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Un Eni.gmatico downgrade
In un articolo passato avevo affermato che l’attacco l”attacco alla Libia condotto da Francia, Inghilterra e successivamente dai vili italiani (non tutti concordi su questa vigliaccata!!), avrebbe prodotto una rottura negli equilibri economici e finanziari del nostro paese, sopratutto in quelle aziende maggiormente esposte.
Proprio oggi, una agenzia di “rating” europeo la Fitch ha declassato la valutazione della nostra azienda Eni da AA- ad A+, questo scrive Milano Finanza in un articolo.
Avevo scritto anche che uno degli obbiettivi o se vogliamo dirla tutta – una delle conseguenze volute del putiferio che sta accadendo in Libia – era quello di fare spezzatino dell’Eni, azienda che si vede impegnata in moltissimi fronti economici e finanziari con risultati stellari in zone e settori che vedono invece escluse altre industrie ed aziende straniere, come ad esempio gli accordi internazionali tra Russia e Italia (leggasi Southstream) in cui Eni e Finmeccanica hanno già avviato e siglato contratti miliardari, oppure alcuni accordi fatti da Finmeccanica con alcuni paesi arabi (Arabia Saudita, Pakista e Qatar) per la consegna di alcune velivoli senza pilota escludendo da questo pacchetto miliardario alcune aziende israeliane ed americane.
Il dowgrade di Eni, secondo l’articolo, riflette l’andamento dei problemi africani e dell’esposizione che l’Eni ha in questa parte del mondo che influisce per il 33 % della sua produzione contro un 39% sul risultato netto e con un indebitamento che è passato da 24,8 a 27 miliardi.
Nei fatti quello che più impressiona di questo abbassamento della valutazione della nostra azienda è che se la si confronta con altre europee si riscontra che forse non è poi messa molto male, ma la sua presenza massiccia in Libia è una spina al fianco ad alcune sue concorrenti (BP e Total) che invece spingono all’esclusione del colosso italiano negli affari libici.
Credo sia interessante notare come gli insorti di un paese ricco e alfabetizzato siano proprio quelli che appartengono ad una regione dove c’è l’80% della ricchezza libica : la Cirenaica. Regione questa che vede maggiormente attivi gli interessi della Banca del Qatar e delle summenzionate aziende.
Fine della sovranità nazionale.
Molti ancora non se ne sono resi conto, ma questa forza di polizia che leggerete nell’articolo sotto è ora operante a 360°. Il potere è assoluto e se vogliamo fare un paragone, è come paragonare la FEMA americana assieme alla NSA.
Siccome ora i tempi per mettere in campo questi cani da guardia è arrivato dobbiamo aspettarci qualcosa che avrà il sapore di arresti improvvisi, senza un atto d’accusa, senza una prova, ma solo dei sospetti. L’esatta copia di quella che gli Usa hanno fatto con l’approvazione dell’ultima legge sulla libertà personale il National Defense Authorization Act.
Gente! Aprite gli occhi e non fatevi infinocchiare come altri blogger riportano, i quali considerano questo genere di “arma” una specie di Interpol o FBI, per altra senza entrare nello specifico. Questo è un corpo superiore alla polizia militare, alla polizia locale e alla Interpol. Chiamiamola polizia politica con compiti militari atti a “redimere” quelle società/popolazioni/gruppi sociali che non si piegano ai voleri di un potere che nessuno ha voluto e che nel caso europeo è rappresentata dalla Commissione Europea composta da persone che nessun europeo ha mai votato…chiedetevi chi è stato allora e date uno sguardo al retroterra dei loro sostenitori per capire meglio.
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Sicuramente molti di noi non conosceranno il trattato di Velsen che è stato siglato il 18 ottobre del 2007. Alla fine con tutti i trattati che vengono stipulati e ratificati non ci si raccapezza più, no?
Beh, in questo caso sarebbe opportuno che le forze politiche italiane e i vari mezzi di informazione, relazionassero su questo trattato e di come è stato realizzato.
In sostanza è un accordo tra alcuni paesi dotati di Polizie militari: Francia (Gendarmerie), Spagna (Guardia Civil), Portogallo (Guardia Nacional) e Olanda (Marechaussée) e ovviamente, per l’Italia, i Carabinieri. Da questo trattato è nato Eurogendfor una sorta di polizia sovranazionale che controlla tutto e tutti, “una forza «pre-organizzata e dispiegabile in tempi rapidi» e capace «di eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi». Ovviamente ci si domanda quale crisi si intende quando dicono “gestione delle crisi” .
I compiti di questo misterioso corpo paramilitare di polizia secondo l’art. 4) del trattato di Velsen:
- quello di condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico;
- monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l’attività’ d’indagine penale;
- assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività’ generale d’intelligence;
- svolgere attività’ investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità’ giudiziarie competenti;
- proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici;
- formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali;
- formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazione.
A commento degli articoli sopra citati mi viene il dubbio del doppione delle attività della polizia con questi compiti. Ma vediamo anche l’art. 5) cosa recita:
EUROGENDFOR potra’ essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche.
Da questo si evince quindi che le forze messe in campo potranno operare anche in settore e aree differenti da quelle europee. Il fatto stesso che si precisi la presenza della Nato o di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche non lascia spazio a dubbi: la costituzione di una sorta di super-polizia sovranzionale con compiti extra-territoriali e non specificatamente rispondenti alle leggi dei diversi stati.
Ma chi comanda questa super-polizia? Il CIMIN che è un organo composto da personale nominato dal ministero della Difesa ed Esteri esercitando il controllo politico sulla nuova super-polizia e le condizioni di ingaggio. In sostanza il EUROGENDFOR non risponde a nessun parlamento, né nazionale, né europeo, ma solo ed eslusivamente al CIMIN.
Questo è il fatto più grave in assoluto, poiché secondo il disegno di legge 3083-A e successiva Legge n. 84/10 del 14 maggio 2010, GU n. 134 del 11 giugno 2010, passata al Senato in assoluto silenzio, si scopre che Eurogendfor (già assolutamente attiva e funzionante benché l’Italia ancora non abbia ratificato), SOSTITUENDO e/o rinforzando le forze di polizia aventi status civile, può compiere un ampio spettro di attività. E come se non bastasse, sempre secondo il Trattato di Velsen all’art. 19) si legge che
- Se utilizzati per ragioni d’istituto, i beni, i redditi ed le altre proprieta’ appartenenti ad EUROGENDFOR sono esenti da qualsiasi forma di tassazione diretta.
- Gli acquisti di beni o servizi di consistente importo da parte di EUROGENDFOR per uso ufficiale sono esenti dall’imposta sul volume d’affari e da altre forme di tassazione indiretta.
- L’importazione di beni e merci destinati ad uso ufficiale da parte di EUROGENDFOR è esente dal pagamento dei dazi doganali e da altre forme di tassazione indiretta.
- I veicoli di EUROGENDFOR destinati ad uso ufficiale sono esenti da tasse di immatricolazione ed automobilistiche.
Una pacchia totale!
Ma quello che è l’ossatura della super-polizia è
l’art. 21) Inviolabilita’ dei locali, degli edifici e degli archivi;
l’art. 22) per l’immunità dei provvedimenti esecutivi (nessuno potrà fare causa all’ EUROGENDFOR )
l’art. 23) comma 3 Le comunicazioni indirizzate ad EUROGENDFOR o da questa ricevute non possono essere oggetto di intercettazioni o interferenza.
l’art.28) i Paesi firmatari rinunciano a chiedere un indennizzo per danni procurati alle proprietà nel corso della preparazione o esecuzione delle operazioni. L’indennizzo non verrà richiesto neanche in caso di ferimento o decesso del personale di Eurogendfor;
Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello per i sottufficiali, mentre i graduati passeranno direttamente alle dipendenze del CIMIN. In altri termini è stata creata una sorta di struttura militare sovranazionale che potrà operare in qualsiasi parte del mondo, sostituirsi alle forze di Polizia locali, agire nella più totale libertà (leggi immunità) e che, al termine dell’ingaggio, dovrà rispondere delle sue azioni al solo comitato interno.
Uno degli aspetti inquietanti è la sede scelta per Eurogendfor: la caserma dei carabinieri «Generale Chinotto», che si trova a Vicenza. La stessa città dove è situata la più grande base militare statunitense in Italia, base che non è a disposizione della NATO ma soltanto del Pentagono, che vi mantiene un buon numero di testate nucleari.
Credo che ogni italiano con la propria ragione sappia distinguere tra ciò che è bene e ciò che è male e per quelli che ancora hanno capito di cosa si tratti consiglio di leggersi di nuovo l’articolo, perché siamo arrivati ad un punto di non ritorno di orwelliana memoria.
Fonti: stampalibera.com – paolofranceschetti – eurogendfor – governo.it – europa.eu
Centrata una scuola per bambini Down.
L’azione umanitaria si vede da molte cose, una tra queste è quella di aver sterminato tre nipoti e il figlio più giovane di Gheddafi. Su questo non ci sono dubbi: gli aerei della Nato quando colpiscono, colpiscono duro e non fanno sconti a nessuno.
Infatti queste incursioni (Strike) hanno centrato un’abitazione del sanguinario dittatore eliminando una parte della sua famiglia. E’ così che si fa, dai! Non se ne poteva più con questa genia di persone che credono di avere il mondo in mano per un po’ di petrolio, e che diamine!!!
Ma…l’umanità della Nato è senza limiti, non ha precedenti, anzi ne ha molti e come nel passato alcune “piccole” sbavature nelle incursioni ne ha fatte parecchie.
In fondo sono uomini anche loro: errare humanum est, no?
Nel tentativo di massacrare quel dittatore gli aerei delle forze gloriose italo-franco-anglosassoni hanno centrato in pieno una scuola per bambini con la sindrome di Dow. Curiosa la cosa, no?
Un missile ha sbagliato obbiettivo e anziché scegliere l’edificio che secondo i servizi avrebbe dovuto ospitare Gheddafi, ha distrutto una scuola con tutto il suo contenuto. Come diceva MaoTze-Tung, “i morti civili in guerra sono come le briciole che cadono dal tavolo“. E così, ancora una volta, che si aggiunge alle altre, ma che più di tanto non fa notizia, le forze gloriose alleate centrano un obbiettivo civile in nome di un’azione umanitaria, oppure speravano che ci fosse una scuola zeppa di bambini ritardati e che quindi la razza andasse in qualche maniera sistemata?
Per fortuna, visto che l’incursione è avvenuta di sabato, la scuola era vuota, ma è stata completamente distrutta grazie all’umanità della Nato.
Fonti: worldbulletin.net – reuters.com
Ordine: bombardare!!!
L’impegno con la Nato, la disposizione delle basi militari nel sud Italia e l’appartenere ad una comunità sfacciatamente contro l’Italia, sta mettendo a dura prova le diplomatiche risposte di La Russa di fronte alle richieste di bombardare attivamente la Libia.
In ogni caso, che si vinca e che si perda la faccia l’abbiamo persa più volte: primo perché secondo il trattato d’amicizia con Gheddafi era previsto l’impegno a «non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’altra Parte» (art. 3)) e permettendo alle forze della Nato di usare le nostre basi militari lo abbiamo di fatto stravolto; secondo, perché se dovessimo o ci obbligassero o ci inducessero (molto più subdolamente con un fals-flag terroristico) a bombardare attivamente il suolo libico diventeremmo agli occhi del mondo quelli che oltre a sfruttare i paesi ex-coloniali siamo anche capaci di bombardarli per i nostri interessi (la pubblicità negativa che alcune testate internazionali farebbero su questo fatto sarebbero l’eco per il nostro totale asservimento alle forze estranee all’Italia) eseguendo gli ordini dei veri imperialisti: Francia, Inghilterra e Usa.
E’ la solita nazione Italia che si barcamena da una parte e dell’altra senza mai prendere una posizione decisa; così in questa maniera, se le cose dovessero andare male e andranno male, i veri colpevoli dei danni inferti alla popolazione libica sarebbero gli italiani, quelli che hanno colonizzato la Libia, quelli del voltafaccia della II guerra, quelli che hanno un capo del governo puttaniere che non si fa gli affari suoi, quell’Italia di cui certi vorrebbero completamente svuotata dalle sue tradizioni e dalla sua storia, quell’Italia che è stata il giardino dei divertimenti della varie nazioni. Quello che colpisce, la totale inosservanza degli accordi lo si legge su “La Stampa”: <…se la Nato dovesse decidere un maggior coinvolgimento dei Paesi di «Unified Protector», impegnati a far applicare la risoluzione 1973 dell’Onu, noi di certo non potremmo sottrarci: si tratta del rispetto di un Trattato internazionale – e di che Trattato – cui l’Italia è legata sin dalla sua fondazione.> Dimentica forse l’autore dell’articolo che l’Italia ha comunque sottoscritto un trattato di non aggressione con la Libia e quindi se deve rispettare il trattato per l’applicazione della risoluzione 1973, dovrebbe a maggior ragione rispettare, l’Italia, quello precedentemente sottoscritto con Gheddafi, in cui sono in ballo interessi vitali per la nostra economia di svariate decine di miliardi di euro. Si sa però che la Stampa e sempre prona agli interessi massonici che non a quelli nazionali.
Quello che non è dato sapere è che gli Usa si stanno impantanando in una guerra, forse, non voluta dai tutti i vertici militari e politici americani: i rivoltosi anti-Gheddafi in Libia, secondo alcune fonti del Pentagono, si stanno servendo delle forze di Al-Qaeda e i bombardamenti attuati dalla coalizioni hanno ammazzato diverse migliaia di persone sia tra i civili che tra le forze alleate della coalizione. Infatti la frustrazione americana ha spinto Washington a considerare il supporto di Al-Quaeda per le prossime operazioni di terra nel Nord Africa.
La Russa comunque non ha i numeri per puntare i piedi e fermarsi, non è la Merkel, non è Sarkozy e nella sua protervia casalinga di Ministro della Difesa, all’estero, di fronte alle minaccie incombenti e neanche tanto velate sul futuro dell’Italia, lo faranno accettare senza batter ciglio le decisioni dei signori d’oltremanica.
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! (Dante, Purgatorio · Canto VI)
Mai poesia fu così veritiera.
Trilussa in guerra.
Suppongo che molte parole non siano altro che polvere negli occhi per spiegare cosa sia la guerra. In questi tempi di interessi economici-petroliferi sullo scenario della Libia, in cui la Francia vanta il diritto di comandare e l’Italia sfila la responsabilità nel donare il testimone del comando alla Nato, le parole di Trilussa creano uno spaccato enorme, sintetico e vero:
……………………
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
Mini Global Hawk italiani per la guerra in Pakistan
In Pakistan si registra l’escalation delle operazioni coperte della CIA, l’agenzia d’intelligence degli Stati Uniti d’America. Nel solo mese di settembre, a Wana nel sud Waziristan, sono stati lanciati più di 20 attacchi contro presunti obiettivi filo-Talibani utilizzando i famigerati velivoli senza pilota UAV del tipo “Predator” o “Reaper”. Un martellamento senza precedenti che, secondo i ricercatori del sito web The Long War Journal, porta a 74 il numero degli attacchi effettuati nel 2010 dalla CIA con UAV che sganciano bombe e missili aria-terra. Il Pentagono, da parte sua, ha varato un piano coperto per lo schieramento in Pakistan di un battaglione del III Gruppo delle Forze Speciali Aviotrasportate (3rd Special Forces Group – Airborne), forza d’elite USA di stanza a Fort Bragg, Nord Carolina. Già ampiamente impegnato nello scacchiere afgano, il III Gruppo delle Special Forces avrà come compiti primari «l’azione diretta, l’intelligence e il riconoscimento, l’assistenza alle forze di sicurezza, le operazioni congiunte civili-militari e la fornitura di servizi alle popolazioni locali».
Tre intensi bombardamenti sono stati realizzati negli ultimi giorni da aerei ed elicotteri USA in aree prossime alla frontiera con l’Afghanistan, causando la morte di 50 presunti membri di un gruppo filo Al Qaeda. La crescita esponenziale dell’intervento militare statunitense in Pakistan è stato confermato dal Pentagono che ha spiegato che «i bombardamenti fanno parte di uno sforzo congiunto militare e d’intelligence per cercare di mutilare i Talibani in una roccaforte utilizzata per pianificare attacchi contro le truppe USA in Afghanistan». A breve, potrebbero essere diretti veri e propri raid terrestri al confine Pakistan-Afghanistan, per cui si attenderebbe solo l’autorizzazione del presidente Obama. Una spirale di guerra in parte temuta dalle autorità politiche e militari pakistane che hanno bloccato una delle rotte vitali per l’approvvigionamento delle truppe NATO in Afghanistan in ritorsione ad un recente attacco aereo alleato nella regione nord-occidentale del paese. Islamabad condivide con Washington le finalità della lotta anti-insorgenti, ma rivendica il pieno esercizio della sovranità sul territorio nazionale e un coinvolgimento più diretto delle proprie forze armate.
Il Pakistan è attualmente impegnato in uno sforzo bellico interno costosissimo in termini di risorse finanziarie e umane. Nelle offensive e nelle operazioni d’intelligence nelle regioni nord-occidentali contro una serie infinita di target (depositi munizioni, bunker e altre infrastrutture utilizzate da presunti Talibani), il regime utilizza dall’estate 2009 un proprio sofisticatissimo aereo senza pilota di dimensioni ridotte rispetto ai più noti Global Hawk dell’US Air Force. Il mini Hawk, il “piccolo Falco”, è un aereo spia tattico in grado di sondare metro per metro il territorio ed inviare le immagini ai centri di comando terrestri per una loro elaborazione. È un gioiello di guerra ad alta tecnologia “made in Italy”, il Falco UAV delle forze armate pakistane. Questo velivolo, infatti, è stato progettato e realizzato da Selex Galileo (già Galileo Avionica), una delle aziende del comparto Finmeccanica. Il “Falco” è in grado di volare a medie altitudini, ha un raggio di azione di 230 km e un’autonomia superiore alle 12 ore di volo, e può trasportare carichi differenti tra cui, in particolare, sensori radar ad alta risoluzione. Prodotto nello stabilimento di Ronchi dei Legionari (Gorizia), è stato sperimentato la prima volta nel 2004 nel poligono sardo di Salto di Quirra. Test dimostrativi sono stati poi effettuati in condizioni ambientali estreme, dai ghiacci del nord Europa a zone desertiche con temperature di oltre 40 gradi centigradi, mentre una serie di lanci sono avvenuti dalla base aerea di Cheshnegirovo (Bulgaria).
A fine 2008 la prima commessa per Selex Galileo, acquirente appunto il Pakistan. Nonostante i manager dell’industria italiana abbiano mantenuto il massimo riserbo sull’affaire (si tratta comunque di un paese in guerra, profondamente autoritario e dove è in vigore la pena capitale anche per lapidazione), fonti giornalistiche USA hanno documentato il trasferimento al Pakistan di «5 sistemi aerei, che includono un totale di 25 Falco UAV con unità di volo di riserva e stazioni di controllo terrestri (GCS)». I primi due sistemi “Falco”, non armati, sarebbero stati consegnati al regime di Islamabad nel marzo 2009; altri due sarebbero in dirittura d’arrivo, mentre l’assemblaggio dell’ultimo sistema dovrebbe avvenire in Pakistan nel complesso industriale statale di Kamra, nei pressi della capitale. La consegna dei mini Global Hawk non è stata però gradita da Washington. In precedenza, il Pentagono aveva posto il veto alla vendita al paese asiatico di un modello UAV USA più avanzato per il timore che i servizi d’intelligence locali potessero trasferire “i dati sensibili” raccolti ai leader delle organizzazioni ribelli. Una preoccupazione evidentemente non avvertita dai vertici di Selex Galileo che anzi puntano ad esportare al mercato mediorientale una versione più avanzata del velivolo (il “Falco Evo”) che consentirà un’autonomia di volo sino a 18 ore, una capacità di trasporto sino a 120 Kg e la possibilità di ospitare a bordo bombe e missili teleguidati.
Altri “Falco” UAV made in Italy potrebbero essere trasferiti a breve alle forze armate degli Emirati Arabi Uniti, secondo quanto annunciato dall’amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini. La fornitura dei velivoli a pilotaggio remoto farebbe parte di un “pacchetto” complessivo comprendente anche il trasferimento agli EAU di tecnologie nel campo dei materiali compositi e la creazione di una joint venture con la holding industriale-finanziaria Mubadala con sede ad Abu Dhabi, per la realizzazione di velivoli UAV della classe Medium Altitude Long-Endurance (MALE). Essi si svilupperebbero dal programma denominato “Molynx” di Alenia Aeronautica: velivoli senza pilota bimotori con una lunghezza di 12 metri e un’apertura alare di 25, in grado di volare a 407 km/h con un’autonomia di 30 ore ed effettuare missioni d’intelligence, ricognizione e sorveglianza del suolo volando a elevatissime quote (sino a 13.700 metri sul livello del mare) e in qualsiasi condizioni atmosferica.
Sulla partenership Finmeccanica-Mubadala per la produzione di UAV di ultima generazione incombe tuttavia l’esplicita opposizione di Stati Uniti d’America ed Israele, i quali non guardano con occhio benevolo al vasto processo di riarmo in atto tra le forze armate degli Emirati Arabi. Finmeccanica avrebbe così allentato la trattativa con Abu Dhabi, scontentando però gli emiri che adesso minacciano di congelare sine die l’acquisto dei 48 caccia bimotori M-346 “Master” già ordinati ad Alenia Aermacchi. Una megacommessa da due miliardi di euro perorata in tutte le sedi istituzionali dalla lobby parlamentare bipartisan dei mercanti d’armi italiani.
ref: peacelink.it
La gente dice…