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L’anno che verrà cosa potrà riservarci, visto le premesse?
Siamo alle porte del Terzo Conflitto Mondiale?
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Ieri indicavo che i tempi sono maturi per una terza guerra mondiale e che le grandi nazioni del globo conosciuto stanno incrociando le spade per appropriarsi delle risorse necessarie alle loro sopravvivenze.
E’ impensabile credere che nazioni “democratiche”, sulla carta, come Usa, Canada ed Europa siano pronte a sferrare un attacco preventivo contro il male assoluto come l’Iran, ma i continui messaggi, le sanzioni economiche, bancarie e finanziarie non sono portatrici di belle speranze. I messaggi inviati dai Capi di Stato suddetti sono senza speranza e senza una via di ritorno e nonostante le continue aperture iraniane all’Aiea di visitare i siti nucleari, la disinformazione guidata occidentale spinge l’altra parte del mondo ad agire per preservare la loro esistenza.
L’Iran è il terzo produttore mondiale essenziale e strategico per la Repubblica Cinese, così come anche attore nelle attività energetiche per la Russia. Un conflitto aperto occidentale contro l’Iran, sappiamo tutti, avrebbe conseguenze catastrofiche per l’intera area orientale: le forniture dell’Arabia Saudita, dei vari staterelli rivieraschi del Golfo Persico vedrebbero ridotta la loro capacità produttiva e di estrazione a causa del blocco dello stretto di Ormuz.
Già le informazioni a tal proposito non lasciano spazio alla fantasia, perché le continue minacce israeliane di bombardare i siti nucleari, i falsi complotti iraniani di assassinare un membro delle nazioni unite dell’Arabia Saudita, le misteriose esplosioni in alcune zone di Isfhan e di Shabab, la distruzione di alcuni vettori missilistici, l’uccisione di alcuni addetti ai siti nucleari e del responsabile del programma nucleare iraniano, i continui attacchi informatici tramite l’utilizzo del virus informatico Stuxnet, sono le premesse che la provocazione di Usa, Israele ed Europa stanno portando contro l’Iran per trascinarlo in una guerra totale. E’ necessario sottolineare la pazienza estrema di quel popolo che sottoposto a sanzioni vessatorie riesce comunque a non entrare nell’inganno dell’occidente.
I fatti, secondo alcune fonti, sembrano incentrarsi su alcuni avvenimenti accaduti in Qatar qualche giorno fa quando l’ambasciatore russo Vladimir Titorenko e due dei suoi aiutanti di ritorno dalla Giordania furono brutalmente assaliti in aeroporto dalle forze speciale del Qatar, della Cia e dell’MI6 (Inghilterra), i quali tentavano di impossessarsi di alcuni documenti segreti che l’ambasciatore portava con se che dimostravano l’intromissione in Siria di alcuni mercenari della fantomatica Al-Qaeda sostenuti dal governo americano di Barak Obama.
I documenti dell’ambasciatore sembrano inoltre indicare (?) che gli Usa si stiano preparando per la soluzione finale per la crisi del medio-oriente con l’utilizzo di armi nucleari e biologiche. E’ di questi ultime settimane, infatti, la scoperta – fortuita!! – di un supervirus estremamente aggressivo (una variante dell’aviaria H5N1, manipolato geneticamente), di cui ancora pare non vi siano possibilità di debellarlo. La scoperta fatta in Olanda ha suscitato notevole scalpore nel mondo scientifico.
Ma sappiamo però che gli americani non oserebbero mai attaccare i propri nemici in casa loro, specialmente se questi sanno come difendersi così che in queste ultime due settimane sono stati portati degli attacchi di prova con i droni radio-guidati da terra. Il caso vuole che i comandi americani, perennemente in preda ai fumi dell’alcool o di droghe sintetiche, abbiano perso un drone in Iran che, sotto le mani di ingegneri iraniani e russi, sta portando alla luce alcune tecnologie e “segreti” che il nemico Amalek non dovrebbe sapere. Immagino la rabbia dei generali nell’aver appreso la notizia, ma tanto è il popolo americano che paga, a loro non cambia nulla.
Il Drone catturato farebbe parte di una nuova famiglia di VAS (Veicoli Aerei Senza-umani) capaci di grande autonomia di volo, di trasportare armi nucleari tattiche (gli eufemismi si sprecano) e biologiche. Il colpo mancino inferto alle forze Usa in Afghanistan, perché da quella zona è partito il drone, sembra sia dovuto all’uso di alcune tecnologie che la Russia ha messo a disposizione degli iraniani. Si tratta di stazioni radio di disturbo (Jamers) capaci di intercettare, disturbare, rompere e scoordinare le emissioni radar dei velivoli e dei missili lanciati, sia di intercettare le deboli emissioni radar che i velivoli invisbili (Stealth) sono in grado di produrre.
Come spesso ho indicato, le pedine stanno posizionandosi al loro posto ed ora si è in attesa della scintilla, quella che porterà il medio-oriente ad una guerra della quale non si conoscono i limiti.
Quali saranno le alternative per il mondo occidentale, impreparato per uno scenario del genere? Io credo che se facessimo un passo indietro nella storia di questi ultimi decenni, fino agli anni 70 si capirebbe che allora percepimmo solo una minima parte di quello che invece potrebbe accadere oggi. Gli attori di allora erano Arabia Saudita, USSR ed Usa, la Cina era ancora troppo indietro e il suo peso nello scacchiere internazionale a livello finanziario e militare era per lo più irrilevante. Inoltre a quell’epoca le mosse in ballo erano focalizzate alla supremazia delle risorse energetiche del golfo persico ed il peso che l’URSS esercitava era un deterrente di notevole entità, mentre adesso oltre a queste sono in ballo i disegni geopolitici dell’intero oriente e medio-oriente.
Il Golfo Persico e lo Stretto di Ormuz diventerebbero un cimitero di navi, il canale di Suez sarebbe presidiato dalla flotta americana e israeliana con l’appoggio degli egiziani (ricordiamo che nei pressi di Alessandria d’Egitto è presente una immensa base americana sotto il nome di Mubarak Military City), la maggior parte delle forniture di petrolio sarebbero costrette ad immensi viaggi dai costi proibitivi e i prezzi dell’energia andrebbero alle stelle. La Siria sarebbe devastata dai continui bombardamenti aerei “umanitari” della Nato e di Israele con perdite umane e architettoniche di inestimabile valore. La Turchia ingaggerebbe una serie di attriti con la Russia per il dominio marittimo sul Mare Egeo e dello Stretto dei Dardanelli, costringendo la flotta del Mar Nero a forzare il passaggio per aiutare la Siria con conseguenze impensabili (ricordiamo che la Turchia fa pare della coalizione della Nato e sul tavolo potrebbe sicuramente vantare qualche velleità sugli ex territori del passato impero Ottomano). Le conseguenze di tutto questo aumento porterebbe ad una soluzione economica impossibile per tutta l’Europa costretta a fare i conti con prezzi inaccessibili e la maggior parte della popolazione sarebbe costretta a dichiarare fallimento, incapace di autodeterminarsi, perché succube delle politiche suicide del patto Atlantico di Israele, Usa e Inghilterra. Anche il gasdotto russo verrebbe chiuso costringendo l’intero sistema occidentale ad entrare in un periodo buio senza eguali nella storia.
Possiamo permetterci questa visione possibile? Nel modo più assoluto: No!
Però c’è chi ci gioca, c’è chi insiste e chi determina il nostro futuro e quello della nostre generazioni future. Questi sono quei personaggi che popolano l’Olimpo della politica e della finanza, persone che non hanno mai avuto nessuna remora a sterminare 1/100/1000 e più vite. Persone senza fede, senza morale, il cui unico scopo è il potere per il potere, fine a se stesso. Persone animate da una malattia sanabile solo con il braccio secolare della giustizia umana che non dovrebbero popolare ed albergare i nostri palazzi del governo o quelli di altre nazioni; persone capaci di tali misfatti che se compiuti da un singolo cittadino anche il papa vorrebbe veder penzolare dalla forca.
Eppure essi esistono, stanno annidati come virus nelle pieghe della politica, del tessuto sociale ed economico che ci circonda; sono esseri pronti ad attivarsi appena se ne presenti l’occasione, senza uno scopo “biologico”, perché un virus naturale mai si sognerebbe di distruggere il suo ospite, altrimenti che senso avrebbe la sua funzione? Peggio dei virus, quindi! Che solo il fuoco o una concentrazione altissima di radiazioni gamma potrebbe eliminare.
A parte questa elucubrazione, i fatti suddetti non sono pensieri personali e nemmeno indottrinamenti forzati, ma fatti. Ogni guerra passata è sempre stata preceduta da movimenti e da scaramucce in attesa dell’evento giustificatorio, le ultime delle quali ci danno un bel esempio (Libia, Kossovo, Serbia, Afghanistan, Iraq, Pakistan, ecc.). Così lo è stato per il I° conflitto mondiale (Sarajevo) e così lo è stato per il II° conflitto (le bande armate ebraico-sioniste pagate dall’Inghilterra e dagli Usa in accordo con Stalin che sterminarono migliaia di tedeschi in Polonia e Danzica spingendo la Germania all’intervento). Siamo quindi sull’orlo del baratro e ogni evento che accadrà nei prossimi mesi potrà innescare quella scintilla che falcidierà milioni di persone.
L’anno 2012, al di là delle funeste previsioni dei maghi o dei catastrofisti, se non avverranno eventi che invertano la rotta di collisione, non sarà sicuramente un anno di cui andare fieri. Le politiche internazionali a tali proposito, sia dell’Italia che degli altri paesi europei, non lasciano spazio a voli pindarici. Il governo attuale pare quasi fatto apposta per preparaci ai prossimi sacrifici che andremo a conoscere, poiché nessuno delle forze politiche attuali è intenzionata ad andare alle urne o di cercare una soluzione diplomatica e da ogni parte si avverte che è meglio attendere il 2013, la scadenza formale dell’attuale esecutivo. In Francia, in Germania e in Inghilterra le cose non vanno meglio e dall’altra parte della cortina europea, in Russia, le prossime elezioni di Putin fanno intendere che venderà cara la pelle. In Cina sono decisi a difendere la loro autonomia energetica, ma sopratutto geopolitica con ogni mezzo contro lo strapotere egemonico degli Stati Uniti. Non ultimo l’aspetto funesto delle attività della Corea del Nord che, adesso, al cambio del potere getterà scompiglio in uno scacchiere che ormai non è più gestibile.
Sul tavolo del Risiko reale c’è una popolazione di oltre 7 miliardi di persone che in un battibaleno potrebbe essere ridotta a pochi milioni (2 miliardi è il suggerimento dei malthuisiani, seguaci dei Rockfeller e della setta dei Rothschild).
La guerra incombe
Mentre i nostri politici sembrano irrisolvere i nostri problemi, la guerra incombe sulle nostre teste.
Mancano pochi attimi alla scintilla…ne vedremo delle belle.
Ritirate i vostri risparmi, comperatevi moneta straniera: dollari, franchi svizzeri, corone danesi, norvegesi e svedesi, dollaro australiano; comperate oro od argento e nascondetelo dove vi aggrada.
Comperatevi i generi di prima necessità: fiammiferi, candele, sale, zucchero, gasolio e benzina, carne secca, scatolame e quant’altro necessita per chi non ha un pezzo di terra da coltivare, perché tra poco, molto poco, i potenti della terra ci sommergeranno della peggiore schifezza che mai abbiano pensato.
E come quell’infame personaggio che alberga al Quirinale disse: “Ci aspettano tempi difficili, sopratutto per l’Italia…” non lasciamo che siano questi immondi filibustieri a guidare le nostre vite. Abbiamo già dato, è ora di gettarli giù dalla rupe Tarpea, senza ignominia, senza timore di compiere nessun misfatto, perché essi stessi sono il crimine, essi stessi sono la illegalità. E’ compito del popolo italiano liberarsi di questo peso insopportabile che ci opprime e ci devasta da oltre 60 anni. Ma essi, così’ come altri politici europei sono solo delle convenienti marionette che verranno spazzate così come spazzeranno anche le nostre vite.
La marina cinese e l’esercito cinese è pronto alle armi, anche a costo di una terza guerra mondiale, queste le dichiarazioni di Zhang Zhaozhongin difesa delle dichiarazioni degli Stati Uniti e di Israele di attaccare l’Iran e la Siria. I nostri media, servi pennivendoli, non riportano questo per non creare allarmismo, ma la realtà e ferocemente vivida e noi, complici involontari, accettiamo passivamente le scelte di un governo tecnocratico ed insignificante di un’azione che porterà l’intera umanità ai primi vagiti della civiltà.
Ref: war to Syria & Iran
Fiat, Marchionne, Imprenditoria…e la società che fine ha fatto? (Parte II°)
SECONDA PARTE
E’ possibile quindi trovare una via d’uscita?
In queste condizioni, senza nessuna regola e senza un lavoro attuato di comune accordo e sopratutto all’interno di una comunità europea amministrata dai fautori del mercato libero e della libera e spietata concorrenza, non ci son altre soluzione che la guerra commerciale fino all’ultima goccia di sangue. Il più forte vincerà sempre e comunque sul più debole. E’ la legge della giungla, ma è anche la conseguenza di una politica economica e commerciale che non ha voluto tenere conto dei rapporti di cambio tra il mondo occidentale e quello orientale. Infatti come possiamo competere con paesi il cui costo della manodopera è volutamente tenuto ad un livello così basso che nemmeno nel nostro dopoguerra era possibile? Come possiamo pensare di potere avere una competitività aggressiva con paesi con prezzi delle merci dai valori improponibili per una società odierna occidentale? Pensiamo alle semplici scarpe fatte in Cina o in Vietnam in cui si riescono anche a spuntare prezzi di poco inferiori a 3/5 dollari al paio, mentre successivamente troviamo sui scaffali le stesse scarpe vendute a 100/150 euro. Sono evidenti i divari e la grossa fetta di guadagno che nel percorso produttivo, hanno avuto i diversi attori. Ma anche la stessa Cina si trova adesso nelle stesse condizioni di spuntare prezzi più bassi rispetto a quelli che fino a qualche anno fa li vedeva primi nel mercato. E’ in atto infatti una delocalizzazione proprio del settore delle scarpe in Africa, in Nigeria, dove lì i prezzi, a causa della infinita povertà di quella popolazione, potranno compensare gli aumenti dei costi in patria cinese. Però anche questo espansionismo cinese è in continuo attrito con le realtà africane poiché «contano solo le materie prime: l’uomo africano e il suo sviluppo integrale importano poco. In queste condizioni è impossibile creare un mondo che favorisca e promuova la convivenza». Va comunque detto che rispetto agli sfruttatori europei ed americani, i cinesi, da bravi commercianti, qualche piccola cosa la riescono anche a dare, come la costruzione di chiese, la stampa di bibbie o altre piccole cose che hanno il sapore delle collanine e degli specchietti che gli europei portavano ai popoli barbari nelle Americhe.
La stessa cosa è accaduta anche nella patria del libero commercio e del libero scambio e così in Usa centinaia di migliaia di persone si sono trovate a casa senza un motivo e senza un ammortizzatore sociale: le aziende Usa spinte anch’esse dal maggior guadagno e dalla facilità con la quale potevano sbarcare in oriente hanno chiusa baracca e burattini, tagliando di netto i rapporti interni con le proprie maestranze.
E’ evidente che la prima perdita in assoluto è la qualità della manodopera che nel corso degli anni si era affinata, si era migliorata ed aveva perfezionato tutto un insieme di caratteristiche che faceva dell’Italia un luogo invidiato. Ma l’impresa non sa resistere all’odore del profitto e le forze politiche non sanno imporre una sana politica della difesa del lavoro e del mercato interno se non scendendo a compromessi che non fanno contenti nessuno, ma che hanno portato allo sfascio del lavoro per tutti.
E’ possibile che in questo marasma si possa trovare una soluzione, non facile per alcuni, ma sicuramente più idonea alla collettività, che dal lavoro e dalle attività industriai riceve il suo sostentamento. Una possibilità è sicuramente la responsabilità dell’imprenditore e un’altra è quella del lavoratore. Non voglio entrare in concetti politico sociali a favore di nessuno dei due, perché ogni uno è un elemento costituente dello stato e partecipa allo stesso con le proprie forze.
Sappiamo quindi che dal codice civile (Art. 2082) si definisce imprenditore colui che esercita un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, mentre il lavoratore è colui che svolge un’attività manuale o intellettivo a scopo produttivo.
Sostanzialmente tra le due figure le differenze stanno in alcune parole “attività economica organizzata” togliendo le quali, le definizioni si equivalgono.
L’onere dell’imprenditore è quello di svolgere un’attività economica organizzata, mentre quella del lavoratore è quella di svolgere un’attività a scopo produttivo: manca il termine organizzata, ovvero il lavorate è quello che non organizza al fine di produrre, ma compie un lavoro che lo porterà a produrre. No so voi, ma sembra che si sia voluto battere l’acqua nel mortaio.
Le due figure, secondo l’attuale sistema, sono quindi agli opposti e mai potranno convergere agli stessi risultati. Nella realtà sappiamo che le due figure non sono disgiunte e che una non può esistere senza l’altra, tutte e due sono tra loro reciproche, con compiti diversi, ma con lo stesso punto di arrivo: la produzione e quindi il profitto.
Va da se quindi che in una revisione di questo sistema “capitalistico” e, si badi bene, non feudale, ad ogni sobbalzo dei mercati e del flusso dei capitali quello che ne subirà gli effetti negativi sarà il lavoratore e il piccolo imprenditore-lavoratore. In questo sistema è quindi necessario capire che esso si autoalimenta per quello che potremmo definire il “respiro-del mercato” in cui ad espansioni interne di mercato si contrappongono diminuzioni e restrizioni in altre zone e il mantenimento di questo schema permette, ovviamente all’imprenditore, di non essere mai responsabile delle sue attività all’interno della collettività in cui esso si colloca, perché come abbiamo visto l’unico scopo dell’imprenditore è solo ed esclusivamente “organizzare” il profitto. Per contro al lavoratore non resta che la semplice fruizione della sua attività produttiva, senza la quale egli non potrà percepire il punto comune dei due attori del sistema produttivo.
E evidente che in queste condizioni la società non avrà mai la possibilità di miglioramento e di espansione atta a portare un beneficio a tutti i componenti della società stessa, poiché durante quei momenti di espansione l’attenzione sarà puntata alla massimizzazione dell’utile, mentre nei momenti di restrizione l’attenzione sarà focalizzata alla riduzione della voce “costo” che è una componente del profitto stesso: minor costi maggiori profitti.
In epoca medioevale in un periodo che va dal 780 al 1500 nella zona compresa tra Rovigo-Chioggia-Padova esisteva un immenso territorio, buona parte del quale paludoso, sommerso dalle acque salmastre della laguna veneziana e soggetto alle innumerevoli inondazioni dei diversi fiumi che lo solcavano. In questo territorio i padri Benedettini di Santa Giustina a Padova iniziarono un estenuante lavoro di bonifica e di risanamento che durò per quasi 600 anni. In questa lunga e certosina opera forti della loro eredità cistercense, riversarono la forza e la dedizioni alle migliaia di famiglie che in quelle terre inospitali (la malaria era la regina incontrastata) cercavano un sostegno ed un riparo per una vita onorevole. (I padri benedettini e la loro attività agricola in saccisica)
L’opera eccelsa di questi padri fu quella di coinvolgere tutte le forze lavoro dell’epoca fornendo loro tutto quello di cui avevano bisogno: attrezzi agricoli, ripari, case, sostegno alimentare, oltre ad una paga giornaliera. Nessuno era escluso ed ognuno portava il suo contributo per il miglioramento della collettività e in cambio la comunità benedettina non lesinava a dare in comodato pezzi di terra a quelli che intendevano stabilirsi permettendo a questi di integrarsi nel territorio migliorandolo con il proprio lavoro: potremmo definirla una società di mutuo soccorso, nella quale ogni elemento della stessa partecipa anche marginalmente, al suo miglioramento.
L’esempio seppur scarno, è sufficiente per capire che in una società nessuno è estraneo al suo perfezionamento ed ognuno è responsabile – nella società – per l’attività che egli svolge. Non c’è uno migliore dell’altro in senso assoluto, ma tutti, ugualmente, anche se in misura frazionale, contribuiscono al fine di migliorarsi e di migliorare il luogo in cui vivono. Non si tratta di entrare nei meandri del becero comunismo o di un nazionalismo esasperato, ma semplicemente dare a tutti la possibilità di partecipare alla crescita economica-sociale e personale di una società, nessuno escluso.
Per fare questo però sono necessari dei cambiamenti radicali. Uno tra i primi è la responsabilità sociale dell’imprenditoria che attualmente la vede estranea, e compartecipe alle difficoltà solo marginalmente, perché in essa è sempre presente lo sguardo in quei luoghi dove l’egoismo e l’avidità umana possano esplicarsi al massimo. Questa responsabilità non si ottiene semplicemente con un semplice tratto di penna, ma con un’attività educativa che sia funzione dell’uomo, della famiglia e della scuola, mancando i quali si ottiene quello che abbiamo sotto gli occhi.
I tempi però sono ormai limitati e non v’è spazio per troppe sofisticherie, perché non solo potremmo perdere l’occasione, ma saremmo costretti a fare un salto all’indietro con conseguenze catastrofiche in tutti i settori. Come già detto la perdita di migliaia di posti di lavoro, la conseguenza carenza di impieghi stabili e della possibilità di mettere a frutto le proprie esperienze porterà nel corso degli anni ad un “imbarbarimento” di quella classe di persone che erano invece il perno principale produttivo dell’Italia: si pensi, ad esempio, al settore artigianale, al tessile, a quello calzaturiero, senza dimenticare i distretti del legno di Manzano, della Brianza o Marchigiano che nel corso di decenni hanno sfornato prodotti invidiati e acquistati solo perché italiani. Ma non sono solo questi i componenti del sistema produttivo italiano, ma anche quello alimentare ed agricolo che per l’effetto della forzata industrializzazione dell’Italia (legassi Fiat e settore dell’acciaio e chimica) e dell’apertura ad est della comunità europea, ha visto l’abbandono delle campagne con il conseguente degrado del territorio. Degrado tanto maggiore quanto più evidente con i dissesti che riscontriamo ad ogni stagione con qualche semplice pioggia.
Questa mancata responsabilità politico-sociale ed imprenditoriale rende assolutamente necessario correre ai ripari, il più rapidamente possibile. Sono finiti i tempi delle stupide ed inutili discussioni che quotidianamente assistiamo o sulle avventure di qualche politico ormai al tramonto; sono quindi necessarie prese di posizione e la ricerca di soluzioni che diano al complesso Italia una via d’uscita da una distruzione che non avrà ritorno. Tutti sono chiamati in causa, perché è un problema comune che coinvolge tutti. E tutti dovremo rivedere le nostre necessità, i nostri doveri e i nostri diritti, imprenditori e banche comprese.
E’ un non senso pensare che tutti siano agricoltori, tutti industriali o tutti dottori. Ogni persona ha le sue capacità di esprimersi e di essere per quel che è, e queste vanno sempre sostenute ed incoraggiate al fine di migliorare la società a cui apparteniamo. In questa revisione sociale la parte del padrone la fa l’Imprenditoria che deve essere sostenuta ed incanalata a supportare le forze sociali senza quel aiutino che lo stato e la falsa politica sociale ha fino ad ora adottato. Ogni attore dello stato deve assumersi le sue responsabilità e rendere conto alla comunità di ciò che fa e di ciò che non fa.
E’ troppo facile prendere baracca e burattini ed abbandonare quelli che fino a ieri hanno concorso al benessere: do ut des!
Fiat, Marchionne, Imprenditoria…e la società che fine ha fatto? (Parte I°)
FMI, nuove crisi e sostegno alle economie
Il capo del Fondo Monetario Internazionale nelle ultime dichiarazioni è stato abbastanza sibillino:
“La ripresa e’ in corso, ma non e’ quella che vogliamo perche’ si basa su tensioni che possono spargere i semi della prossima crisi“. In particolare, per Strauss-Kahn, l’attuale ripresa sta facendo emergere sia squilibri tra Paesi sia squilibri all’interno dei singoli Paesi. ”C’e’ uno sviluppo preoccupante: sta riemergendo il modello pre-crisi degli squilibri mondiali. La crescita in Paesi con un grande disavanzo verso l’estero, come gli Usa, e’ ancora guidata dalla domanda interna. I paesi che invece hanno un avanzo con l’estero, come Cina e Germania, sono ancora legati all’export: questi squilibri globali mettono a rischio la sostenibilita’ della ripresa”.
Ma gli squilibri dell’attuale ripresa economica mondiale potrebbero gettare i semi di una nuova crisi.
I misteri di questa frase potrebbero essere letti che ciò che preme al FMI non sono tante le economie in se, ma che il vero interesse sta nelle economie in via di sviluppo, come la Cina, nelle quali gli sviluppi (leggasi investimenti a debito) siano capitalizzati dalla leva della domanda esterna.
Infatti proprio a seguito dei disastri egiziani il FMI per voce del suo massimo esponetene Strauss-Kahn, ha affermato che “e’ pronto ad aiutare nel definire la strategia economica che potrebbe essere messa in campo” (leggasi: indebitare con i prestiti capestro la nazione Egitto).
Fiat, azienda privata di Stato.
Quello che sta accadendo è il prodromo di un mercato della carne umana a valore di saldo. All’Italia non serve la qualità, ma serve un’industria che sappia far lavorare le macchine e quando serve, se servirà anche gli uomini, pardon, le macchine-uomo.
La guerra che in questi mesi si combatte – ma che viene da molto lontano, all’epoca della scelta di Fiat di approdare in Usa – è molto probabile che vedrà vincitore l’italo-canadese di Sergio Marchionne.
I conti sono presto fatti “O fate come voglio io o chiudo“.
L’epoca dei padroni con la frusta, con la minaccia del licenziamento o quando peggio dello stupro di fabbrica sul personale femminile, non ha mai termine e anche adesso nel XXI° secolo il lupo perde il pelo ma non il vizio. Comanda lui, è a casa sua e della “sua” azienda fa quel che vuole, anche contro migliaia di persone che per decenni hanno contribuito a fare guadagni stellari.
Molti lamentano i guadagni dell’amministratore Marchionne (190.000.000 di euro all’anno) che sicuramente sono altissimi – €. 520.547 al giorno – ma dimenticano che in decenni la Fiat ha ricevuto dallo stato italiano (tutti noi) diverse centinaia di miliardi praticamente a fondo perduto e che nello stesso tempo, proprio per il problema di dove piazzare le migliaia di lavoratori che la Fiat intendeva sbolognare, si è sfruttata senza il minimo controllo la vera panacea per i mali dei padroni: la Cassa Integrazione (pagata in minima percentuale dalle aziende).
E’ pacifico quindi, se si aggiungono i miliardi pagati dall’INPS a favore dei dipendenti della Fiat in Cassa Integrazione e quelli percepiti come finanziamento agli investimenti, successivamente dismessi e ripagati a tassi insignificanti, l’azienda torinese e con essa il nocciolo azionario di potere (famiglia Agnelli), ha realizzato un guadagno che ha avvantaggiato solo la Fiat, ma ha limitato lo sviluppo di tutte le altre nel poter usufruire degli stessi vantaggi.
Come si sa Marchione ha posto una linea di confine netta e senza troppi fronzoli, sapendo benissimo che il lavoro in Italia è scarso, che la fame è tanta e che la gente è ormai abituata ad avere tante cose, spesso inutili, ma che danno loro la sensazione di sentirsi “signori“, quando invece sono impelagati in una rete di schiavitù. In questa situazione il bravo lavoratore di Marchionnesi si è posto dietro alla bestia: il licenziamento delle maestranze, ovvero prendere per le palle la bestia (i lavoratori) serrare la mano in maniera molto forte e fare schizzare gli occhi dalle orbite finché decideranno per il sì.
Lo stato latita.
Assenza, nessuna dichiarazione se non da qualche lecca-culo di turno della qualità di Sacconi (traditore delle sue origini socialiste) o di qualche animoso, ma ben foraggiato sindacalista quale Bonanni e Angeletti; la Musso urla, sbraita, ma tutti prodighi nel dimostrare che la teoria di Marchionne è quella giusta e che la Fiom che pare l’unica voce fuori dal coro con Airaudo e Landini, a spiegare quello che effettivamente non va, ma perennemente accecata dalla lotta di classe, anche se la sensazione è che sia uno strillo “guidato” fatto apposta per portare le masse a votare sì).
Tutti perdono di vista una unica cosa, sacra come la vita di tutti che compongono questa questione: può un’azienda con migliaia di persone agire in maniera dissennata e chiudere in quattro e quattrotto gli stabilimenti lasciando sul lastrico personale, aziende terziste e quant’altro?
Qual’è il valore capitale di un’azienda che suppone di aver una maggior dignità dei suoi collaboratori (alias, schiavi) e di tuttuo l’indotto che ha creato nel corso dei decenni? Possibile che anche lo stesso Chiamparino – sindaco di Torino – supinamente accondiscenda alla capitalistica azione sfruttatrice di un’azienda venendo meno alle sue origini comuniste e alla socialità del lavoro?
Insomma il valore di un’azienda non si traduce solo con il profitto, che è sacro, ma anche nella integrazione con il territorio, con la società in cui l’azienda è inserita; e la tela creata dalle sue attività sono la trama sana sulla quel nessuno potrebbe scherzare, tanto meno i governanti che avrebbero l’obbligo di porre un freno e un ALT alle scelte criminali e speculative di Marchionne. Si è cercato il paravento della partecipazione collettiva degli utili dell’azienda prendendo per il collo miglia di persone e un intero paese.
Lo spessore della qualità di un’azienda si vede da quello che produce e da come lo produce, non solo dagli utili, che spesso vengono celati per finire poi in stipendi stellari, mascherati come costi; la qualità è anche quella della vita di chi partecipa attivamente alla produzione, al benessere degli imprenditori e delle loro famiglie e non è solo quella del pezzo finito fine a se stesso.
E pertanto evidente che in una globalizzazione selvaggia a vantaggio di alcuni piccoli cialtroni, ladri di polli con le scarpe sporche e l’alito fetido, non si possa pretendere che abbiano attenzione per chi (gli operai) come loro hanno investito una vita di lavoro dando sangue e sudore per il benessere (spesso sbilanciato) a tutti, imprenditore compreso.
Il valore sociale di una qualsiasi azienda è pertanto preminente sugli interessi privati, anzi è proprio nelle grandi aziende che l’interesse privato deve stemperare la sua perenne ed agoniata idea dell’utile, costi quel che costi. In quest’ottica che non deve leggersi come un’idea comunista, ma bensì nel concetto di divisione degli utili affinché tutti siano equiparati allo stesso livello di renanio ricordo. L’operaio mette la sua faccia, il suo corpo, il suo studio, la sua abilità e la sua forza fisica per il lavoro, in cambio riceve una paga spesso sottodimensionata, per contro l’imprenditore investe del denaro, del capitale “umano” fatto di persone che conoscono le strategie per affrontare il mercato e per spiazzare la concorrenza e tutte e due le figure concorrono per un unico obbiettivo: il proprio benessere.
La differenza però è accentuata in maniera evidente perché nel caso del fallimento aziendale accade sempre che l’operaio rimane a casa, si trova in strada e se ha fortuna troverà un lavoro pagato meno ed a tempo determinato. La sua famiglia ne soffrirà, ma questa è una regola del gioco.
L’altro, l’imprenditore, che spesso ha costituito la sua ditta come SRL, SPA, SAS una volta che l’azienda chiude accade spesso che la riapra sotto altro nome e con un numero di personale più basso e meno pagato di prima, quando va bene, ma spesso, dopo anni di sudorati guadagni (?) ed avendo già messo al sicuro il suo gruzzoletto, potrà godersi gli ultimi anni di vita senza patemi d’animo.
La differenza sta proprio lì: uno investe se stesso, l’altro investe cose d’altri e sopra ci gudagna pure. Alla fine dei conti chi ci guadagna è spesso solo ed esclusivamente l’imprenditore.
Si può cambiare? Sì! E’ sufficiente che i suddetti sindacalisti facessero meno i lecca-culo e lavorassero per il bene NON delle maestranze, ma per il benessere della società in cui siamo inseriti, ovvero che attuassero una piccola riforma sulle società annullando qualsiasi sigla rimettendo agli imprenditori la propria responsabilità personale in tutto quel che fanno. Invece sappiamo che le resposanbilità aziendali hanno cavilli giuridici e societari così complessi che spesso non entrano nemmeno nelle aule del tribunale fermandosi alla conciliazione tra le parti. Basterebbe questo, ma sappiamo che lo stato odierno è compiacente o alimentato da quella classe di idocchiosi che credono di essere la colonna portante della nostra economia, ma che altro non sono che una semplice masnada di filibustieri travestiti da imprenditori con la evve moscia.
La povertà imperversa, ma c’è chi presta soldi.
Sembrerebbe una cosa banale, ma non lo è.
La BCI (Bacna Europea degli Investimenti) ha concesso un prestito alla Cina per sovvenzionare e sviluppare tutti i quei settori ad alta tecnologia e per lo sviluppo delle energie alternative pari ad un valore di 500 milioni.
E’ pacifico che quegli inetti della Comissione Europea, quegli sfaticati di cui nessuno conosce il nome, a parte il sempre presente massone di Barroso, hanno deciso di aiutare la Cina ad uscire dal pantano delle energie necessarie a far funzionare il paese, già, ma a noi chi ci pensa? E mentre i paesi europei fanno fatica a a far quadrare i conti per le sempre più intrigate manovre finanziarie c’è qualcuno che in accordo con tutti se ne infischia e presta IL NOSTRO DENARO alla Cina per I SUOI INTERESSI.
Non importa, l’importante è comunque creare un polo, a noi concorrente, al quale “prestare” del denaro. Se poi è tale da farci concorrenza si attueranno altre soluzioni, intanto portiamo a casa il nostro sudato “interesse”.
Ma a questa gente che compie delle budellate del genere cosa si dovrebbe fare? E come se non bastasse tra i conti della BCE il Financial Times ha scoperto un gruzzoletto niente male: 350 miliardi di euro.
Provate ad indovinare a chi andranno questi soldi!
La gente dice…