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Posts Tagged ‘Fallimento Italia’

Speedy Pizza al gas!

21 febbraio 2014 Lascia un commento

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E’ proprio il caso di dirlo, siamo alla canna del gas, solo che a farne le spese è un povero ragazzo che ha scelto la via del suicidio per evitare di affrontare il fallimento e la chiusura del suo locale dove sua moglie, pare, l’aiutava e per questo multato di 2 mila euro che non aveva.

Gli ispettori del fisco e dell’agenzia delle entrate dovrebbe essere più accorti, sia mai che qualche scellerato non inforni anche loro. Stanno tirando la corda in maniera obbrobriosa, infame e scellerata, senza ritegno e con la supponenza di chi si sente (adesso) il più forte. Ti dicono con la faccia da parassita beota: Noi facciamo il nostro dovere, non possiamo esimerci dall’applicare la legge.

Già, è vero, loro sono dei semplici esecutori di uno stato (questo stato) sempre più oltraggioso, infame e usuraio. Incapace di risollevare l’economia, incapace di dare ossigeno alle aziende che stanno scomparendo (1.000 al giorno!!!). Tanto loro hanno il loro stipendio assicurato, le loro vacanze, la loro pensione (Per poco ancora. E poi saremo  noi a ridere delle vostre disgrazie!), i loro giorni di permessi retribuiti e se vanno in vacanza quando il cittadino chiede rispondono che è un loro diritto, diritto!

Nel frattempo le aziende chiudono, saltano i contratti e diminuiscono le entrate fiscali dello stato parassita. E allora si ricorre a tutte quelle gabelle, volute dalla banda criminale della politica italiana che in altri tempi non sarebbero nemmeno state prese in considerazione. Si multa il vecchio per aver sbagliato una virgola nella dichiarazione dei redditi, si acceca l’impresa per qualche centesimo, ma si chiudono tutti gli occhi su tutte le immense voragini che questo stato, compresi i suoi lacché, stanno creando ed aumentando.

La voragine dei 3,5 milioni di parassiti è immensa (850 miliardi all’anno) e ogni anno di più cresce in maniera incontrollata senza che nessuno metta un freno: tanto c’è sempre uno SpeedyPizza che pagherà con la vita o con i denari.

A quando la italica rivoluzione?

1 luglio 2013 Lascia un commento

euroinculata

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In questa Italia l’unico rimedio per salvaguardare l’esperienza acquisita nel corso degli anni è quella di chiudere baracca e burattini e andare a produrre in altre nazioni dove il peso fiscale, la burocrazia, ma soprattutto il malaffare, travestito ed impalmato dalla politica, non entri nell’attività aziendale.

Questo d fondo la spinta che animano molte aziende italiane costrette a spostare le loro attività fuori dall’Italia. Il peso fiscale italiano sulle attività commerciali ed industriali è arrivato oramai ad un livello talmente elevato che quelli che adesso aprono un’attività o sono degli eroi o degli sprovveduti. Sono propenso a credere che siano degli sprovveduti, poiché una persona con un minimo di esperienza e sale in zucca trarrebbe maggior guadagno a rimanere alla finestra anziché spendere denaro per ingrassare la bestia della spesa pubblica.

L’Indesit, antica e famosissima azienda di elettrodemestici italiana, sta chiudendo i battenti per andare a produrre in Polonia. Impossibile produrre in Italia. Gli esuberi sono migliaia e i parassiti politici si chiedono perché dovrebbe chiudere, forse la domanda seria è cosa ha spinto queste aziende a delocalizzare. Ma va da se che il parassita non chiede mai a se stesso se la sua presenza sia opportuna o meno, anzi la sua attività è quella di succhiare tutte le energie vitali senza la benché minima sensazione di provocare disastri.

In Italia abbiamo milioni di parassiti. Si pensi alla struttura politica e gestionale dello stato a Roma, e poi si scenda nelle regioni, nelle provincie e nei comuni, nelle comunità montane, nei consorzi, negli enti regionali di gestione del territorio, in quelli di amministrazione agricola, commerciale, industriale, artistico, museale, scolastico, universitario, sanitario: tutti parassiti pubblici, tutti stipendiati con le tasse delle aziende e del commercio italiano e con i denari che vengono drenati dalle attività del privato. Loro, i parassiti, non producono nulla, anzi usano la mano ferma della burocrazia per bloccare attività, impedire lo sviluppo.
Ma il problema non è la presenza di questo genere di parassiti, ma la loro gestione: sono inamovibili, illicenziabili, statici e se compiono dei misfatti non accade nulla, vengono spostati o promossi ad altri incarichi (Draghi, Cancellieri, Ciampi, ecc.ecc.): quanti giornalisti hanno cercato di seguire “il dopo” di quelle centinaia di dipendenti pubblici che frodavano lo stato?

Come pensiamo di migliorare con un cancro di siffatte dimensioni? Quasi 4 milioni di parassiti incistati nei diversi gangli del potere burocratico italiano che impediscono qualsiasi desiderio di sviluppo economico, culturale e sociale.
Zero assoluto! La bestia ingrassa sempre di più e per tale motivo è inamovibile.

Se poi a tutto questo ci aggiungiamo l’attività bancaria allora abbiamo fatto tombola!

Ma guardiamo da vicino alcune cose. La sicurezza del cittadino, per esempio. Abbiamo le forze dell’ordine che sono appiedate, senza pezzi di ricambio, con turni massacranti con un parco auto da paese sottosviluppato, i mezzi che lo stato destina alle forze non solo sono insufficienti, ma con i tagli imposti per la revisione della spesa, si è colpito proprio quei punti di salvaguardia per il cittadino stesso, e la malavita ringrazia!

Spostiamoci nel settore dei beni artistici, ma è solo un esempio ed ognuno di noi ne ha sicuramente altri da portare. Musei chiusi, musei sottodimensionati con la presenza del pubblico infima da cui tutti i musei pubblici d’Italia guadagnano meno del Louvre. E’ mai possibile che in Italia, la culla dei beni artistici con la più alta concentrazione culturale ed artistica del mondo i musei, abbia un introito più basso del Louvre? Chi è e chi sono i responsabili? Perché non vengono licenziati e messi a fare da usciere o a raccattare i mozziconi? Perché non pagano di tasca loro delle malefatte e dell’inefficienza procurata e del danno di immagine ed economico italiano? Da chi son coperti?

E’ solo un esempio, sia chiaro, e non è il massimo, poiché se volgiamo lo sguardo dell’industria basterebbe parlare dell’Ilva di Taranto e dei 40 mila dipendenti in tutta Italia che rischiano il posto di lavoro per la zelante attività di alcune persone della magistratura che dall’alto della loro posizione, incuranti delle sofferenze dei lavoratori, ma conniventi nelle attività illecite dell’Ilva in tanti anni (come mai non sono mai intervenuti in tanti anni ???), hanno l’ardire e la prepotenza di mettere sul lastrico migliaia di famiglie.
Questa è l’Italia che conta, quella del becero parassitismo, quel genere di parassitismo saudo-salafita, nello stile degli sgozzatori siriani che non distinguono il buono dal cattivo, ma scannano gole indifferenti. Ma nel caso dell’Ilva la prima cosa che anche i nostri politici – adesso – vanno sottolineando è l’inquinamento, caspita! L’Ilva inquina! Toh!
Adesso, giudici, GdF, Regione, Comuni e le varie Ong adesso scoprono che inquina, ma prima che tipo di attività stavano facendo quei parassiti? Essi sono colpevoli tanto l’Ilva per omissione di atti d’ufficio e così che tutti i responsabili, che in tanti anni non hanno mai controllato, dovrebbero pagare per lo stesso danno, anzi di più vista la loro veste pubblica.

L’Ilva è solo un piccolo pezzo dell’Italia, perché basta pensare al settore del commercio e a quello della piccola industria manifatturiera. Non parliamo delle grandi industrie che si sono volatilizzate al primo stormir di fronde, l’ultima delle quali la Fiat, ma di quelle che hanno costituito per decenni la struttura portante economica del nostro paese e che in poco più di 2/3 anni si sono assottigliate a scheletri vuoti, capannoni senza attività. Pensiamo al settore tessile, a quello del mobile, delle calzature, e a tutto l’indotto che solo questi settori producevano.
Ma questa Italia dovrebbe emergere dalla fogna nella quale siamo caduti? E come?

Stiamo vivendo in uno stato fallito, condotto da parassiti drogati per la sicurezza del loro posto di lavoro, mantenuto dal presidio sindacale incurante della vita della maggioranza degli italiani. Le premesse per uno scontro sociale ci sono tutte e chi ha il bastone del comando sta spingendo proprio in questo senso.

Un conoscente, impiegato nel pubblico (insegnante), ha già programmato le sue dovute ferie. A luglio farà 2 settimane in Puglia, ad agosto 10 giorni circa al sulla riviera adriatica e a fine agosto una settimana in Montagna (gli piace andare a funghi). Chiede: senti, che ne dici se ci organizziamo ed andiamo assieme a farci un giro in barca in Puglia? Silenzio di tomba del suo interlocutore che risponde: “Ma ti rendi conto che con le lune che ci sono se mi va bene potrò avere solo  una settimana di ferie a casa?”. L’altro, il parassita,: “Ma dai! Cosa sarà mai!? Le ferie ti sono dovute, te le devono dare, mica puoi lavorare in eterno, no?!”.

Il parassita, e come questo ce ne sono a milioni, non può capire, non capirà mai fintanto che qualcuno e accadrà, non gli metterà un tizzone ardente nel posteriore. Non capisce ed è talmente ignavo della sua tracotante sfrontatezza da non alleviare e minimizzare la sua posizione di fronte alla tragedia quotidiana dal non saper che oltre ai suoi confini, garantiti da leggi parassite, ci sono milioni di persone che ogni giorno non saranno sicure di poter portare a casa il proprio cibo.

Fallimento Italia, c’è anche un decreto che lo annuncia.

12 febbraio 2013 1 commento

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A volte ci si chiede come può uno stato fare fallimento, ma le risposte che si ottengono sono sostanzialmente due: chi dice che è impossibile e chi sostiene il contrario. Diciamo che è possibile quanto impossibile, ovvero uno stato che viene definito fallito non riesce pagare più i propri dipendenti, gli appalti e gli introiti che riceve non sono sufficiente a ripianare il debito delle spese correnti.

Tralasciamo gli interessi sul debito, in Italia abbiamo alcuni casi che sono sintomi di un fallimento imminente: 80 miliardi di euro che lo stato deve restituire a imprese e privati [alcuni politici hanno avuto a cuore questo problema ed hanno proposto di finanziare la restituzione parziale di 50 miliardi in 5 anni emettendo obbligazioni che gli italiani andrebbero a acquistare. Che genialata!). Nella realtà nessuno è in grado di dare una risposta del genere. considerando poi che abbiamo un bubbone che ogni anno si ingigantisce pari al patto di stabilità (MES) che prevede un esborso statale di 40 miliardi all’anno, se tutto va bene, poiché sappiamo che in Italia quando si prevede una spesa l’anno successivo è quasi raddoppiata.

A queste due piccoli problemi aggiungiamo la spesa pubblica di circa 800 miliardi che sono il 46,7% del PIL ed è rappresentata per quasi il 93% da stipendi dei dipendenti pubblici e dei servizi. (fonte: CGIA Mestre). Solo con un conto stupidissimo capiamo che una spesa annua di 890 miliardi è alla lunga insostenibile, poiché gli introiti basati sulle imposte dirette ed indirette non coprono certamente quanto lo stato (questo stato) spende. I nostri passati governi hanno sempre attuato una politica finanziari impositiva aumentando la tassazione fino a valore unici nel mondo: 70%! In queste condizioni, note a tutti, appare evidente che nessuna impresa è in grado di poter lavorare con la tranquillità che serve.

Solo nel veneto almeno 700 aziende sono delocalizzate in Carinzia dove la tassazione non supera il 25% e la burocrazia è praticamente assente. Hanno ragione? Direi di sì considerando la giungla di leggi, regolamenti e imposizioni che sono per lo più vessatorie contro quelle aziende che nel territorio hanno invece contribuito per anni al benessere della comunità.

A tutto questo che è molto poco rispetto a quello che si legge e che c’è nella realtà, abbiamo la ciliegina sulla torta.  Infatti “è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 dicembre 2012 il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012, con il quale è stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2013 (G.U. n. 294 del 18/12/12), le nuove emissioni di titoli di Stato aventi scadenza superiore ad un anno saranno soggette alle clausole di azione collettiva (CACs)” e tutto questo passato in totale silenzio dei media più blasonati, ma era più importante parlare delle puttanelle di Berlusconi o dell’arresto di Corona.

Cos’è il CACs? Null’altro che uno strumento che permette di cambiare le regole in corso d’opera per quelli che acquisteranno le obbligazioni di stato (BTP, CCT, BOT CTZ). In sostanza è la capacita di modificare interessi, tempi di scadenza qualora si presentasse la situazione che rendesse necessario la modifica. Come dire che lo stato può fallire. Ma come si legge lo stato è buono perché questo verrebbe applicato solo al 45% delle emissioni, ma sappiamo che iniziata una strada lo stato (questo stato) la completerà in brevissimo tempo.

In definitiva quindi lo stato prevede i suo fallimento perché previsto dal suddetto decreto, pertanto quando andate in banca e vi vogliono vendere qualche strumento finanziario alzate la soglia di attenzione e rifiutate quelle obbligazioni che siano soggette a questo decreto, oltre ovviamente a rifiutare anche quegli strumenti che la banca vi propone come suoi dato che in casa di fallimento della banca NON sono coperti dalla garanzia di stato.

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