembre 1947.
Questa la storia, ma nella realtà Nabka è il senso profondo di frustrazione di dolore e di decenni di massacri e privazioni che i popoli abitanti la Palestina hanno sofferto e continuano a soffrire per le scelte volute e decise da altre nazioni (Usa, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica) a favore di alcuni fanatici religiosi di fede ebraica-sionista per la creazione di uno stato fasullo (Fake-state).
La creazione di uno stato solo ed esclusivamente puro, di sola razza ebraica (che non esiste e non è mai esistita, si legga a tal proposito Shlomo Sand “L’invenzione del popolo ebraico”), con l’esclusione di tutti gli altri abitanti, anche di quegli ebrei nativi che con i palestinesi condividevano la stessa terra e le stesse radici. Pure questo genere di ebrei è, secondo il pensiero sionista, di seconda categoria, che non ha lo stesso valore di quelli che si ritengono i veri successori e proprietari assoluti di una terra a loro mai appartenuta.
Nabka è una data, 15 maggio, il giorno della terza Intifada dove milioni di arabi e non, potranno riunirsi e marciare verso Israele, lo stato fantoccio dei poteri Usraeliani, per ottenere la liberazione della striscia di Gaza e il ritorno di Gerusalemme ai loro legittimi proprietari.
Facebook “era” il megafono di questa ondata, ma già le grandi lobbies ebraiche americane a sostegno di Israele, tra le quali Pro-Israel lobbying, la Anti-Defamation League (ADL) e la grossa campagna Americano-Sionista hanno spinto il cofondatore di Facebook Zuckerberg a cancellare la pagina che incitava questa chiamata per la marcia della pace. In Facebook si può parlare di tutto, si può offendere tutti, diffamare tutti, sovvertire l’ordine in altri paesi come la Tunisia, l’Egitto, la Libia, la Siria il Barhein, lo Yemen, ma non si può mettere in dubbio l’integrità della falsità attraverso la quale si è fondato Israele.
Facebook quindi come altro organo di diffusione, controllato anch’esso, dalla lobby sionista attraverso il suo cofondatore Zuckerberg, limita il diritto di espressione e di pensiero sancito nella carta dei diritti dell’uomo. D’altronde visto quanto accade nei paesi occupati dall’esercito israeliano, cosa ci si potrebbe aspettare?
Giudaismo e sionismo sono incompatibili, ma stanno diametralmente su due posizioni differenti (Rav Ahron Cohen).
Medioriente in fiamme nel Nuovo Ordine Mondiale (NWO).
Gli avvenimenti di questi ultimi giorni di gennaio e febbraio, sembrano scaturisce dalla fantasia di qualche coreografo di uno film d’azione.
Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Sudan, Siria, Giordania, Yemen, Bahrein, Oman, Qatar. Una cintura di paesi di fede islamica per lo più controllati controllati da governi europei e dagli americani.
Cosa sta realmente accadendo? Come è possibile che nell’arco di una manciata di giorni, l’intero medioriente vada in subbuglio, destabilizzando una delle regioni più delicate dell’intero occidente? Quali potrebbero essere le cause e le conseguenze di questo disastro incombente?
E’ inutile iniziare dall’uomo della pietra, ma è giusto che alcune cose siano chiarite per fare chiarezza di come è stata suddivisa la mappa geografica del medioriente senza voler pretendere di insegnare nulla a nessuno, giusto un rapidissimo riassunto.
- Con la fine della Prima Grande Guerra gli imperi Europei furono cancellati, così per l’impero d’Austria, l’Impero dello Zar di Russia e il Grande Impero Ottomano che per secoli aveva dominato tutto il medioriente.
- Nel 1916 in previsione dell’andamento vittorioso della guerra, Francia ed Inghilterra, firmavano un accordo per la spartizione e controllo del medioriente l’accordo di Sykes-Picot, in cui le zone di maggior interesse economico e strategico furono sottoposte al controllo francese ed inglese.
- Nel 1917, a seguito delle insistenze di Teodoro Hertzl e di alcuni suoi seguaci tra i quali il potente banchiere Lord Rothschild per la creazione di uno stato ebraico sionista, fu firmato la dichiarazione di Balfour in cui gli inglesi, tramite Arthur James Balfour, promettevano la terra promessa agli ebrei.
Andiamo a grandi passi e si arriva alla fine della seconda guerra mondiale con la conferenza di Yalta, di Teheran e di Potsdam, in cui le nazioni vincitrici si spartiscono il mondo mediorientale in funzione della loro influenza. I risultati di queste spartizioni furono la creazione di stati che prima non esistevano e che furono disegnati sulle mappe geografiche con matita e righello, tagliando di netto popoli, tradizioni e culture.
Da queste spartizioni, sotto influenza francese, inglese e americana, i governi eletti per gestire questo coacervo di popolazioni, per lo più mescolate in nazioni prima inesistenti, ebbero come risultato l’imposizione di regole ordinate dalle forze straniere con brutalità e massacri.
La presenza delle risorse energetiche più importanti del mondo in queste zone e la distribuzione geopolitica strategica, sono le vere cause dell’attuale situazione, ma tutto questo non spiega esattamente come e perché nazioni governate con il pugno d’acciaio e con repressione, siano state così solerti e rapide nel rovesciare ed aprire questo vaso di Pandora che è il medioriente.
Alcuni attribuiscono l’innesco di queste rivolte alle molteplici possibilità delle comunicazioni: telefoni, cellulari, internet e le varie reti sociali telematiche come Facebook, Twitter che permetterebbero di mettere in contatto diverse persone con gli stessi pensieri, ideali e con gli stessi problemi, accomunati dalla stessa tirannia o similari di governi avulsi dalle tradizioni, ma solamente interessati a sfruttare quanto più possibile a spese di interi popoli.
Questo potrebbe essere vero solo in parte se non si considera la presenza costante della National Endowment for Democracy (NED) sia una delle più attive associazione “democratiche” americane nel finanziare, tramite la casa bianca il Pentagono, la Cia e l’MI6, le opposizioni dei vari regimi che sin dalla fine del secondo conflitto mondiale ha agito indisturbata per essere poi riconosciuta apertamente dalle vari istituzioni nazionali agendo principalmente sui lavoratori tramite il (American Center for International Labor Solidarity – ACILS), sulle imprese tramite il Centro Internazionale per le Imprese Private (Center for International Private Enterprise – CIPE), l’Istituto Repubblicano Internazionale (International Republican Institute – IRI) e l’Instituto Nazionale Democratico per gli Affari Internazionali (National Democratic Institute for International Affairs – NDI). E’ probabile quindi che l’innesco per questa serie di manifestazioni e rivoluzioni siano state innescate dalle suddette ONG, ma di fatto si può obbiettare che gli interessi economici e finanziari del mondo occidentale compromessi come quanto accade abbiano subito e subiranno dei contraccolpi gravi.
Un’altra ipotesi, forse la più credibile, ma non ancora dimostrata, secondo alcune dichiarazioni dell’SVR (Russian Foreign Intelligence Service) indica che gli Stati Uniti stiano rivedendo i loro piani strategici egemonici mondiali concentrando le loro forze nel blocco del continente americano del centro sud.
Le motivazioni, starebbero nella diminuita capacità del mondo arabo (Arabia Saudita) di fra fronte alle richieste di petrolio per l’esaurirsi dei pozzi petroliferi, i cui costi di estrazione non giustificherebbero la presenza USA e il mantenimento delle strutture atte a difenderne gli interessi.
A questa prima ipotesi se ne aggiunge un’altra riguadagnante la costante carenza d’acqua e tale problema sembra essere uno dei principali motivi che spinge l’amministrazione Obama a cercare altri lidi.
Le mire espansionistiche americane nel centro e sud-America sono focalizzate sui giacimenti petroliferi scoperti di recenti e dalle materie prime necessarie a far funzionare la macchina bellica-industriale americana. Sembra infatti che nelle zone delle Antille (Haiti – Cuba) sia presente un vastissimo giacimento petrolifero e di Gas, tale da poter tranquillamente superare le forniture del mondo arabo. Non a caso gli Usa hanno riabilitato il gruppo navale Naval Forces Southern Command (USNAVSO) come principale elemento del United States Southern Command (USSOUTHCOM) designando la sua area di operazione nel sud- America, Centro-America, i Caraibi e le acque circostanti proprio nel luglio del 2010, e proprio il primo luglio del 2010 una flotta di 46 unità navali, 200 elicotteri, 10 Harrier e 7.000 soldati approdarono sulle coste del Costa Rica con la scusa richiesta dal governo costaricano per la lotta ai traffici della droga.
Le motivazioni di questa ipotesi, sarebbero quelle di slegare completamente l’influenza USA dal blocco occidentale concentrando le proprie attività (se così possiamo chiamarle) sull’America centrale e del sud creando una superpotenza legata ai stati del Nord e centro America (Canada-Usa- Mexico), ma le ragioni principali che starebbero dietro a questa strategia sembrerebbero essere (secondo il Pentagono) il cambiamento climatico dei prossimi 20 anni che causerà catastrofi e milioni di vittime, variazione della stabilità politica interna europea dovuto all’immigrazione selvaggia causata dalla siccità nei paesi arabi con le conseguenze che si possono immaginare.
Fonte: whatdoeitmean – eutimes
Muammar Gaddafi ha lasciato la Libia.
Un rapporto afferma che il leaders libico Muammar Gheddafi ha lasciato il suo paese per il Venezuela o Brasile, all’aumentare delle proteste che chiedevano di dimettersi.
Nel frattempo, l’inviato libico alla Lega Araba Abdel Moneim al-Honi e l’ambasciatore del paese in Cina Hussein Sadeq Al Misurati, si sono dimessi a unirsi alle proteste.
Al-Honi ha presentato le sue dimissioni “per protesta contro gli atti di repressione e di violenza contro i manifestanti” che il governo libico aveva attuato di conseguenza alle proteste, mentre Al Misurati dichiarava ad Al Jazeera TV in che non era “onorato di rappresentare un regime che uccide la sua gente.”
Gli ultimi dati mostrano il bilancio scontri della sollevazione popolare di massa è quasi di 300 morti.
Fonte: PressTv
Navi da guerra Iraniane in transito sul canale di Suez.
Come qualche giorno fa si commentava una notizia in cui alcune navi iraniane avevano ormeggiato nel porto di Jeddah. Adesso anche Al-Jazera riporta la conseguenza di quanto detto.
Pare infatti che le navi, mollati gli ormeggi da Jeddah, siano dirette a nord verso il Canale di Suez e stando alle proteste israeliane secondo la voce del suo ministro degli esteri Liebermann, il quale sostiene l’Iran è in procinto di inviare due navi da guerra attraverso il Canale di Suez per la prima volta dopo anni, definendolo una “provocazione“, indicando che le navi sarebbero dirette verso la Siria senza però offrire alcuna prova delle sue affermazini, né da che fone la avesse presa.
Infatti anche il dipartimento di stato americano e il Pentagono sono a conoscenza di questo movimento di navi e secondo la dichiarazione di un ufficiale israeliano le navi iraniane fanno parte di un piano di addestramento nel Mar Rosso e nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez.
Non è detto che si tratti di belligeranza iraniana nei riguardi di Israele, ma gli sviluppi odierni nel medioriente e le proteste colorate del NED (National Endowment for Democracy) nelle varie attività in Tunisia, Algeria, Marocco, Yemen e così pure in Siria e ultimamente in Iran, fanno pensare che queste navi abbiano, con la loro presenza, un valore ben più importante che non il semplice addestramento.
Auguriamoci che non sia l’inizio di qualche cosa di molto peggio…
Rivoluzione creativa: destrutturazione per “Greater Middle East”?
Mentre da noi infuria la lotta per la puttana o per chi ha avuto maggior concubinaggio, inneggiando alla moralità (falsa) delle forze politiche in campo, nel resto del mondo, in quello più vicino all’Italia, si stanno preparando eventi epocali che i nostri media tendono sommessamente a sussurrare anziché le porcate dei vari Berlusca e loro ruffiani dell’opposizione.
In Egitto è risaputo, l’esercito – controllato dal Pentagono e dal Mossad – ha avuto la meglio su quest’ultimo travagliato periodo. Gli egiziani esultano, ballano e incoscientemente fanno il gioco dei loro carnefici; la libertà, la democrazia e le varie angherie sofferte in questi trentanni verranno ristabiliti (ma non sono mai stati presenti prima!). Ognuno potrà fare come nelle democrazie occidentali: potrà costruire, potrà avere una famiglia omosessuale, potrà dedicare il suo tempo al cellulare, potrà ubriacarsi, drogarsi, vestirsi come gli yankee impongono, potrà usare la coca come sferzata per un venerdì da sballo, potranno sbeffeggiare i più anziani e allo stesso tempo potranno fare del loro paese il centro di sperimentazione industrializzato di Guantanamo. Già si fa a Moubarak Military City (MMC)
Gli egiziani non sanno, o fanno finta di non saperlo, ma finirà così, come finì così anche da noi e nell’intera Europa che dal giogo nazi-fascista diede spazio e libertà, alla libera concorrenza, alla democrazia, alla demagogia, alla corruzione, alla mafia ed alle lottizzazioni di potere. Loro ancora non lo sanno, ma presto, molto presto rimpiangeranno Moubarak e i suoi sistemi oppressivi, dittatoriali e impedenti lo sviluppo di alcune lobbies, delle classi di affari, delle finanziarie per la spartizione del territorio e delle sue risorse. Loro ancora non lo sanno, ma presto lo proveranno sulla loro pelle.
Sono un popolo relativamente giovane: oppresso dai turchi, poi dai liberali inglesi, dai russi con Nasser, poi con Sadat e dal democratico filo americano di Moubarack. Adesso i militari, è meglio ribadirlo, sono i difensori delle libertà di stampa, di parola, di opinione, mentre si sa che molti dei militari hanno lottizzato buona parte delle risorse egiziane, buona parte delle finanze e della cultura della corruzione. I militari hanno fatto accordi con Israele, con gli Usa e con tutte quelle forze che dell’Egitto se ne infischiano, ma il popolo inneggia a loro come liberatori. Beati i poveri di spirito perché avranno il regno dei cieli, forse la stessa cosa si dirà anche in arabo, ma pochi seguiranno e pochi osserveranno i veri cambiamenti che le menti eccelse stanno elaborando nelle loro dorate residenze.
Così il movimento kefaya (nda: basta!)sostenuto dal Washington National Endowment for Democracy (NED) ed il Albert Einstein Institution tramite il suo sostenitore, intacca e porta a casa un’altra pedina nel Risiko della spartizione dei poteri mondiali.
Il nome formale di Kefaya in egiziano è il Movimento per il Cambiamento. E ‘stata fondato nel 2004 da selezionati intellettuali egiziani a casa di Abu’ l-Ala Madi, leader del partito di al-Wasat, un partito creato riferito dai Fratelli Musulmani. Il movimento di protesta è stato organizzati tramite le reti internet e i giovani legati a Mohammed ElBaradei e al gruppo torbido e segreto dei Fratelli Musulmani, i cui legami con servizi segreti inglesi e americani e la massoneria sono ampiamente segnalati.
Ma la scintilla che ha innescato lo sciopero del 25 gennaio è stata l’appello allo sciopero del Movimento 6 Aprile tramite Facebook , gruppo guidato da un ventinovenne Ahmed Maher Ibrahim. Il gruppo, tramite Twitter e Facebook dichiarava, seguito degli avvenimenti di piazza che il rappresentante per l’egitto non poteva che essere l’ex capo della International Atomic Energy Aagency (IAEA) assieme alla National Association for Change (NAC), associazione dello stesso Elbaradei. La NAC include, tra l’altro George Ishak (ebreo) leader ne movimento Kefaya e Mohamed Saad El-Katatni, presidente del blocco parlamentare del controverso gruppo Ikhwan (Fratelli Mussulamani). Insmma gira e rigira si torna sempre ai soliti caporioni, no? Nel dicembre del 2009 il movimento Kefaya annunciava il supporto della candidatura di Mohammed ElBaradei per le elezioni del 2011.
Sempre un caso che Elbaradei sia apparso dopo 30 anni di assenza dall’Egitto?
Dire dei rapporti tra Obama e Mubarak sono stati congelati fin dall’inizio non è esagerato. Mubarak è stato fermamente contrario alle politiche di Obama sull’Iran e su come trattare il suo programma nucleare, sulle politiche di Obama verso gli Stati del Golfo Persico, la Siria e il Libano, nonché verso i palestinesi. [1] E’ stato una spina formidabile ai grandi ordini del giorno di Washington per l’intera regione, il progetto di Washington del Grande Medio Oriente, recentemente riproposta col meno inquietante titolo di “Nuovo Medio Oriente”.
Il giorno delle straordinariamente ben coordinate manifestazioni popolari che chiedevano a Mubarak le dimissioni, i membri chiave del comando militare egiziano, incluso il capo di Stato Maggiore Gen. Sami Hafez Enan, erano tutti a Washington in qualità di ospiti del Pentagono. Neutralizzando opportunamente la forza decisiva dell’esercito nel fermare la protesta anti-Mubarak, crescente nei primi giorni critici [2].
Curiosamente, i progettisti della National Endowment for Democracy (NED) di Washington [3] e delle ONG connesse alla rivoluzione colorate, sono apparentemente prive di creatività riguardo degli accattivanti nuovi nomi per la loro Color Revolution egiziana. Nel novembre 2003 per al loro Rivoluzione delle Rose in Georgia, le ONG finanziate avevano scelto una parola attraente, Kmara! Al fine di identificare il movimento giovanile per il cambiamento di regime. Kmara!, anche in georgiano significa “basta!”
La NED di Washington era tranquillamente impegnata nella preparazione di un ondata di destabilizzazioni dei regimi in tutto il Nord Africa e Medio Oriente, dopo l’invasione militare degli Stati Uniti, nel 2001-2003, di Afghanistan e Iraq. L’elenco dei luoghi dove la NED è attiva, è rivelatore. Il suo sito web elenca Tunisia, Egitto, Giordania, Kuwait, Libia, Siria, Yemen e Sudan e, curiosamente, Israele (un caso che Netanyahu abbia richiesto il supporto a Moibarak?). Casualmente questi paesi sono quasi tutti soggetti oggi a “spontanee” insurrezioni popolari per un cambio di regime.
La NED è l’agenzia di coordinamento di Washington per la destabilizzazione e il cambiamento dei regimi. E’ attiva dal Tibet all’Ucraina, dal Venezuela alla Tunisia, dal Marocco al Kuwait nel ridisegnare il mondo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, in quello che George HW Bush, in un discorso del 1991 al Congresso [4], proclamò trionfalmente essere l’alba di un Nuovo Ordine Mondiale. Mentre l’architetto e primo capo del NED, Allen Weinstein ha detto al Washington Post nel 1991 che, “molto di quello che facciamo oggi è stato fatto di nascosto 25 anni fa dalla CIA“.
[1]- DEBKA, Mubarak believes a US-backed Egyptian military faction plotted his ouster, February 4, 2011, accessed in www.debka.com/weekly/480/. DEBKA is open about its good ties to Israeli intelligence and security agencies. While its writings must be read with that in mind, certain reports they publish often contain interesting leads for further investigation.
[2]Ibid.
[3] – National Endowment for Democracy, Middle East and North Africa Program Highlights 2009, in http://www.ned.org/where-we-work/middle-east-and-northern-africa/middle-east-and-north-africa-highlights.
[4] – George Herbert Walker Bush, State of the Union Address to Congress, 29 gennaio 1991. Nel discorso, Bush a un certo punto ha dichiarato con aria trionfante di celebrazione del collasso dell’Unione Sovietica, “Ciò che è in gioco è più di un paese piccolo, è una grande idea, un nuovo ordine mondiale …”
(Nadia Oweidat, et al, The Kefaya Movement: A Case Study of a Grassroots Reform Initiative, Prepared for the Office of the Secretary of Defense, Santa Monica, Ca., RAND_778.pdf, 2008, p. iv.)
Divisione dell’Egitto: minaccie da Usa, Israele e intervento della Nato.
Le proteste tunisine hanno avuto un effetto domino nel mondo arabo e l’Egitto, il più popoloso paese di fede islamica, è catalizzato dalle proteste popolari per le dimissioni di Moubarak.
Vogliamo pensare che Usa, Israele e la Nato rimarranno indifferenti a quanto accade e rimarranno dei semplici spettatori?
La parabola del dittatore arabo (Moubarak) è paragonabile ad uno “spider-web” e sebbene lo spider si senta sicuro nel web nella realtà la sua è una fragile sicurezza. Così quindi anche gli altri dittatori, dal Marocco all’Arabia Suadita, in questi giorni stanno provando la sensazione di insicurezza e di incertezza della loro posizione. L’Egitto è sull’orlo di ciò che potrebbe diventare uno dei più importanti eventi geo-politici di questo secolo.
Stati Uniti ed Israele vogliano usare la forza militare per mantenere l’ordine.
All’inizio della protesta egiziana i militari furono convocati negli Usa e si consultarono con i responsabili militari US per come arginare la protesta incombente. Gli egiziani, per contro, sanno bene che la loro debolezza è riposta nelle forze Usa ed israeliane e questo è il motivo per cui gli slogans sono contro gli Usa e Israele. Questo è quindi il motivo per cui ogni azione e ogni attività è subordinata alle direttive americane ed israeliane nella regione, compresa l’attività di ostacolo di scambio assistenziale e logistico attuato sul confine della striscia di Gaza.
La realtà appare quindi più complessa di come molti media internazionali vogliamo far apparire. Gli Usa e il loro fido capo, Israele, sono concordi che il dominio di Moubarak deve comunque rimanere attivo fintanto non sia possibile trovare una soluzione alternativa alla attaule dittatura. Non vi sarà mai uno stato egiziano democratico fintanto che Israele ed Usa avranno il dominio sulle basi di egiziane. Ed è per tale motivo che il regime di Tel Aviv è stato così sfrontato rispetto ai media internazionali a sostenere Moubarak. Il loro unico scopo è il mantenimento di una forza parallela e sostenitrice che difenda i loro interessi a scapito dell’osservanza dei diritti umani e della libertà.
La realtà è però molto più complessa ed articolata. Da un lato le forze israeliane sono arrivate ad un punto di stallo nel quale l’uscita eventuale di Moubarak metterebbe tutto il medioriente in mano agli estremismi presenti con la cancellazione quasi immediata dello stato di Israele. I vari fondamentalismi, non solo quelli di fede islamica, ma sopratutto laica, metterebbero l’intera regione in condizione di sovvertire l’intero ordine mondiale sulle attività energetiche. Si pensi all’immensa regione dell’Arabia Saudita, al Sudan , agli emirati del golfo persico e a tutte quelle regioni che della ormai presente e prevaricatrice presenza americana ne hanno le tasche piene. L’intero oriente andrebbe in mille pezzi con una rivolta che non ha nessun colore, perché sappiamo che quelle colorate hanno avuto sempre il placet da Washington. Sarebbe una cosa nuova, oppure una vecchia come avvenne anni fa con la rivoluzione komeinista in Iran.
Potrebbe Israele ed Usa permettere che ciò accada? Giammai!!!
Tel Avivi ha infatti un Piano di attacco ben preciso contro l’Egitto e dalle parole di Netanyahu “Un accordo di pace non garantisce l’esistenza della pace [fra Israele ed Egitto], in modo per proteggere noi stessi e, nei casi in cui l’accordo scomparisse o venisse violata la pace a causa di cambiamenti di regime dall’altra parte, questi [i terrirtori israelaini] verranno protetti con la sicurezza di terra (leggasi con le armi)“
EGITTO RIVOLUZIONARIO: un secondo Iran nel medioriente?
E’ evidente che se si dovesse attuare una rivolta completa dell’attuale situazione molti paesi del mondo ne avrebbero da soffrire, a cominciare dalla Gran Bretagna, Israele, Europa, la Nato e gli Stati Uniti. Inoltre il grande problema della pace tra Israele e Palestinesi verrebbe interrotta (ndt: anche se non è mai cominciata.) e l’alleanza tra Iran e Siria prenderebbe sempre di più piede rispetto alle attuali condizioni. Senza sottovalutare che l’Iran sta attentamente controllando l’andamento degli avvenimenti egiziani per percepire la strada in cui potersi incuneare per raggiungere lo scopo di avviluppare l’intero medioriente in una unica entità.
Lo scenario al quale andiamo incontro è estremamente articolato perché da un lato le forze in ballo hanno una potenza distruttrice enorme con conseguenze mondiali di immane portata. Nel lontano 1956 la forze egiziane, guidate da Nasser, nazionalizzarono il canale di Suez, fu un ecatombe, perché intervennero gli inglesi, gli israeliani e i francesi, la Nato e le forze Usa a far soccombere le forze in ballo egiziane. Nel 2008 Norman Podhoretz propose uno scenario apocalittico. In questo scenario gli israeliani occupavano le raffinerie di petrolio i porti navali del Golfo Persico per assicrare l’energia lanciando allo stesso tempo un attacco nucleare preventivo contro Iran, Siria ed Egitto.
Va inoltre ricordato che Podhoretz, l’ideatore di questo scenario, è un destinatario del Presidential Medal of Freedom per la sua influenza intellettuale negli Stati Uniti ed è uno dei primi firmatari del Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) insieme a Elliot Abrams, Richard Cheney , John (Jeb) Bush, Donald Rumsfeld, Steen Forbes Jr. e Paul Wolfowitz. (ndt: tutta brava gente!)
Cambiamenti in corso…
Gli avvenimenti delle ultime ore sono significativi delle innumerevoli ingerenze americane, israeliani e dei loro alleati: Francia ed Inghilterra in prima fila. Gli interessi economici e di stabilità dello scacchiere mediorientale è talmente enorme che come avvenne con Sadat, amico degli Usa e con i Talebani in Afghanistan sovvenzionati dagli Usa e dall’Arabia Saudita, le promesse indicate da Moubarak, prima del suo ecclissarsi, hanno spinto le mani invisibili ad evitare la perdita di controllo del paese che rappresenterebbe la spina nel fianco dell’ Arabaia Saudita, ma sopratutto il maglio schiacciante contro gli interessi israeliani.
Al largo delle coste della striscia di Gaza sono infatti presenti enormi giacimenti di gas che la U.S. Geological Survey, agente governativa americano, ha stimato che nel bacino del Mediterraneo del Levante ci siano delle riserve di gas naturale di circa 3.500 miliardi di m3 e delle riserve di petrolio per circa 1,7 miliardi di barili. Il problema attuale è quindi il controllo delle nuove risorse che quasi sicuramente verranno sottratte ai loro legittimi proprietari (Libano e Palestina) e la possibilità per Israele di affrancarsi dall’Arabia Saudita per il petrolio necessario. E’ quindi pacifico che la conduzione della transizione egiziana sia passata dalle mani di Moubarak, burattino di Usa ed Israele, a quello dei militari, la mano longa del Pentagono.
Il popolo egiziano è sostanzialmente passato dalla padella alla brace e il ritorno alla democrazia è solo una maschera per cose che difficilmente si sapranno.
Le forze armate egiziane sono sotto il totale controllo delle forze americane e i loro generali vengono addestrati in Usa. Israele contrinbuisce con l’apporto della sicurezza (leggasi Mossad) , mentre gli inglesi, i veri tessitori della strategia del divi et impera, contribuiscono al mantenimento di una situazione di stallo e di falsa libertà. I giornali, le tv ed internet, allineata, spingono ad entusiasmi poco credibili. La regione egiziana è troppo preziosa e troppo popolata per permettere che avvenga una transizione democratica come avviene in europa (nda: anche da noi, di fatto, l’alternanza politica è già decisa, le urne sono solo una sbuffata di fumo contro i creduloni).
Ma chi saranno i papabili nuovi dittatori per la terra d’Egitto? Forse Sami Hafez Anan, Mohab Mamish, Mohamed Hussein Tantaoui e Reda Mahmoud Hafez Mohamed, oppure Omar Souleiman. Quest’ultimo uomo protetto da Cia ed Israele, il fautore della distruzione dei tunnel che comunicavano con l’Egitto e la striscia di Gaza. Un uomo utile per le mire espansionistiche americane ed israeliane di controllo e non troppo schizzinoso. Un uomo utile che ha partecipato a moltissime attività di “intelligence” particolari!!
L’uomo giusto al momento giusto!
Ref: Global Research – jadaliyya.com
La gente dice…