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Essere o Avere (i coglioni)

Fino allo scoppio della Prima guerra mondiale alla frontiera svizzera ogni giorno c’era un flusso di svizzeri che venivano in Italia a lavorare e tornavano a casa alla sera: un secolo fa i frontalieri erano loro.
Nel 1936, in piena era fascista, il socialista Alberto Beneduce (1877 – 1944) separò le banche commerciali dalle banche finanziarie, nazionalizzò la Banca d’Italia e proibì la libera circolazione del capitale straniero in Italia.
Tra il 1950 e il 1960 Mattei e l’Eni fornivano metano e petrolio all’Italia.
Nel 1953 l’Italia era tanto ricca che cancellava la metà del debito che la Germania doveva pagarle. Anche l’altra metà non è mai stata pagata.
Nel 1954 la Olivetti produceva il primo Personal Computer al mondo.
Tra il 1955 e 1960 la lira era la moneta più forte e stabile di tutta Europa e faceva aggio sull’oro [1].
Negli anni ’70 gli studenti in pari col piano di studi ricevevano dall’università un presalario per poter studiare e vivere.
A metà degli anni ’70 a Bologna gli autobus erano gratuiti.
Negli anni ’80 l’Italia era il quinto paese più industrializzato.
Fino agli anni ‘80 l’Italia era il paese più politicizzato d’Europa.
Nel 2000 gli italiani erano il popolo più ricco al mondo con un deposito medio in banca di 35.000 euro a testa.
Nel 1990 il 70% degli italiani aveva la casa di proprietà, nel 2007 la percentuale era salita al 81%, la più alta al mondo.
POI cos’è successo?
La Prima guerra mondiale ha depredato l’economia italiana mentre la Svizzera si è arricchita dei depositi delle persone ricche delle nazioni coinvolte nella guerra.
La Germania non ha pagato i debiti né della Prima né della Seconda guerra mondiale, prima perché non aveva i soldi e poi perché doveva riunificarsi.
Nel 1960 l’ing. Adriano Olivetti stava viaggiando su un treno e quando il treno esce da una galleria Olivetti è morto. Un anno dopo, in uno strano incidente stradale, muore Mario Tchou, l’ingegnere che aveva inventato Elea 9003, il primo personal computer a transistor al mondo. Con queste due morti l’informatica passava dall’Italia agli Usa di IBM.
Nel 1962 una bomba fa precipitare l’aereo su cui volava Enrico Mattei, e precipita anche la realizzazione di un’autonomia energetica dell’Italia che torna sotto il controllo delle Sette Sorelle petrolifere di Usa e GB.
La lira è stata aggredita dal dollaro e siamo tornati ad essere succubi del potere politico economico e culturale di GB e Usa.
Gli italiani sono troppo politicizzati? E allora li spoliticizziamo! Come?
- Dando in pasto tutti i giorni programmi radio e TV da deficienti si rende deficiente chiunque;
- Facendo credere che l’importante sia il calcio, si distrae dai problemi veri; siamo l’unico paese al mondo con tre giornali sportivi che escono tutti i giorni!!
- Se il vino è troppo forte lo si può diluire, così si è fatto con gli italiani: 10 milioni di immigrati affamati e senza idee politiche hanno diluito 45 milioni di italiani politicizzati e con chiaramente in testa quali erano i loro diritti acquisiti in un secolo di lotte. Una buona attuazione del Piano Kallergi.
Le segreterie dei partiti hanno scelto e mandato in parlamento e al governo persone sempre più corrotte, corruttibili, deficienti, criminali, ignoranti, mafiose. Politici che pensavano ad essere rieletti, non statisti che pensavano al bene della popolazione.
I sindacati hanno subito la stessa fine, basti un dato: nel 1975 un gruppo di sbarbatelli senza soldi per seguire le lotte studentesche e nelle fabbriche apre in una soffitta di Bologna Radio Alice, una radio libera dal controllo della Rai. Il Partito Radicale, un gruppo di altri senza quattrini, da quarant’anni trasmette da Roma le sue idee in tutta Italia. Nel mondo della comunicazione globale, i sindacati forti della maggior massa di lavoratori della nazione, non hanno ancora una radio, un giornale, un volantino un megafono col quale comunicare coi lavoratori e i disoccupati. Cecità politica? Stupidità al potere? Piano per spoliticizzare la popolazione?
Il trasporto pubblico, un tempo gratuito per agevolare i mezzi pubblici e ridurre l’inquinamento, è passato dal pubblico al privato e il privato che pensa solo a far cassa si fa pagare salatamente i trasporti.
Per elevare il livello culturale della popolazione un secolo fa lo stato investiva nell’istruzione e un maestro aveva uno stipendio equiparato a quello di un magistrato, oggi a quello di … ha ancora uno stipendio?
Grazie all’IRI, alle sue banche e alle aziende di stato l’Italia ha sempre avuto una struttura industriale in grado di fare ricerca e sviluppare nuove tecnologie che a cascata finivano anche alle piccole aziende private. Da quando sono sbarcati gli ospiti del Britannia in crociera attorno alle coste italiane, il tandem Prodi/Berlusconi, al potere da un quarto di secolo, ha destrutturato l’Iri, regalato i gioielli dello stato e demolito il potere industriale e bancario dell’Italia realizzando il progetto dello stato liberale di von Hayek.
Nel 1992 il socialista Giuliano Amato e compagni distruggono la riforma Beneduce: permettono la libera circolazione dei capitali stranieri in Italia (la globalizzazione), privatizzano la Banca d’Italia, permettono la commistione tra banche commerciali e finanziarie, privatizzano il settore pubblico.
L’introduzione dell’euro ha dimezzato di colpo il capitale degli italiani. Un caffè che costava mille lire adesso costa un euro, ovvero il doppio, e come il caffè ora costa tutto il doppio.
Al calo del potere d’acquisto si è aggiunto il calo degli stipendi. Nel 1974 per comperare una casa di 60 metri quadri a Milano servivano tre anni e sei mesi dello stipendio medio di un dipendente, nel 2015 per gli stessi metri quadri servivano nove anni di stipendio, oggi 11.
Negli anni ’50 e ’60 era normale vedere famiglie con due o tre figli; con lo stipendio di una sola persona si viveva decentemente, si compravano gli elettrodomestici, l’auto e poi la casa. Oggi il 30% degli italiani è single o separato, il 20% sono coppie senza figli, il 50% è sposato e raramente ha più di un figlio. La politica e l’economia hanno distrutto la famiglia italiana.
Il mattone, il bene rifugio tradizionale degli italiani, l’unico bene che si è sempre rivalutato nel tempo, con l’introduzione delle classi energetiche è diventato un bene che non solo non si rivaluta nel tempo ma, come un’auto, con gli anni perde valore, si deprezza, ha un costo di mantenimento che non verrà mai più recuperato. Con una legge semplice e apparentemente innocua si è colpito anche il mattone, e il patrimonio degli italiani diminuisce sempre più di valore.
Nel 1951 il 7% della popolazione aveva più di 65 anni, oggi un quarto della popolazione italiana ha più di 65 anni.
Ogni anno 145.000 giovani, solitamente laureati o con un alto grado di istruzione, emigrano verso altri stati con una situazione economica, politica e culturale migliore.
Che fare? Scriveva un secolo fa Lenin …
Chi resta in Italia può solo scegliere tra:
- accettare di impoverire sempre più o
- buttarsi nella lotta e cambiare il corso della storia e dell’Italia.
Una scelta che si riassume in due verbi: essere o avere.
Essere coglioni o avere i coglioni
© Galileo Ferraresi
Rif: Scenari Economici
Quanto costa all’Italia la guerra in Ucraina
La guerra è in corso ormai da mesi, si sta radicalizzando in una guerra di posizione che vede le parti in gioco trincerarsi in posizioni sempre più radicate, delle quali ogni evento è un successo per una parte e un fallimento per l’altra. L’occidente consociato con la Nato invia armi e denari per contrastare la forza russa, ma nel contempo queste scelte guerresche producono nei paesi europei malumore e sopratutto enormi debiti della spesa pubblica. In Italia come siamo messi?
La guerra in Ucraina, oltre alle migliaia di morti e alle inaudite sofferenze, ha generato un enorme fiume di denaro che sta abbeverando i colossi delle materie prime, i produttori di armi e la grande finanza internazionale.
A sborsare questi soldi come sempre è Pantalone, ovvero i Paesi occidentali, quindi i loro cittadini, anche se il conto più salato lo andranno a pagare gli ucraini una volta che questa guerra sarà finalmente giunta a conclusione. Facendo una stima al ribasso e assolutamente parziale, visto che tutti i segnali farebbero pensare a una guerra in Ucraina che potrebbe andare avanti ancora a lungo, finora dall’Occidente sarebbero stati spesi, o messi in preventivo, almeno 1.000 miliardi di dollari.
Assai salato sarebbe il conto anche per l’Italia, con il nostro Paese che entro la fine anno potrebbe aver avuto quasi 200 miliardi di spese in più a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Lo scorso giugno un articolo di Massimiliano Di Pace pubblicato dall’Huffington Post, ha stimato per l’Italia un costo complessivo per la guerra in Ucraina che potrebbe arrivare entro la fine dell’anno alla cifra monstre di 180 miliardi.
Al conto però mancano i 14 miliardi stanziati dal decreto Aiuti ter licenziato a settembre, che si sono sommati ai circa 50 miliardi dei due provvedimenti precedenti per mitigare l’aumento del costo del gas, oltre ai 25 miliardi che dovrebbero essere la dotazione dell’Aiuti quater, nuovo pacchetto di misure che sarà il primo atto ufficiale del governo Meloni; in più ci sono i vari bonus e i tagli al prezzo della benzina che sono stati prorogati.
Stando all’Ukraine support trucker, da quando è scoppiata la guerra l’Italia finora ha elargito all’Ucraina 150 milioni di aiuti militari e 510 milioni di aiuti finanziari, contro i 52 miliardi di dollari totali degli Usa; inoltre lo scorso luglio il nostro Parlamento ha deciso di aumentare la spesa militare di 1,2 miliardi l’anno.
Poi ci sono gli effetti indiretti, come la contrazione del Pil tanto che l’Italia stando al Fmi nel 2023 dovrebbe entrare in recessione. Sempre il Fondo Monetario Internazionale ha stimato per il Belpaese una inflazione al +7% nel 2022 e del +9% per il 2023.
Altra voce sono gli aiuti comunitari all’Ucraina, con Ursula von der Leyen che nelle scorse ore ha annunciato 1,5 miliardi di aiuti mensili a Kiev. Briciole queste in confronto a quanto costerà la ricostruzione del Paese ora martoriato dalla guerra: la Banca Mondiale ha parlato di 350 miliardi, ma altre analisi hanno ipotizzato una cifra doppia. Da tempo a riguardo si parla di un Piano Marshall da parte dell’Occidente che si è “spartito” le varie zone dell’Ucraina da ricostruire: all’Italia spetterà il Donetsk, ora in buona parte in mano alla Russia.
Tra crollo del Pil, lo spettro della recessione, aiuti all’Ucraina, crescita delle spese militari, aumento dell’inflazione e delle bollette per non parlare del caro-carburante, la guerra sembrerebbe poter avere un effetto ancora più devastante del Covid per le nostre tasche, tanto che in meno di un anno i costi sembrerebbero essere superiori ai 191,5 miliardi che incasseremo complessivamente dal Pnrr.
Ref: money.it, 26 ottobre 2022
Io vengo dalla Bosnia
I tempi, le forze in causa, le migliaia di miliardi in ballo, la “pandemia” e quelle a venire, le azioni delle banche centrali sulla vita delle nazioni e dei continenti, le attività, da tempo programmate sulle vicende del Donbass non lasciano ben sperare.
Dal blog di Andrea Cecchi.
Ho già condiviso questo pezzo privatamente con alcuni amici. Si tratta di una mia traduzione del 2017, tratta dalle memorie di un sopravvissuto alla guerra in Bosnia. Perché ho deciso di pubblicarlo oggi sulla newsletter? Perché il nuovo trend che ci aspetta e che è già iniziato prevede il verificarsi di sempre più gravi disordini pubblici con episodi anche di guerriglia urbana dilagante. La crisi economica, la disoccupazione e l’influsso sempre più massiccio di immigrazione di varie etnie, saranno la miccia che sarà usata per scatenare inevitabilmente conflitti, principalmente giocati sulle differenze dovute al profilo razziale. Il multiculturalismo è fallito. Le etnie si scontrano, non si integrano. Ma ogni scusa sarà buona per creare caos.
COSA FARE SE SCOPPIA IL CAOS
LE MEMORIE DI UN SOPRAVVISSUTO ALLA GUERRA IN BOSNIA
Trad. Andrea Cecchi 17/07/2017
Io vengo dalla Bosnia. Come sapete dal 1992 al 1995 c’è stato l’inferno. Sono riuscito a sopravvivere un anno in una cittadina di 6mila abitanti senza acqua, elettricità, carburante, assistenza medica, pubblica sicurezza, servizi di distribuzione, e ogni tipo di servizio pubblico tradizionale e controllo centralizzato.
La nostra città era stata isolata dall’esercito e per un anno intero la vita si è trasformata in un vero e proprio inferno. Non c’era nessun corpo di polizia, solo gruppi armati. Chi era armato proteggeva la propria famiglia e la propria casa. Quando tutto ebbe inizio, alcuni erano più preparati di altri, ma la maggior parte delle famiglie avevano cibo disponibile solo per pochi giorni. Alcuni avevano delle pistole. Pochi avevano AK47 o fucili da caccia. Dopo uno o due mesi iniziarono ad agire le gang, distruggendo tutto. Massacri, genocidio e pulizia etnica. Gli ospedali, per esempio, si trasformarono in mattatoi. La polizia non c’era più e il personale dell’ospedale se n’era andato.
Io sono stato fortunato: la mia famiglia a quel tempo era abbastanza larga (15 persone in una casa grande, 6 pistole e 3 AK), e siamo sopravvissuti quasi tutti. Gli americani lanciavano viveri dagli aerei ogni 10 giorni per aiutare le città sottoposte a blocco militare. Non era mai abbastanza.
Alcuni (molto pochi) avevano il giardino.
Ci vollero tre mesi prima che le persone iniziassero a morire di fame e di freddo.
Noi andavamo a prendere porte e finestre dalle case abbandonate. Strappando via i pavimenti in legno e i mobili pur di avere qualcosa da bruciare per riscaldarci.
Molti morirono di malattia, specialmente per colpa dell’acqua (due nella mia famiglia). Noi bevevamo soprattutto l’acqua piovana, mangiavamo piccioni e topi. Il denaro divenne presto inutile. Si tornò al baratto. Per un barattolo di Tushonka (carne in scatola) potevi avere una donna (è triste dirlo ma era così). La maggior parte delle donne che si prostituivano erano madri disperate.
Armi, munizioni, candele, accendini, antibiotici, benzina, pile, batterie e cibo: combattevamo per queste cose come animali. In queste situazioni, cambia tutto. Le persone diventano mostri. Era disgustoso. La forza stava nei numeri, per una persona da sola, l’essere ucciso o rapinato era solo questione di tempo, anche se era armata.
Oggi io e la mia famiglia siamo preparati bene. Sono ben armato e ho fatto esperienza. Non importa quello che può accadere – un terremoto, uno tsunami, una guerra, gli alieni, i terroristi, un collasso economico, disordine civile – La cosa importante è ricordarsi che qualcosa accadrà.
Ecco la mia esperienza. Regola numero uno, non separarsi dalla famiglia. Bisogna prepararsi insieme, anche scegliendosi amici fidati.
- Come muoversi per la città in sicurezza. La città era divisa in comunità lungo le vie. La nostra via era formata da 15-20 case pattugliate costantemente da cinque uomini armati per proteggerci dalle gang e dai nemici. Tutti gli scambi avvenivano nelle strade. A circa cinque chilometri di distanza c’era un’intera strada adibita agli scambi, ma arrivarci era pericoloso a causa dei cecchini. Poteva accadere anche di essere derubati dai banditi. Io ci sono andato solo due volte quando avevo bisogno di medicine, soprattutto antibiotici.Nessuno usava più le automobili in città. Le strade erano bloccate dalle macerie e da altre automobili. La benzina era molto costosa. Se c’era la necessità di andare da qualche parte, bisognava farlo di notte. Mai spostarsi da soli o in gruppi troppo numerosi – sempre 2 o 3 uomini al massimo. Tutti armati, spostarsi rapidamente, nell’ombra, attraversando le strade accanto alle macerie e mai nelle zone aperte. C’erano molte gang di 15-20 uomini. Alcune anche di 50 uomini, ma c’erano anche molte persone normali come tu ed io, padri o nonni che ammazzavano e rubavano. Non c’erano buoni o cattivi, ma una via di mezzo, sempre pronti al peggio.
- E la legna? La città era circondata da boschi, perché bruciavate porte e mobili? Non c’erano tanti boschi intorno alla città. Era una bella città, con ristoranti, cinema, scuole, persino un aeroporto. Ogni albero in città e nei parchi venne tagliato nei primi due mesi, come combustibile per riscaldare e per cucinare. Bruciavamo tutto ciò che bruciasse. Mobili, arredamento, porte, finestre pavimenti. Legna che brucia velocemente. Non c’erano fattorie perché quelle fuori città erano controllate dal nemico. Eravamo circondati. Anche in città non sapevamo mai chi fosse il nemico.
- Quale tipo di conoscenza ti è tornata utile in quel periodo? Per avere ben chiara la situazione in quel momento bisogna capire che è stato come tornare all’età della pietra. Per esempio, avevo una bombola di gas da cucina, ma non lo usavo per riscaldamento, era troppo costoso! Ho attaccato alla valvola della bombola un adattatore da me congegnato e con quello ci ricaricavo gli accendini. Gli accendini erano preziosi. Se veniva qualcuno con un accendino vuoto, io glielo ricaricavo e in cambio mi dava una scatoletta di cibo o una candela. Io ero un paramedico. In quelle condizione, le mie conoscenze divennero la mia ricchezza. In quella situazione, l’abilità di riparare le cose vale più dell’oro. Le scorte e gli oggetti finivano, ma la le tue capacità riuscivano a procurarti da mangiare. Vorrei dire questo: imparate a riaccomodare le cose, le scarpe o le persone. Il mio vicino ad esempio sapeva fare il kerosene per le lampade e non ha mai sofferto la fame.
- Se tu avessi 3 mesi per prepararti, adesso che faresti? Me ne andrei da questo paese! (scherzo). Adesso so che qualsiasi cosa può collassare all’improvviso. Ho una bella scorta di cibo, articoli per l’igiene, pile, ..almeno per 6 mesi di autonomia. Abito in una casa sicura ed ho una casa con il bunker a 5 chilometri da qui con altri 6 mesi di scorte pure lì. È in un piccolo villaggio. Anche le altre persone che ci abitano sono ben preparate. La guerra ci ha insegnato. Ho quattro armi da fuoco e 2000 munizioni per ognuna di esse. Ho il giardino e ho imparato a fare l’orto. Mi fido del mio istinto, Quando senti dire che va tutto bene io se che invece ci potrebbe essere un altro collasso ed io ho la forza di proteggere la mia famiglia, perché quando tutto collassa, devi essere pronto a fare cose brutte, per tenere in vita i tuoi figli e i tuoi familiari. Sopravvivere da soli è praticamente impossibile. Anche se sei armato e pronto, se sei solo morirai. L’ho visto accadere molte volte. È molto meglio quando si è in gruppi abbastanza larghi di familiari e amici, tutti preparati e con competenze e abilità in vari campi.
- Di cosa è necessario fare scorta? Dipende. Se hai in programma di vivere rubando, ti servono solo armi e munizioni. Tante, tantissime munizioni. Altrimenti cibo in scatola, articoli per l’igiene, pile, accumulatori e piccoli oggetti per gli scambi come coltelli, accendini, tabacco, acciarini, sapone. Anche l’alcol. Quello che si conserva bene. Il whisky economico è ottimo per barattare. Molte persone morirono per mancanza di igiene. Quello che serve sono piccole cose semplici, ma in grande quantità. I sacchi dell’immondizia, ad esempio; ne occorrono tanti. Anche la carta igienica e piatti e posate di plastica non riutilizzabile. Lo so perché non ne avevamo e per me, una buona scorta di articoli igienici è più importante del cibo. Puoi sempre riuscire a sparare a un piccione o trovare qualche pianta commestibile, ma non puoi sparare al disinfettante. Disinfettante, varechina, sapone, guanti di gomma, maschere protettive e kit del pronto soccorso con cui curare le ferite e le bruciature. Puoi anche riuscire a trovare un dottore ma poi non riesci a pagarlo. È meglio saper usare gli antibiotici. Ce ne vogliono un sacco ed è sempre bene farne scorta. Bisogna scegliere armi semplici. Io porto con me una Glock.45, mi piace, ma è un’arma rara da queste parti e allora ho anche due pistole TT (il tipo più usato di pistola per cui anche le munizioni sono facili da reperire). Non mi piacciono i Kalashnikov, ma vale lo stesso ragionamento: ce l’hanno tutti e allora lo devi avere anche te. È utile avere piccoli oggetti che passino inosservati. Ad esempio: un generatore può essere utile, ma 1000 accendini Bic sono meglio. Un generatore fa rumore e attira l’attenzione, ma 1000 accendini sono piccoli, compatti e possono essere facilmente barattati. Noi raccoglievamo l’acqua piovana in 4 grossi barili e poi la facevamo bollire. C’era anche il fiume, ma l’acqua divenne sporca quasi subito. Per questo è indispensabile avere contenitori per l’acqua, taniche, bidoni e secchi.
- Oro e argento erano importanti? Si. Personalmente ho scambiato tutto l’oro che avevamo per ottenere delle munizioni. A volte riuscivamo a mettere le mani su soldi come dollari o marchi tedeschi. Potevamo usarli per comprarci qualcosa ma erano rari e il corrispettivo era astronomico, ad esempio, una scatoletta di fagioli costava 30-40$. La valuta locale invece, perse subito tutto il valore. Tutto ciò che ci serviva lo ottenevamo attraverso il baratto.
- Il sale era caro? Si. Ma il caffè e le sigarette molto di più. Io avevo molto alcol, così barattavo senza problemi. Il consumo di alcol crebbe vertiginosamente. Oltre 10 volte rispetto al tempo di pace. Forse oggi sarebbe più utile fare scorta di sigarette, accendini, pile. Prendono meno spazio, ma io a quei tempi non ero un survivalist. Non ci fu tempo per prepararsi. Fino a pochi giorni prima che iniziasse lo sfacelo, i politici continuavano a ripeterci in TV che era tutto apposto e che non c’era motivo di preoccuparsi. Quando c’è caduto il cielo sulla testa abbiamo portato via quello che siamo riusciti a prendere.
- Era difficile comprare le armi da fuoco? La polizia aveva confiscato molte armi prima della guerra, ma noi le avevamo nascoste. Adesso ho un’arma registrata legalmente. Secondo la legge ciò si definisce detenzione temporanea. In caso di disordine pubblico, il governo confisca tutte le armi registrate, è bene ricordarselo. Ci sono persone che hanno armi detenute legalmente, ma anche altre armi possedute in modo anonimo in caso che quelle legali vengano confiscate. Chi ha dei beni facilmente scambiabili può riuscire ad ottenere un’arma anche in situazioni difficili, ma ricordate: il momento peggiore sono i primi giorni e lì non c’è tempo di cercare un’arma per proteggere la propria famiglia. È una pessima idea farsi trovare disarmati durante il caos e il panico. Nel mio caso, c’era un uomo che aveva bisogno di una batteria per auto per alimentare la sua radio e gliene procurai una in cambio di due fucili da caccia. A volte ho scambiato munizioni per del cibo. Mai fare gli scambi a casa e mai per grossi volumi. Erano pochissimi quelli che sapevano cosa c’era a casa mia. La cosa importante è di immagazzinare più cose possibile in base allo spazio disponibile. Col tempo si capisce cosa ha più valore. Anzi, mi correggo, al primo posto della lista ci sono le armi e munizioni, e poi, forse al secondo posto, maschere e filtri antigas.
- E per la sicurezza? La nostra strategia di difesa era molto semplice. Ripeto, non eravamo preparati e abbiamo usato ciò che potevamo usare. Le finestre erano fracassate e i tetti danneggiati dopo i bombardamenti. Abbiamo sbarrato le finestre con sacchi di sabbia e con le pietre. Il cancello l’ho bloccato con macerie e immondizia e usavo una scala per scavalcare il muro di casa. Quando tornavo a casa, qualcuno da dentro mi passava la scala. C’era un tizio nella nostra strada che si era completamente barricato in casa. Aveva fatto un buco nel muro nella casa abbandonata del vicino e lo usava per entrare in casa sua. Una sorta di passaggio segreto. Sembrerà strano, ma le case più protette furono le prime ad essere distrutte e saccheggiate. Nella zona dove abitavo io, c’erano delle belle ville con muri di cinta, cani, allarmi e sbarre alle finestre. Sono state le prime ad essere attaccate. Alcune hanno retto, altre no. Dipendeva da quante mani e armi c’erano dentro a difenderle. Penso che la difesa sia molto importante, ma bisogna farlo in modo discreto. Se siete in una città e scoppia il caos, occorre un posto semplice che non dia nell’occhio con molte armi e munizioni. Quante munizioni? Il più possibile. Fate in modo che la vostra casa sia il meno attraente possibile. Adesso ho una porta blindata, ma quella serve soltanto a contenere la prima ondata di caos. Se dovesse accadere di nuovo, adesso, passata la prima ondata, lascerei la città per unirmi ad un gruppo allargato di familiari e amici. Si sono verificate delle situazioni, durante la guerra, ..non c’è bisogno di entrare nei dettagli, ma noi avevamo sempre una superiorità di fuoco e un muro di mattoni davanti a casa. Inoltre, c’era sempre qualcuno che guardava per strada. La qualità di come ci si organizza è fondamentale contro gli attacchi delle gang armate. In città si sparava continuamente. Il nostro perimetro era difeso in modo primitivo – tutte le uscite barricate dalle quali si aprivano feritoie per sparare. All’interno c’erano sempre almeno cinque membri della famiglia ponti ad aprire in fuoco in ogni momento e uno di noi stava fuori a controllare, nascosto in un rifugio. Durante il giorno stavamo sempre dentro per evitare i colpi dei cecchini. I più deboli sono i primi a morire. Chi sopravvive, combatte. Durante il giorno le strade erano vuote per paura dei cecchini. La difesa era orientata verso il combattimento a breve raggio. Molti morirono uscendo di casa alla ricerca di informazioni. Ecco, è importante ricordare che eravamo completamente isolati senza né radio né TV – solo cose per sentito dire e nient’altro. Non c’era un esercito organizzato, ognuno combatteva per se stesso Non c’era alternativa. Tutti erano armati e pronti a difendersi. Mai indossare accessori di qualità quando bisogna andare in città. Ti ammazzano per prenderteli. Se il caos scoppiasse domani, mi vestirei in modo anonimo per mescolarmi con gli altri e manterrei un atteggiamento umile e piagnucoloso. Non mi metterei abbigliamento tattico da guerriglia per segnalare le mie intenzioni belligeranti, gridando frasi tipo “ siete spacciati”! . No, …me ne starei in disparte, ben armato e preparato, ..osservando e calcolando bene le mie possibilità e la mia strategia insieme ai miei amici e fratelli. Super difesa e super mega armi non hanno senso. Se qualcuno vede che hai cose preziose e utili e decide di rubartele, lo farà. È soltanto questione di tempo e di quante mani e armi si uniscono nell’intento.
- Come facevate ad andare in bagno? Abbiamo usato delle pale e un pezzo di terra vicino alla casa. Pensate che sia una cosa sudicia? Si, lo era. Ci lavavamo con l’acqua piovana o nel fiume, ma nel fiume era diventato troppo pericoloso. Non avevamo carta igienica e se ne avessimo avuta l’avremmo comunque barattata. Era sempre un grande schifo. Posso darti un consiglio? Per prima cosa ti servono armi e munizioni, poi tutto il resto. E dico TUTTO ! Dipende sempre da quanto spazio e quanti soldi hai. Se ti dimentichi di far scorta di qualcosa puoi sempre ottenerlo scambiandolo con qualcuno, ma se non hai armi e munizioni non puoi aver accesso alle zone di baratto. E non pensare che le famiglie numerose siano bocche extra da sfamare. Una famiglia numerosa vuol dire più armi e più forza. Partendo da qui ognuno si prepara come può.
- Come venivano trattati i malati e i feriti? La maggior parte delle ferite erano ferite da arma da fuoco. Senza uno specialista e senza equipaggiamento medicale, anche se un ferito riusciva a trovare un medico aveva circa il 30% di probabilità di sopravvivere. Non è come nei film. La gente moriva. Molti morivano per infezioni da ferite superficiali. È una morte orrenda. Io avevo antibiotici a largo spettro – solo per la mia famiglia, naturalmente. Abbastanza spesso accadeva di morire per cause stupide. Una semplice diarrea ti ammazza in pochi giorni senza medicine adeguate e con poca acqua potabile a disposizione per reidratarsi. C’erano molti casi di malattie della pelle e di intossicazione alimentare. Molti usavano piante locali e alcol. Rimedi di breve durata ma totalmente inefficaci nel lungo periodo. L’igiene era molto importante così come avere abbastanza medicine, specialmente antibiotici.
Queste memorie sono state raccolte non perché ci aspettiamo che possa succedere qualcosa di così estremo anche nel mondo occidentale, ma perché il racconto è comunque interessante da leggere.
ref: Andrea Cecchi
Ciò che l’uomo non fa Dio lo compie!
Lo sterminatore di Sabra e Chatila, Ariel Sharon, è morto!
Se la giustizia terrena non compie il suo ciclo, la natura – nella sua infinita pazienza – agisce imperturbabile e indifferente all’essere umano.
Ciò che i palestinesi hanno agoniato per anni (il giudizio alla corte dell’Aia per crimini contro l’Umanità) il male fisico che colpì Sharon ha reso quella giustizia cercata e sempre mascherata con la complicità delle nazioni europee e degli Stati Uniti una realtà, oggi, inoppugnabile.
Anche gli intoccabili, gli eletti, i figli della Shoa hanno sono giudicati e puniti in secula seculorum.
London School of Economics: “Non rimarrà nulla dell’Italia”
Questo articolo da solo esprime nella migliore maniera il futuro del nostro paese fintanto che una “forza” non contrasterà questo declino ineluttabile.
Non c’è speranza se non quella di una lenta agonia e di un disastro sempre maggiore in tutti i settori.
London School of Economics: “Non rimarrà nulla dell’Italia”.
Costituzione da abrogare?
Negli Stati Uniti la costituzione ha 7 articoli e 27 emendamenti, l’Italia ha 139 articoli e definire quale sia la migliore non rientra nei compiti di questo articolo.
La nostra costituzione nasce nell’800 ad opera delle centrali massoniche franco-inglesi con il chiaro scopo di ingabbiare una società, quella italiana, in regole libertarie al fine di esautorare il potere monarchico come unico referente. La successione temporale, attraverso la quale la costituzione si è sviluppata, segue un percorso che appare come un grande vantaggio per la popolazione italiana, ma alla lunga si dimostrerà una gabbia. La rappresentatività costituzionale del popolo avvenne con molta gradualità permettendo ai grandi gruppi economici dell’epoca maggior peso rispetto a quella del popolo.
Il popolo aveva quindi una parvenza di potersi esprimere, ma solo attraverso una serie di gradi di accesso al potere. Non tutti potevano votare e molte erano le fasce sociali escluse. Con l’unificazione parziale dell’Italia nel 1861 buona parte del processo costituzionale si era compiuto sulla base di regole che scimmiottavano le istituzioni inglesi. L’avvento del fascismo pose un’interruzione al processo riformatore costituzionale, mentre con la fine della 2a guerra mondiale e la vittoria degli anglo-americani, prese corpo l’attuale forma redatta dall’assemblea costituente composta da quella parte di italiani che avevano sabotato l’Italia, prima, durante e dopo il fascismo con il chiaro intento di sabotare l’unificazione monarchica, fascista e democratica.
Ora siamo a 66 anni da quel giorno in cui De Nicola firmò la Carta Costituzionale e da allora ad oggi molte cose sono cambiate nel nostro paese. Socialmente ci consideriamo più evoluti (è strano considerare evolute persone che sfasciano una città per una partita di pallone, ma accettano di buon grado di farsi licenziare e di rimanere disoccupati); il grado di istruzione appare distribuito in maniera coerente con la media europea (ma produce una classe insegnante peggiore d’Europa) , le diversificazioni di reddito e il benessere non è più appannaggio di certe classi sociale, e molti adesso hanno accesso al credito (quando le banche lo permettono).
Insomma, tanto fumo e poco arrosto.
L’articolo 1 della costituzione recita:
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Di per se solo questo articolo è premessa della falsità oggettiva di questa carta costituzionale. Una repubblica fondata sul lavoro? Non su valori etici, di rispetto sociale, umano, sulla vita dell’uomo e sulle sue opere di arte e di ingegno? Che razza di regola è quella di fondare una costituzione sul lavoro? Sul lavoro si costituisce un esercizio commerciale, una industria, un opificio, una società per azioni, ma uno stato (che si definisce democratico) mai! In uno stato questi valori, non sono quelli che in primo piano hanno maggior rilievo, ma ne sono parte integrante, ovvia, insignificante al confronto co il rispetto della vita, delle genti e delle loro tradizioni storiche, artistiche, morali e anche religiose. No! La nostra costituzione è fondata sul lavoro, sullo sfruttamento e svuotamento della ricchezza millenaria che ci ha visto primeggiare in ogni campo. Questo “non s’ha da fare”. Manzoni, procace cattolico, e cripto-massone, ne aveva ben donde nel definire e nel combattere il potere ecclesiastico, sempre inviso alla massoneria. Lui sapeva e scriveva romanzi che sono un inno alla massoneria. Ma parliamo di molto tempo fa, tempi in cui la lettura e l’istruzione scolastica ancora arrancava in una struttura di uno stato appena abbozzato e non ancora sperimentato, ma ricco di appetiti.
Oggi però questa carta costituzionale pare, agli occhi di molti, un decalogo fuori tempo, obsoleto, vecchio, antico per delle regole che via via nell’arco di pochi anni sono state disattese: lavoro, sindacati, parlamento, poteri dello stato, esercito. Anche il Wall street Journal critica questa obsoleta carta e richiama all’ordine che ci impedisce il miglioramento sociale, il progresso economico e la rinascita. Così pure la grande banca d’affari J.P.Morgan, grande finanziatore del nazismo e dello stalinismo, sempre pronta ad intravvedere gli spazi proficui per i loro interessi. Ma non hanno torto. L’attuale carta costituzionale è, oltre che anacronistica, talmente inadatta all’ordine impostoci dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale, all’Onu, alla Nato che noi, italiani, abitanti di una penisola immersa nel Mediterraneo, dovremmo accettare di buon grado questi disinteressati consigli.
Già negli anni passati è iniziata l’abbattimento della costituzione con le nuove normative del 2001, con il Trattato di Roma e con quello di Mastricht, senza dimenticare quello di Lisbona che ci ha imposta un asservimento totale in ogni campo sul nostro territorio. Siamo esautorati di qualsiasi diritto, dal cibo al vestire, al pensare. Attraverso l’ONU, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Ocse e il World Trade Union si è realizzato un insieme di regole alimentari per cui non è più possibile poterci coltivare i nostri prodotti, quelli antichi, quelli che per millenni ci hanno mantenuti sani e robusti, ma dobbiamo accettare le regole imposteci dal Codex Alimentarius, prodotto delle suddette organizzazioni, così come nella sanità, ed in tutti quei campi che possono rinfocolare quel senso di unione e di compattezza nazionale.
E’ lapalissiano che di fronte a queste bordate da corazzata Potëmkin non possiamo che alzare bandiera bianca: “Ehi voi…qual novità? Il morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca”.
Strani contrasti

L’amante della vita!
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A volte evidenziare alcune contrasti mette in risalto l’asprezza e la sfrontatezza di alcuni ministri del nostro governo di “larghe intese”.
In una nota di qualche giorno fa la Bonino affermava “Non ci sono le condizioni giuridiche affinché l’Italia possa accogliere la richiesta di asilo di Snowden – ha spiegato Bonino. Il ministro ha poi aggiunto che la richiesta “non è accoglibile neanche sul piano politico.”
In un articolo del 22 luglio la stessa ministro affermava “Valutiamo espulsione dell’ambasciatore kazako”.
Quello che stride in tutto questo mestare della Bonino, che è bene ricordare è figlia della Trilaterale e del Gruppo Bilderberg oltre che sostenitrice dell’occupazione sionista nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza, è una politica appoggiata al gruppo atlantico (Usa e Inghilterra) e per nulla occupata agli interessi italiani. Forse sarebbe da ricordare alla Bonino che le attività umanitarie non spettano a lei e tanto meno quello degli Interni, e nella sua posizione ella deve difendere gli interessi della nazione che lei “dovrebbe” rappresentare e non il contrario. Si profilano quindi imputazioni di alto tradimento che in un paese serio sarebbero comminate con l’espulsione da tutte le attività pubbliche e condanna all’ergastolo ai lavori forzati.
La suddetta non tiene conto delle attività che le nostre aziende hanno in Kazakistan, non tiene conto degli investimenti miliardari dei nostri soldi che le aziende come Eni stanno facendo in quel paese, preferisce gettare tutto alle ortiche per diffamare un paese per la difesa di un biscazziere favorendo quindi la disintegrazione dei rapporti economici finanziari italiani con il Kazakistan .
Nessuno dell’attuale governo sembra contrariare la Bonino, la coalizione delle grandi intese significa anche questo: fallimento su tutti i fronti.
Italiani, svegliatevi dal torpore!!!
“Quando uno Stato dipende per il denaro dai banchieri, sono questi stessi e non i capi dello Stato che dirigono le cose. La mano che dà sta sopra a quella che prende. I finanzieri sono senza patriottismo e senza decoro”. (Napoleone Bonaparte)
Schiavitù o zelante lavoratore?
In un’epoca come quella attuale, dove il lavoro è diventato un bene prezioso, circola in molti l’idea che essere impiegati in un’attività sia il primo gradino della propria indipendenza e il primo mattone che permetta di costruirsi una famiglia. In epoche molto lontane il lavoro come lo intendiamo oggi non esisteva, si era solamente cacciatori-raccoglitori e tutto era condito da una vita breve e piena di pericoli. I più deboli morivano e i più forti avevano qualche possibilità, ma dovevano rischiare giorno dopo giorno contro le belve, i pericoli dei parassiti, degli insetti e dei fortuiti incidenti, delle malattie e non avevano nessun rimedio se non quello di alcune cure “magiche”.
Successivamente l’uomo scoprì la possibilità che si poteva coltivare ed allevare gli animali, realizzando quindi un profondo cambiamento nello stile di vita: la sedentarietà. Il villaggio e i piccoli gruppi di individui, iniziarono a costituire con il passare dei secoli, il punto focale di nuove società. La promiscuità necessaria, l’uso della coltivazione dei primi cereali e la coabitazione forzata con gli animali creò però l’insorgere delle malattie trasmettibili all’uomo. Un vero disastro sociale, poiché sconosciute e delle quali non esistevano metodi e soluzioni se non migrare in altri siti, ritenuti, più sani. Nascevano le regole sociali, le basi di un mondo che ci avrebbe portato in quello attuale.
Durante l’epoca di Roma e prima ancora anche nella democratica Grecia e nella terra di Sion la schiavitù era una regola comune che i vinti subivano. Purtroppo non si conosce quando abbia avuto inizio l’uso degli umani per gli umani.
La schiavitù permetteva la realizzazione di opere pubbliche e private quasi gratuitamente (non è vero), ma nell’uso comune e nell’ignoranza comune si credeva che lo fosse.
In tempi moderni la schiavitù è stata un grande affare per alcune nazioni (Svezia, Norvegia, Inghilterra, Olanda, Danimarca) che ne hanno tratto un enorme beneficio. L’Inghilterra inoltre, nota come esempio di democrazia occidentale, usava gli irlandesi come bassa schiavitù, nel senso che questi avevano un valore più basso degli schiavi africani o delle indie. Il pasto, per questi irlandesi spesso era la carne dei loro stessi connazionali e le bassezze inglesi sono spesso celate, o mascherate da motivi religiosi anziché predatori e pirateschi alla pari delle efferatezze dei salafiti in Siria o in Libia. E’ emblematico che in moltissimi filmati si parli spesso degli irlandesi come una razza bastarda. Si provi quindi a pensare da cosa nasce l’odio irlandese, ormai sopito dalla droga, dall’alcol e dal globalismo, durante i giorni di Belfast.
Dicevamo che gli schiavi sono gratuiti, ma non è vero. Ai tempi di Roma, ma anche nella prima parte del 1000, la schiavitù era abbastanza diffusa anche in Italia e tutte le scorrerie barbariche seppero sfruttare quanto era in uso e comune all’epoca: si conquistava un territorio, lo si depredava, si prendevano donne e bambini e si utilizzavano come manovalanza, per uso e consumo. I maschi di buona costituzione finivano spesso nelle fila degli eserciti, soprattutto nelle prime file e chi indietreggiava veniva infilzato, senza troppi problemi. E fu così fino all’alba del 1700 e ancora più avanti fino all’abolizione recente della schiavitù in Usa.
Ma l’abolizione, nel corso della storia, non fu un atto di pietà, Lincoln era anche lui uno schiavista, così come tutta la schiatta che lo adulava, ma aveva bisogno di uomini da portare al fronte, di mostrare un forte segno politico, insomma un atto demagogico che in pratica mise sulle barricate migliaia di negri per una causa che non c’entrava nulla con la razza, ma bensì con gli interessi economici e finanziari e teologici (ricordiamo che Licoln era un seguace della Pilgrim Society tra i primi fondatori delle enclave che ancora governano gli Usa, tutti indistintamente sionisti).
Con il passare degli anni però si osservò che lo schiavo (sia donna che uomo) per le famiglie che li detenevano, aveva un costo altissimo che non poteva essere più sopportato. A questo, se si aggiungono le innovazioni tecnologiche del 1800 il passo alla liberazione degli schiavi è breve, ma solo per una semplice questione ragionieristica di convenienza dello schiavista: lo schiavo voleva dire mantenimento, casa, malattie, figli. Costi enormi per famiglie che con il passare degli anni si vedevano ridurre il loro potere. Cosa fare? Liberare gli schiavi, tutti e lasciare che si mantengano da soli e in caso di necessità per il lavoro delle aziende assumerli, facendo loro crede alla libertà acquisita che possono gestirsi come vogliono, ma allo stesso tempo controllarli relegandoli in ghetti per evitare il “contagio”.
La quadratura del cerchio era stata trovata ed a costo quasi zero, anzi il guadagno era ancor più aumentato proprio in virtù del fatto che adesso i liberi schiavi potevano gestirsi come volevano: non avevano obblighi nei riguardi di nessuno, potevano mangiare a casa loro, che dovevano pagare; se stavano male dovevano curarsi per conto loro, a pagamento; se avevano figli se li tiravano su loro a spese proprie. Un guadagno assoluto, anzi in questa liberazioni le grandi nazioni e le compagnie degli schiavi si trasformavano in banche, assicurazioni, aziende farmaceutiche, e i grandi latifondisti si rinnovavano producendo più cibo per le nuove bocche da sfamare. la catena produttiva era arrivata alla sua completezza: lo schiavo frustato non esisteva più, sulla carta, e il suo posto era stato preso da salariati, stipendiati. Tutti concorrevano alla produzione di ciò che tutti consumavano, un guadagno insperato, ma sicuro.
Venendo ai tempi nostri , la stessa cosa accadde anche da noi in Italia. E più recentemente con il lavoro alle donne: manodopera a costo bassissimo veicolato da messaggi profondamente ingannevoli: libere donne, il sesso è libero, fate quello che volete, fine della patria potestà, o con messaggi tipo “l’utero è mio e lo gestisco io” oppure come altre frasi del tipo “oggi in piazza ad abortire, domani in piazza con il fucile” tutte cose che la Bonino, per esempio, conosce bene. La donna, sacro altare del nostro futuro, è stata usata, manipolata e violentata due volte, sul lavoro e sulla moralità del futuro di una popolazione.
La schiavitù, si pensa non esiste più. Abbiamo alzato la testa troppo violentemente (meglio si potrebbe dire che ci hanno permesso di alzare la testa) e le classi schiaviste, quelle di sempre, non tollerano che questi schiavi abbiano anche l’ardire di porre delle condizioni, no! Tutte le battaglie fatte e combattute sono state vanificate dai contratti a cottimo, a progetto, dalle partite Iva, dal tempo determinato. Il futuro per una giovane coppia è diventato talmente incerto che è più facile guadagnare la giornata con il gioco delle tre carte che con il lavoro che manca. Ma cosa è accaduto in questi ultimi 20 anni che siamo arrivati a questo disastro? Le cause sono molteplici, vi racconteranno i grandi economisti, i grandi pensatori, gli imbonitori ed i piazzisti del giornalismo prezzolato; loro sono a libro paga di chi gestisce questo disastro e non possono uscire dagli schemi. In realtà il problema, dal mio punto di vista è molto più semplice di quel che si voglia far credere.
Le grandi classi imprenditoriali e bancarie non sono milioni di persone, ma qualche migliaio, esse gestiscono i flussi economici e finanziari del pianeta spostando merci, denaro e soprattutto capitale umano. Negli ultimi anni, dall’ingresso nel World Trade Organisation (WTO) della Cina (11.12.2001) e dell’India (01.01.1995) i paradigmi sociali, economici e politici ai quali eravamo abituati hanno subito una variazione. La Cina e l’India con il loro 2,7 miliardi di persone, rappresentano, per quella famosa classe di schiavisti sopracitati, un serbatoio enorme di forza lavoro a costo quasi zero. In India i morti recenti del Bangladesh che lavoravano per molte aziende italiane, avevano un salario di 20 dollari al mese (0,66 cents/giorno). Quanti italiani vivrebbero con una cifra del genere? Eppure lì ce la fanno e se ce la fanno a vivere riusciranno anche a produrre, magari per mezza ciotola di riso in più.
Appare quindi evidente che il mercante non ci pensi due volte a spostare tutte le sue attività in luoghi dove il costo della manodopera ha un valore insignificante nel bilancio industriale e così, lentamente nel corso dei 20 anni, i grandi industriali, i grandi banchieri, le multinazionali spingono e sostengono nelle politiche sociali, economiche, industriali e finanziarie dei paesi europei/occidentali quegli uomini che siano i loro portavoce; creano con l’aiuto dei politici da loro eletti, tutta la normativa idonea a staccare la spina del benessere così come fino ad ora l’avevamo conosciuto; i sindacati che, all’apparenza sembravano lavorare per i nostri diritti, ora tacciono, non organizzano più oceaniche manifestazioni, barricate, picchetti davanti a quelle aziende che sono state dislocate: anche loro sono a libro paga degli schiavisti e quanto meno rientrano in quella struttura che ne preveda l’assenza dal campo di battaglia. Il caso eclatante, anche se molto complesso, è il prossimo fallimento dell’Ilva: silenzio assordante delle varie sigle sindacali, ma molto fragore in quelle correnti “new age” che paventano la morte totale di una provincia per dei mali ai quali nessuno prima di adesso aveva mai protestato: è più importante la vita o il mantenimento alla vita e a che prezzo. Da un lato il licenziamento di 40 mila persone, dall’altro la salute che viene minata dalle connivenze dello Stato e della Regione Puglia che in tutti questi anni non hanno mai verificato, mai denunciato.
Ma nel frattempo è necessario preparare il terreno affinché la massa non sia cosciente del baratro sulla quale la si vuol gettare, è utile dare “un colpo al cerchio ed uno alla botte”. Si va dalla politica, al commercio, all’industria, al sociale, alla sanità e all’impiego pubblico. Tutti ricevono un pezzetto di questa torta, poco per volta e via via sempre di meno finché un giorno non ci sarà più, nel frattempo ci saremo abituati a mangiare sempre meno fino al punto che un giorno mangeremo ed un altro no, ma non ce ne accorgeremo se non nel momento in cui i nostri figli non saranno più capaci di sopravvivere alla denutrizione. Verranno quindi attuate tutte quelle politiche da paese del terzo mondo in cui corruzione e malversazione sarà la legge dominante e i lavoratori si adatteranno a produrre a prezzi come gli indiani o i cinesi di adesso. Non ci sarà il tempo per le proteste e nemmeno per gli scioperi, che saranno vietati e tanto meno ci saranno tutte le possibili alternative di aiuto sociale che fino ad ora, per poco, abbiamo; bisognerà pensare a sfamare i figli, a guarire dalle malattie e quei pochi che ce la faranno non avranno nemmeno il tempo per chiedersi cosa stiano facendo e per chi lavorano.
Il dogma assillante è riportare la fiumana umana nel giusto alveo che si merita.
E così accade, si spostano le produzioni in altri luoghi più economici e si mette alla fame chi prima aveva raggiunto un certo livello di benessere, ma fra qualche anno sarà così anche per quelli che adesso stanno iniziando a stare bene e il pendolo si sposterà ancora una volta in quelle popolazioni, noi, che, alla fame, accetteranno qualsiasi cosa pur di mangiare. La Fiat dopo 5 anni di lavori incessanti in Serbia, l’anno scorso è partita con la produzione di auto, ma già adesso iniziano i contraccolpi e gli operai protestano per le paghe da fame che stanno ricevendo danneggiando alcune auto (500L). Cosa farà al Fiat per ora è sconosciuto, ma certamente, come altri, tra un po’ di tempo sposterà la produzione in altri stati dove la fame e il bisogno di sussistenza sarà tale da accettare anche una paga insignificante.
A volte è bene rileggere il discorso dello schiavo, forse, a forza di ripeterlo qualcuno se ne rende conto di come stanno andando le cose:
Uno degli aspetti più micidiale dell’attuale cultura è di far credere che sia l’unica cultura, invece è semplicemente la peggiore. Gli esempi sono nel cuore di ognuno, per esempio il fatto che la gente vada a lavorare sei giorni alla settimana è la cosa più pezzente che si possa immaginare. Come si fa a rubare la vita agli esseri umani in cambio del cibo, del letto, della macchinetta. Mentre fino a ieri credevo che mi avessero fatto un piacere a darmi un lavoro, da oggi penso: “Pensa a questi bastardi che mi stanno rubando l’unica vita che ho, perché non ne avrò un’altra, ho solo questa, e loro mi fanno andare a lavorare cinque volte, sei giorni alla settimana e mi lasciano un miserabile giorno per fare cosa? come si fa in un giorno a costruire la vita?“.
Allora, intanto uno non deve mettere i fiorellini alla finestra della cella della quale è prigioniero, perché sennò anche se un giorno la porta sarà aperta lui non vorrà uscire.
….Il vero schiavo difende il padrone, mica lo combatte. Perché lo schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà.
Il vecchio ciarpame che ritorna…
Ancora una volta, colui che sembrava sepolto sotto la sua stessa coriacea pelle, si rifà il trucco come una misera e vecchia baldracca di qualche angolo nascosto di una borgata di periferia: “Si accetto, mi assumo e chiedo responsabilità”.
Queste le parole del comunista -massone sostenuto dai banditi del PD-PDL-LEGA alla richiesta di rinnovare il suo mandato di altri 7 anni. Questo vorrà dire che ci costerà 230 milioni all’anno per 7 anni (1,61 miliardi di euro) che il popolo bue dovrà sborsare per mantenere questo parassita massone, ma dovrà tenere conto anche del costo di una selva di badanti, che in questo caso non saranno ucraine, moldave o russe, ma tutte indistintamente provenienti dal non-stato.
Napolitano, prima fascista, iscritto al GUF (Gioventù Universitaria Fascista) di Padova e successivamente, dal 1945, iscritto al partito comunista italiano. Un vero campione antesignano di cambio-giacca, il precursore dell’immondizia morale in cui è precipitato il nostro paese.
Socci lo descrive molto bene:
Napolitano è un funzionario dello Stato, il primo in quanto presidente della Repubblica. Mi auguro che faccia quel rispettabile mestiere in modo super partes, come un notaio, non come lo sta facendo adesso, vistosamente impegnato a tessere delle sue politiche (per esempio verso la Lega) con modi ovattati e furbi che ricordano la sua precedente vita nel Pci di Togliatti.
A Napolitano personalmente preferisco il suo opposto speculare: mio padre, Silvano, che ha passato tutta la vita a “combattere i Napolitano”. I due hanno fatto una vita antitetica. Sono nati entrambi nel 1925. Napolitano in una famiglia benestante che lo ha fatto studiare, mio padre in una famiglia di minatori, che a nove anni gli ha fatto lasciare le elementari e lo ha mandato a guadagnarsi il pane.
Nel 1938-39, a 14 anni, Napolitano fu iscritto al liceo classico Umberto I di Napoli e mio padre alle miniere di carbone di Castellina in Chianti.
Nel 1942 Napolitano entrava all’università, facoltà di Giurisprudenza, e mio padre, desideroso di studiare, usava il poco tempo fuori della miniera leggendo i libri datigli dal parroco del paese.
In questi anni di guerra Napolitano si iscrive al Guf, il Gruppo universitario fascista, collaborando col settimanale “IX Maggio”. Mentre mio padre approfondisce la sua fede cattolica e comincia a detestare la barbarie della guerra, l’ingiustizia che vede attorno a sé e le dittature.
Nel 1945 Napolitano aderisce al Partito Comunista italiano e mio padre prende contatto con la Democrazia cristiana. Nel 1947 Napolitano si laurea e partecipa alle epiche elezioni del 1948, a Napoli, come dirigente del Pci di cui Togliatti è il “commissario” e Stalin il padrone indiscusso.
Nel 1956 i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue il moto di libertà dell’Ungheria. Il Pci e l’Unità applaudirono i cingolati del tiranno e condannarono gli operai che chiedevano pane e libertà come “controrivoluzionari”, “teppisti” e “spregevoli provocatori”.
Napolitano – che era appena diventato membro del Comitato centrale del Pci per volere di Togliatti – mentre i cannoni sovietici sparavano fece questa solenne e memorabile dichiarazione: “L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo”.
Di errore in errore il Pci di Napolitano continua a professarsi comunista fino a farsi crollare il Muro di Berlino in testa nel 1989. In un Paese normale quando quell’orrore è sprofondato nella vergogna e il Pci ha dovuto frettolosamente cambiar nome e casacca, tutta la vecchia classe dirigente che aveva condiviso con Togliatti e Longo la complicità con Stalin e l’Urss, avrebbe dovuto scegliere la via dei giardinetti e della pensione. Anche per l’età ormai avanzata.
In Italia accade il contrario. Avendo sbagliato tutto, per tutta la sua vita politica, Napolitano diventa Presidente della Camera nel 1992, ministro dell’Interno con Prodi, senatore a vita nel 2005 grazie a Ciampi e nel 2006 addirittura Presidente della Repubblica italiana.
Mio padre muore nel 2007, in una casa modesta, a causa della miniera che gli ha riempito i polmoni di polvere di carbone che, a distanza di decenni, lo porta a non poter più respirare.
Mio padre fa parte di quegli uomini a cui si deve la nostra libertà e il nostro benessere, ma la loro morte – come scriveva Eliot – non viene segnalata dai giornali.
Non poteva Socci dire di meglio, eppure gli italioti continuano a portare in palmo di mano una serpe mondialista, globalizzante, figlia di un’educazione massonica che poterà l’Italia, assieme alla banda PD-PDL-LEGA, nella tomba.
La gente dice…