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La Befana
Il Natale era trascorso nella tranquilla vita di campagna, festeggiando la venuta del Salvatore e i primi giorni di gennaio rappresentavano per i bambini un momento di conclusione e di inizio: arrivava la Befana e tutti facevano i conti con quanto di bene o male avevano fatto in famiglia, con gli amici o a scuola.
Tutti pensavano, raccontavano o giustificavano alcune marachelle e pensavano alla letterina da scrivere a questa vecchia.
Fuori il tempo, spesso impietoso, non lasciava spazio al gioco se non a qualche lunga corsa in mezzo ai campi ghiacciati e ricoperti di uno spesso strato di brina o di neve per dar sfogo all’energia trattenuta nei mesi invernali precedenti. Altri, i più fortunati, che avevano i campi con i fossi colmi d’acqua, pattinavano su quel ghiaccio facendo capitombole inverosimili, ma accompagnate da fragorose risate.
I vestiti erano semplici, poveri e non sapevano trattenere il caldo del corpo, ma la voglia di giocare, di correre, di saltare e di essere immersi in una natura vetrificata era enormemente più forte del freddo che bloccava le caviglie, che congelava le mani, che rendeva i visi rossi e gli occhi luccicanti. Alcuni avevano dei semplici cappotti di lana, altri dei maglioni a strati spesso dei fratelli più grandi e le scarpe, di cuoio, una volta imbevute d’acqua e dell’umido dei campi, diventavano dei blocchi di ghiaccio per i piedi.
Un freddo assoluto che penetrava come una lancia in gola, che bloccava le articolazioni, ma che stimolava a pensare cose sempre più fantasiose per riscaldarsi.
Allora correvano tutti assieme nelle stalle e lì, nell’angolo più caldo, cercavano il ristoro, il tepore che avrebbe rianimato la folle vita dei bambini. Era una ruota, un entrare ed uscire dalle stalle e spesso qualche scappellotto e una pedata arrivava dagli anziani, stanchi di quel andirivieni senza senso.
Il freddo bloccava le attività dei campi. I contadini si adoperavano a riparare gli attrezzi che li avrebbero visti impegnati in primavera, oppure davano una mano alle mogli per sistemare quelle parti della casa che necessitava di qualche riparazione. Nulla era fermo, ma fuori il tempo sembrava immobile.
I giorni a volte erano nebbiosi e la nebbia così fitta che si congelava sui cappotti e sulle mani, mentre la luce del sole che raramente faceva capolino nelle ore centrali, non riusciva a farsi largo e i bambini passavano così dalla notte al giorno senza uno stacco preciso, come in primavera o d’estate. I giorni delle feste scorrevano in attesa di quello magico momento.
Arrivava la Befana e se qualche cosa di brutto s’era fatto sapevano che la dolce vecchia avrebbe comunque donato qualche piccolo regalo in mezzo a tanto dolce di carbone nero.
Alla sera, dopo una cena frugale, andavano a letto presto e nell’attesa del sonno, nella stanza riscaldata da una piccola stufa, fantasticavano in quello che avrebbero ricevuto. Le immagini che la stufa disegnava con i suoi crepitii, le sue luci e ombre andavano a scavare nelle mente magiche idee, tutte collegate con quanto avevano chiesto alla Befana.
In cucina i genitori sistemavano la stanza, preparavano la cena per la Befana: un bicchiere di vino, un pezzo di pane, qualche fetta di salame ed una sedia sulla quale poteva riposarsi, infine appendevano al camino alcune catene – quelle usate per appendere le pentole – che avrebbero dovuto facilitare la discesa e la risalita dal camino, ma l’attesa del momento non faceva dormire bene i bambini, perché a notte inoltrata udivano strani rumori che spesso agitavano quei sonni innocenti: spesso la mamma accorreva al richiamo del fanciullo a tranquillizzare e a sostenere l’aspettativa, ma l’agitazione era troppo forte e il tempo troppo lento per aspettare, ma la stanchezza, alla fine, aveva il sopravvento.
La notte scorreva veloce e al mattino, di buon ora, i bimbi si alzavano immersi in una stanza che sembra irriconoscibile rispetto alla sera precedente: il pensiero di quello che li attendeva, il freddo penetrante e i vetri ghiacciati dal vapore emanato dai corpicini, dava a quel giorno tutto un sapore particolare. Di corsa e senza pensare correvano giù dalle scale per precipitarsi in cucina, dove la vecchia aveva mangiato e…posto i regali tanto agoniati, ma la mamma sapeva indugiare e così il papà, severo e fermo, chiedeva se si erano lavati le mani ed il viso, ma vedendo le loro faccie ancora stropicciate dal sonno, con un buffetto li lasciava correre verso la cucina…
Era la fantasia che si era fatta realtà, le idee che potevano concretizzarsi, i pensieri che tutto quello che un bambino ha in testa è vero. Mille colori, pacchi dorati, rossi, gialli e blu; oggetti che non avevano un carattere definito e che non sapevano indicare cosa fosse il contenuto. L’ansia e l’attesa di toccare arrivava al colmo fintanto che la mamma e il papà, sussurrando di fare piano-piano, dicevano che forse la Befana era ancora nei paraggi e non si poteva fare chiasso o urlare, ma attendere e avvicinarci con prudenza a quelle meraviglie per non spaventarla, forse perché stanca o forse perché qualcuno doveva essere punito. Alla fine, si guardava nella cucina: le impronte di fuliggine sul pavimento, il bicchiere mezzo vuoto, alcune fette di salame mangiate in fretta e il pane mangiucchiato erano le prove del passaggio di quella speciale vecchietta.
Non era possibile dubitare!
Allora i bambini guardavano dalla finestra e cercavano nelle figure in lontananza se potevano intravvedere ancora la figura della Befana che purtroppo era già volata in altre famiglie.
Chiappe strette, arriva l’in****
Già, la volgarità è gratuita, ma cosa si deve fare per avvisare i naviganti della prossima tempesta che froderà milioni di italiani?
Ormai è deciso, c’è poco da stare allegri, la patrimoniale verrà attuata e zitti-zitti vedremo sfilarci dai nostri conti i soldi che serviranno per ripagare le porcate fatte dalla Casta, dalle banche, dagli speculatori. E non ci sarà nessuna manifestazione al contrario di quello che accade se per caso qualche coglione di arbitro delle partite di calcio fa una cavolata.
In questo caso nessun partito, nessun sindacato e nessun operaio, impiegato o semplice pensionato, scenderà in piazza sotto i palazzi del governo per gettare fisicamente dalla finestra la gentaglia che decierà una tale ladreria. La morale è semplicissima: meglio sfilare qualche miliardo di euro dai conti e dai risparmi degli italiani piuttoston che far pagare ai veri responsabili (quelli che foraggiono i politici) con una semplice manovra attuabile con un decreto come ad sempio la così detta Carbon Tax applicabile a tutte le transazioni finanziarie: basterebbero alcuni punti percentuali per sistemare i conti in pochissimo tempo, ma toccare la tasca dei banchieri e degli speculatori che ci frodano tutti i giorni è molto più difficile che frugare nelle tasche del porco italiano medio, laido ed infame personaggio che a al di là della TV e delle porcate mediatiche non è in grado di concretizzare con la sua testa da minorato psichico.
Il miserrimo uomo, come tale è il suo pensiero, di Giuliano Amato ha proposto che sul debito pubblico si può semplicemente ovviare prelevando, come fece nel 1992 lui stesso, con un’altra patrimoniale. (che cosa è la patrimoniale? Fate una ricerca in rete e capirete!!)
Soldi che verranno prelevati dai propri conti bancari e dei quali nessuno potrà opporsi, perché nessuno vi dirà quando accadrà e perché la stessa regola applicata nel 1992 avrà anche in questo caso valore retroattivo, quindi se prelevate i vostri soldi in banca non avrete scampo, perché l’agenzia per le entrate busserà comunque alla vostra porta e vi pignorerà la casa, lo stipendio e qualsiasi cosa abbiate.
Questi laidi ed infami personaggi della politica grigia e sotterranea come D’amato, Prodi, Dalema e tutti quelli che li hanno preceduti e succeduti ed altri imperscrutabili infami esseri, avranno il coraggio di imporci sacrifici e sangue, tanto a loro non li tocca nessuno, perché nessuno andrà in piazza a spaccare la testa di questi emeriti cancri nazionali, i veri tumori della democrazia e dell’Italia.
Meditate, gente, meditate, perché già ve ne avevo parlato tempo addietro e ricordate che più se ne parla più è scontato che la cosa avvenga…ma è successo.
Un peso e due misure: la frusta, Sudan e Israele.
In un giornalino gratuito, di quelli che si trovano nei bar o all’angolo delle strade, si legge una notizia particolare. In Sudan una giovane sedicenne viene fustigata per 50 volte (mi pare esagerato, visto il video) per aver indossato un paio di pantaloni che secondo la legge islamica che in quel paese si applica, è un atto riprovevole da condannare con la fustigazione.
Anche il mondo islamico di Al-Jazera si indigna di fronte a questi eccessi. Strana ‘sta cosa, ehh?
A pochi chilometri di distanza, nello stato di Israele accade una cosa simile, ma taciuta dal giornalino (del gruppo Caltagirone) così come anche dagli altri media: un giovane cantante si è esibito davanti ad un pubblico misto di donne e uomini andando contro i dettami del Talmud e come risultato di questa offesa è stato condannato dai rabbini locali a 39 nerbate per aver infranto la legge giudaica.
Molti ci dicono che Israele è un paese democratico dove non accadono cose che invece ci parrebbe normale trovare in Sudan, eppure…anche nella perla della democrazia-teologica-mediorientale accadono fatti per nulla assurdi e nonostante questo, da più parti si sente le voce del coro che invita a pieni polmoni l’entrata di Israele nella comunità europea…
C’è qualche nota stanata, la notate?
Paolo Villaggio: ammalato o dissennato?
Nelle ultime notizie di Paolo Villaggio su una dichiarazione alla Rai ha detto:
Il grande attore Paolo Villaggio scatenato nel corso del programma di Radio2 ‘Un Giorno da Pecora’. Villaggio, in collegamento telefonico, ha attaccato il Papa e la Chiesa spiegando “che ha ancora una filosofia medievale in tutto: eutanasia, preservativi e via dicendo. La Chiesa, se non si rinnova, muore”. “Questo Papa, che parla molte lingue, soprattutto il tedesco, senza dubbio se comparisse sul balcone di Piazza San Pietro con la sua voce ma vestito come Himmler farebbe svenire di paura molti ebrei”.
Ammesso e non concesso che quello che dice Paolo Villaggio sia vero, è il tono delle sue asserzioni che impedisce qualsiasi nota di contrasto o di discussione. Chi è lui per asserire ciò che dice?
Da chi è costruita questa sua alterigia nell’affermare un pensiero che nasce dai soliti luoghi comuni di negazionismo, shoa e quanto di più deprecabile esista? E’ alquanto assurdo che una persona, obesa fino all’inverosimile, anzi, alcolizzata, sia in grado di affermare concetti presi a prestito dai detrattori del Santo Padre. E si badi bene che non v’è nessuna spada a difesa del Pontificato di Benedetto XVI°, ma solamente il rispetto per una persona che crede nella sua fede, così come quella degli altri.
E’ triste rilevare come basso è il carattere umano, anche di quelli che per certi versi hanno sempre cercato di gettare, anche se con amarezza, un pizzico di luce nel buio delle esistenze umane.
Villaggio, ormai cadente e troppo ingombro della figura del padre, mai digerita e metabolizzata, scaglia le sue ultimissime frecce contro tutto e tutti. E’ penoso e dispiace che un attore , sicuramente carico di tristezza, amarezza e disperazione, si aggrappi a inopportuni pensieri che non lo rendono sicuramente paladino del libero pensiero.
“Sto pensando seriamente al suicidio, so già la data della mia morte”.
Le parole usate per definire il suo punto di attrazione. Possiamo dire: ma a noi che ci frega del tuo suicidio? Pensa veramente che il suo suicidio potrebbe spostare di una sola virgola l’intera umanità? Quella italiana poi, non si sposterebbe nemmeno se ci fosse un genocidio, tanto sono vigliacchi!
C’è come l’impressione che si attacchi certi valori per dar spazio alle solite questioni di bassa lega: i denari. Paolo Villaggio ha bisogno di soldi e i pretesti per raccattarli vanno anche a toccare queste cose sull’onda di quello che ha fatto Monicelli, il cui spessore è sicuramente superiore di quello di Paolo Villaggio.. .
Usi la rupe Tarpea per suicidarsi e senza proclami e si comporti da uomo integro e non interpreti il flaccido e perdente personaggio di Fantozzi.
La gente dice…