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Referendum Nucleare: in Egitto esplosione taciuta
Mentre le notizie su Fukushima si stanno diradando a favore del referendum sul nucleare, ecco che ne salta fuori un’altra taciuta dai media lecchini e servi dei grandi gruppi.
Succede che in Egitto ad Anshas ci sia stata un’esplosione nella centrale Nucleare.
L’esplosione avrebbe rotto alcune condutture dell’acqua di raffredamento delle barre del combustibile disperdendo l’acqua radioattiva (alcune migliaia di litri) nell’atmosfera circostante. Ma si sa gli arabi sono una sottospecie, quindi che ci frega?
L’incidente è avvenuto a 60 km dal Cairo ed è stato classificato il grado di pericolosità al livello 3.
Nessuno ne parla, ovviamente, e in corsa per il referendum sarebbe una pubblicità negativa, però quelli lì, quelli che andiamo a sfruttare durante le nostre vacanze, quelli si stanno sorbendo una bella nuvoletta radiottiva, alla faccia delle vacanze e dei vari night club, dischoteche e altre porcate da turista colonialista.
Ecco, beccateve questa bella notiziola, e godete del male altrui.
fonte: adnkronos.com
Rivoluzione creativa: destrutturazione per “Greater Middle East”?
Mentre da noi infuria la lotta per la puttana o per chi ha avuto maggior concubinaggio, inneggiando alla moralità (falsa) delle forze politiche in campo, nel resto del mondo, in quello più vicino all’Italia, si stanno preparando eventi epocali che i nostri media tendono sommessamente a sussurrare anziché le porcate dei vari Berlusca e loro ruffiani dell’opposizione.
In Egitto è risaputo, l’esercito – controllato dal Pentagono e dal Mossad – ha avuto la meglio su quest’ultimo travagliato periodo. Gli egiziani esultano, ballano e incoscientemente fanno il gioco dei loro carnefici; la libertà, la democrazia e le varie angherie sofferte in questi trentanni verranno ristabiliti (ma non sono mai stati presenti prima!). Ognuno potrà fare come nelle democrazie occidentali: potrà costruire, potrà avere una famiglia omosessuale, potrà dedicare il suo tempo al cellulare, potrà ubriacarsi, drogarsi, vestirsi come gli yankee impongono, potrà usare la coca come sferzata per un venerdì da sballo, potranno sbeffeggiare i più anziani e allo stesso tempo potranno fare del loro paese il centro di sperimentazione industrializzato di Guantanamo. Già si fa a Moubarak Military City (MMC)
Gli egiziani non sanno, o fanno finta di non saperlo, ma finirà così, come finì così anche da noi e nell’intera Europa che dal giogo nazi-fascista diede spazio e libertà, alla libera concorrenza, alla democrazia, alla demagogia, alla corruzione, alla mafia ed alle lottizzazioni di potere. Loro ancora non lo sanno, ma presto, molto presto rimpiangeranno Moubarak e i suoi sistemi oppressivi, dittatoriali e impedenti lo sviluppo di alcune lobbies, delle classi di affari, delle finanziarie per la spartizione del territorio e delle sue risorse. Loro ancora non lo sanno, ma presto lo proveranno sulla loro pelle.
Sono un popolo relativamente giovane: oppresso dai turchi, poi dai liberali inglesi, dai russi con Nasser, poi con Sadat e dal democratico filo americano di Moubarack. Adesso i militari, è meglio ribadirlo, sono i difensori delle libertà di stampa, di parola, di opinione, mentre si sa che molti dei militari hanno lottizzato buona parte delle risorse egiziane, buona parte delle finanze e della cultura della corruzione. I militari hanno fatto accordi con Israele, con gli Usa e con tutte quelle forze che dell’Egitto se ne infischiano, ma il popolo inneggia a loro come liberatori. Beati i poveri di spirito perché avranno il regno dei cieli, forse la stessa cosa si dirà anche in arabo, ma pochi seguiranno e pochi osserveranno i veri cambiamenti che le menti eccelse stanno elaborando nelle loro dorate residenze.
Così il movimento kefaya (nda: basta!)sostenuto dal Washington National Endowment for Democracy (NED) ed il Albert Einstein Institution tramite il suo sostenitore, intacca e porta a casa un’altra pedina nel Risiko della spartizione dei poteri mondiali.
Il nome formale di Kefaya in egiziano è il Movimento per il Cambiamento. E ‘stata fondato nel 2004 da selezionati intellettuali egiziani a casa di Abu’ l-Ala Madi, leader del partito di al-Wasat, un partito creato riferito dai Fratelli Musulmani. Il movimento di protesta è stato organizzati tramite le reti internet e i giovani legati a Mohammed ElBaradei e al gruppo torbido e segreto dei Fratelli Musulmani, i cui legami con servizi segreti inglesi e americani e la massoneria sono ampiamente segnalati.
Ma la scintilla che ha innescato lo sciopero del 25 gennaio è stata l’appello allo sciopero del Movimento 6 Aprile tramite Facebook , gruppo guidato da un ventinovenne Ahmed Maher Ibrahim. Il gruppo, tramite Twitter e Facebook dichiarava, seguito degli avvenimenti di piazza che il rappresentante per l’egitto non poteva che essere l’ex capo della International Atomic Energy Aagency (IAEA) assieme alla National Association for Change (NAC), associazione dello stesso Elbaradei. La NAC include, tra l’altro George Ishak (ebreo) leader ne movimento Kefaya e Mohamed Saad El-Katatni, presidente del blocco parlamentare del controverso gruppo Ikhwan (Fratelli Mussulamani). Insmma gira e rigira si torna sempre ai soliti caporioni, no? Nel dicembre del 2009 il movimento Kefaya annunciava il supporto della candidatura di Mohammed ElBaradei per le elezioni del 2011.
Sempre un caso che Elbaradei sia apparso dopo 30 anni di assenza dall’Egitto?
Dire dei rapporti tra Obama e Mubarak sono stati congelati fin dall’inizio non è esagerato. Mubarak è stato fermamente contrario alle politiche di Obama sull’Iran e su come trattare il suo programma nucleare, sulle politiche di Obama verso gli Stati del Golfo Persico, la Siria e il Libano, nonché verso i palestinesi. [1] E’ stato una spina formidabile ai grandi ordini del giorno di Washington per l’intera regione, il progetto di Washington del Grande Medio Oriente, recentemente riproposta col meno inquietante titolo di “Nuovo Medio Oriente”.
Il giorno delle straordinariamente ben coordinate manifestazioni popolari che chiedevano a Mubarak le dimissioni, i membri chiave del comando militare egiziano, incluso il capo di Stato Maggiore Gen. Sami Hafez Enan, erano tutti a Washington in qualità di ospiti del Pentagono. Neutralizzando opportunamente la forza decisiva dell’esercito nel fermare la protesta anti-Mubarak, crescente nei primi giorni critici [2].
Curiosamente, i progettisti della National Endowment for Democracy (NED) di Washington [3] e delle ONG connesse alla rivoluzione colorate, sono apparentemente prive di creatività riguardo degli accattivanti nuovi nomi per la loro Color Revolution egiziana. Nel novembre 2003 per al loro Rivoluzione delle Rose in Georgia, le ONG finanziate avevano scelto una parola attraente, Kmara! Al fine di identificare il movimento giovanile per il cambiamento di regime. Kmara!, anche in georgiano significa “basta!”
La NED di Washington era tranquillamente impegnata nella preparazione di un ondata di destabilizzazioni dei regimi in tutto il Nord Africa e Medio Oriente, dopo l’invasione militare degli Stati Uniti, nel 2001-2003, di Afghanistan e Iraq. L’elenco dei luoghi dove la NED è attiva, è rivelatore. Il suo sito web elenca Tunisia, Egitto, Giordania, Kuwait, Libia, Siria, Yemen e Sudan e, curiosamente, Israele (un caso che Netanyahu abbia richiesto il supporto a Moibarak?). Casualmente questi paesi sono quasi tutti soggetti oggi a “spontanee” insurrezioni popolari per un cambio di regime.
La NED è l’agenzia di coordinamento di Washington per la destabilizzazione e il cambiamento dei regimi. E’ attiva dal Tibet all’Ucraina, dal Venezuela alla Tunisia, dal Marocco al Kuwait nel ridisegnare il mondo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, in quello che George HW Bush, in un discorso del 1991 al Congresso [4], proclamò trionfalmente essere l’alba di un Nuovo Ordine Mondiale. Mentre l’architetto e primo capo del NED, Allen Weinstein ha detto al Washington Post nel 1991 che, “molto di quello che facciamo oggi è stato fatto di nascosto 25 anni fa dalla CIA“.
[1]- DEBKA, Mubarak believes a US-backed Egyptian military faction plotted his ouster, February 4, 2011, accessed in www.debka.com/weekly/480/. DEBKA is open about its good ties to Israeli intelligence and security agencies. While its writings must be read with that in mind, certain reports they publish often contain interesting leads for further investigation.
[2]Ibid.
[3] – National Endowment for Democracy, Middle East and North Africa Program Highlights 2009, in http://www.ned.org/where-we-work/middle-east-and-northern-africa/middle-east-and-north-africa-highlights.
[4] – George Herbert Walker Bush, State of the Union Address to Congress, 29 gennaio 1991. Nel discorso, Bush a un certo punto ha dichiarato con aria trionfante di celebrazione del collasso dell’Unione Sovietica, “Ciò che è in gioco è più di un paese piccolo, è una grande idea, un nuovo ordine mondiale …”
(Nadia Oweidat, et al, The Kefaya Movement: A Case Study of a Grassroots Reform Initiative, Prepared for the Office of the Secretary of Defense, Santa Monica, Ca., RAND_778.pdf, 2008, p. iv.)
Divisione dell’Egitto: minaccie da Usa, Israele e intervento della Nato.
Le proteste tunisine hanno avuto un effetto domino nel mondo arabo e l’Egitto, il più popoloso paese di fede islamica, è catalizzato dalle proteste popolari per le dimissioni di Moubarak.
Vogliamo pensare che Usa, Israele e la Nato rimarranno indifferenti a quanto accade e rimarranno dei semplici spettatori?
La parabola del dittatore arabo (Moubarak) è paragonabile ad uno “spider-web” e sebbene lo spider si senta sicuro nel web nella realtà la sua è una fragile sicurezza. Così quindi anche gli altri dittatori, dal Marocco all’Arabia Suadita, in questi giorni stanno provando la sensazione di insicurezza e di incertezza della loro posizione. L’Egitto è sull’orlo di ciò che potrebbe diventare uno dei più importanti eventi geo-politici di questo secolo.
Stati Uniti ed Israele vogliano usare la forza militare per mantenere l’ordine.
All’inizio della protesta egiziana i militari furono convocati negli Usa e si consultarono con i responsabili militari US per come arginare la protesta incombente. Gli egiziani, per contro, sanno bene che la loro debolezza è riposta nelle forze Usa ed israeliane e questo è il motivo per cui gli slogans sono contro gli Usa e Israele. Questo è quindi il motivo per cui ogni azione e ogni attività è subordinata alle direttive americane ed israeliane nella regione, compresa l’attività di ostacolo di scambio assistenziale e logistico attuato sul confine della striscia di Gaza.
La realtà appare quindi più complessa di come molti media internazionali vogliamo far apparire. Gli Usa e il loro fido capo, Israele, sono concordi che il dominio di Moubarak deve comunque rimanere attivo fintanto non sia possibile trovare una soluzione alternativa alla attaule dittatura. Non vi sarà mai uno stato egiziano democratico fintanto che Israele ed Usa avranno il dominio sulle basi di egiziane. Ed è per tale motivo che il regime di Tel Aviv è stato così sfrontato rispetto ai media internazionali a sostenere Moubarak. Il loro unico scopo è il mantenimento di una forza parallela e sostenitrice che difenda i loro interessi a scapito dell’osservanza dei diritti umani e della libertà.
La realtà è però molto più complessa ed articolata. Da un lato le forze israeliane sono arrivate ad un punto di stallo nel quale l’uscita eventuale di Moubarak metterebbe tutto il medioriente in mano agli estremismi presenti con la cancellazione quasi immediata dello stato di Israele. I vari fondamentalismi, non solo quelli di fede islamica, ma sopratutto laica, metterebbero l’intera regione in condizione di sovvertire l’intero ordine mondiale sulle attività energetiche. Si pensi all’immensa regione dell’Arabia Saudita, al Sudan , agli emirati del golfo persico e a tutte quelle regioni che della ormai presente e prevaricatrice presenza americana ne hanno le tasche piene. L’intero oriente andrebbe in mille pezzi con una rivolta che non ha nessun colore, perché sappiamo che quelle colorate hanno avuto sempre il placet da Washington. Sarebbe una cosa nuova, oppure una vecchia come avvenne anni fa con la rivoluzione komeinista in Iran.
Potrebbe Israele ed Usa permettere che ciò accada? Giammai!!!
Tel Avivi ha infatti un Piano di attacco ben preciso contro l’Egitto e dalle parole di Netanyahu “Un accordo di pace non garantisce l’esistenza della pace [fra Israele ed Egitto], in modo per proteggere noi stessi e, nei casi in cui l’accordo scomparisse o venisse violata la pace a causa di cambiamenti di regime dall’altra parte, questi [i terrirtori israelaini] verranno protetti con la sicurezza di terra (leggasi con le armi)“
EGITTO RIVOLUZIONARIO: un secondo Iran nel medioriente?
E’ evidente che se si dovesse attuare una rivolta completa dell’attuale situazione molti paesi del mondo ne avrebbero da soffrire, a cominciare dalla Gran Bretagna, Israele, Europa, la Nato e gli Stati Uniti. Inoltre il grande problema della pace tra Israele e Palestinesi verrebbe interrotta (ndt: anche se non è mai cominciata.) e l’alleanza tra Iran e Siria prenderebbe sempre di più piede rispetto alle attuali condizioni. Senza sottovalutare che l’Iran sta attentamente controllando l’andamento degli avvenimenti egiziani per percepire la strada in cui potersi incuneare per raggiungere lo scopo di avviluppare l’intero medioriente in una unica entità.
Lo scenario al quale andiamo incontro è estremamente articolato perché da un lato le forze in ballo hanno una potenza distruttrice enorme con conseguenze mondiali di immane portata. Nel lontano 1956 la forze egiziane, guidate da Nasser, nazionalizzarono il canale di Suez, fu un ecatombe, perché intervennero gli inglesi, gli israeliani e i francesi, la Nato e le forze Usa a far soccombere le forze in ballo egiziane. Nel 2008 Norman Podhoretz propose uno scenario apocalittico. In questo scenario gli israeliani occupavano le raffinerie di petrolio i porti navali del Golfo Persico per assicrare l’energia lanciando allo stesso tempo un attacco nucleare preventivo contro Iran, Siria ed Egitto.
Va inoltre ricordato che Podhoretz, l’ideatore di questo scenario, è un destinatario del Presidential Medal of Freedom per la sua influenza intellettuale negli Stati Uniti ed è uno dei primi firmatari del Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) insieme a Elliot Abrams, Richard Cheney , John (Jeb) Bush, Donald Rumsfeld, Steen Forbes Jr. e Paul Wolfowitz. (ndt: tutta brava gente!)
Cambiamenti in corso…
Gli avvenimenti delle ultime ore sono significativi delle innumerevoli ingerenze americane, israeliani e dei loro alleati: Francia ed Inghilterra in prima fila. Gli interessi economici e di stabilità dello scacchiere mediorientale è talmente enorme che come avvenne con Sadat, amico degli Usa e con i Talebani in Afghanistan sovvenzionati dagli Usa e dall’Arabia Saudita, le promesse indicate da Moubarak, prima del suo ecclissarsi, hanno spinto le mani invisibili ad evitare la perdita di controllo del paese che rappresenterebbe la spina nel fianco dell’ Arabaia Saudita, ma sopratutto il maglio schiacciante contro gli interessi israeliani.
Al largo delle coste della striscia di Gaza sono infatti presenti enormi giacimenti di gas che la U.S. Geological Survey, agente governativa americano, ha stimato che nel bacino del Mediterraneo del Levante ci siano delle riserve di gas naturale di circa 3.500 miliardi di m3 e delle riserve di petrolio per circa 1,7 miliardi di barili. Il problema attuale è quindi il controllo delle nuove risorse che quasi sicuramente verranno sottratte ai loro legittimi proprietari (Libano e Palestina) e la possibilità per Israele di affrancarsi dall’Arabia Saudita per il petrolio necessario. E’ quindi pacifico che la conduzione della transizione egiziana sia passata dalle mani di Moubarak, burattino di Usa ed Israele, a quello dei militari, la mano longa del Pentagono.
Il popolo egiziano è sostanzialmente passato dalla padella alla brace e il ritorno alla democrazia è solo una maschera per cose che difficilmente si sapranno.
Le forze armate egiziane sono sotto il totale controllo delle forze americane e i loro generali vengono addestrati in Usa. Israele contrinbuisce con l’apporto della sicurezza (leggasi Mossad) , mentre gli inglesi, i veri tessitori della strategia del divi et impera, contribuiscono al mantenimento di una situazione di stallo e di falsa libertà. I giornali, le tv ed internet, allineata, spingono ad entusiasmi poco credibili. La regione egiziana è troppo preziosa e troppo popolata per permettere che avvenga una transizione democratica come avviene in europa (nda: anche da noi, di fatto, l’alternanza politica è già decisa, le urne sono solo una sbuffata di fumo contro i creduloni).
Ma chi saranno i papabili nuovi dittatori per la terra d’Egitto? Forse Sami Hafez Anan, Mohab Mamish, Mohamed Hussein Tantaoui e Reda Mahmoud Hafez Mohamed, oppure Omar Souleiman. Quest’ultimo uomo protetto da Cia ed Israele, il fautore della distruzione dei tunnel che comunicavano con l’Egitto e la striscia di Gaza. Un uomo utile per le mire espansionistiche americane ed israeliane di controllo e non troppo schizzinoso. Un uomo utile che ha partecipato a moltissime attività di “intelligence” particolari!!
L’uomo giusto al momento giusto!
Ref: Global Research – jadaliyya.com
Egitto: USA invia navi da guerra e soldati.
Gli Stati Uniti stanno inviando navi da guerra e un contingente di 800 soldati completo con altri assetti militari nel nord Africa nel caso che dovesse aumentare l’instablità della regione.[1]
Secondo gli ufficiali di Washington la spedizione è funzione dell’eventuale evacuazione del personale statunitense presente in Egitto, respingendo l’ipotesi che l’invio sia il preparativo per un intervento militare al Cairo. E’ comunque da evidenziare che l’Egitto è di fatto al di fuori del gruppo di comando americano in Africa (Africom), ma è inserito in quello più importante di difesa degli interessi petroliferi della regione (Centcom) con la funzione stabilizzatrice degli interessi americani e di Tel Aviv contro le infiltrazioni di armi e vettovagliamento a Gaza.
L’Egitto di Mubarak al centro di uno scacchiere molto importante per gli interessi Usa, si colloca come mediatore e stabilizzatore tra quei paesi che vorrebbero assumere una certa indipendenza. Sulla base di questo gli Usa in collaborazione con gli egiziani, hanno tenuto nel 2009 una esercitazione militare (Bright Star) che si è svolta presso una struttura militare in Egitto (Moubarak Military City) situata a 2 miglia fuori da Alessandria e a pochi minuti dalle coste del Mediterraneo.[2]
Tutto sembra quindi previsto nel caso di sommosse estremiste interne che potrebbero rovesciare il regime di Moubarak: invio di navi da guerra americane, soldati e apporto logistico, esercitazioni di guerra urbana. Sarà comunque da verificare se l’esercito egiziano risponderà correttamente agli ordini dei suoi comandanti e di quelli americani.
[1]-press.tv
[2]-voltairenet.fr
Egitto: la Cia è arrivata al Cairo.
Gli americani hanno sfoderato la loro arma segreta: è arrivato al Cairo il 31.01.2011 di sera, Frank G. Wisner, spedito direttamente dagli Usa dopo una telefonata fatta dal Capo di Stato Maggiore, l’ammiraglio Mike Mullen, al suo omologo egiziano, il generale Sami Enan, l’esercito egiziano è equipaggiate e addestrate dal Pentagono.
Questo lo sappiamo già, perché anche i nostri qua-qua-qua ne hanno parlato senza darne troppo peso.
Ma chi è questo Frank G. Wisner e perché è stato mandato proprio lui?
L’attuale ambasciatore americano è una donna di carriera- Margaret Scobey – poco addentro agli affari particolari che si celano nelle camere polverose delle ambasciate. Il Consiglio di Sicurezza ho quindi ritenuto più proficuo, sopratutto per salvaguardare gli interessi della pace separata tra Egitto e Israele, di mandare una persona che già aveva ricoperto la carica di ambasciatore in Egitto (1986-1991).
Wisner è il figlio di Frank Wisner Sr., co-fondatore della CIA e Gladio. Egli è stato, insieme a Alan Dulles, uno dei padri della dottrina degli interventi segreti degli Stati Uniti: attivare le democrazie che sostengono il “diritto di scelta”, per scoraggiare le persone che non la pensano nella stessa maniera. In parole più semplici le famose rivolte colorate.
Wisner Jr. ha poi lavorato, all’interno dell’agenzia (Cia), come direttore del settore dei Rifugiati Internazionali (?).
Dall’altra parte dell’Atlantico Wisner non è conosciuto come spia, ma come uno di quelli che hanno partecipato al fallimento della Enron e come direttore della AIG (American International Group) aziende che qualche anno fa (2007) hanno bruciato miliardi di dollari delle pensioni americane ed azzerrato i risparmi di milioni di famiglie. Un tipetto di tutto rispetto, non c’è che dire!
Per contro, da questa parte dell’Atlantico, Mr. Wisner ha giocato un ruolo importante in Francia ed all’ascesa di Sarkozy. Egli infatti ha sposato Christine de Ganay (seconda moglie di Sarkozy Pal) tramite il quale il giovane rampollo Sarkozy pote essere introdotto nei circoli della Cia e quindi nella politica francese di interesse americano. Inoltre, a completamento del quadro, uno dei figli di Wisner, è uno dei membri più importanti del gruppo Carlyle (il gruppo che ha sostenuto l’amministrazione Bush e il famigerato e mai catturato Osama Bin Laden).
E’ chiaro adesso perché Mubarak ha detto che prima di settembre non se ne andrà?!
Riferimenti: clarissa.it – agoravox.it – voltairenet.org
Arabi esclusi, tutte le risorse a Tel Aviv
Per anni, diverse compagnie hanno esplorato il bacino del Levante per il petrolio. I dettagli delle loro scoperte non erano conosciuti che dai dirigenti delle compagnie e dai politici. Tuttavia, le autorità israeliane hanno lasciato la società Noble Energy di rilevare i volumi riscontrati il 29 dicembre. Questa comunicazione che annuncia l’esplorazione dei giacimenti fino ad oggi congelati per motivi politici, è accompagnata da una campagna diplomatica per consentire a Tel Aviv (Israele) di sfruttare i giascimenti a danno di tutti i paesi rivieraschi (Libano, Palestina).
La società Noble Energy ha annunciato pochi giorni fa di aver scoperto un immenso giacimento a 130 km dal porto israelaino di Haifa [1] stimato in 450 miliardi di m3 di gas, mentre complessivamente nella zona sarebbero stimati oltre 700 miliardi di m3 di gas. L’esplorazione e sfruttamento del giacimento è stato affidato ad un consorzio internazionale formato dalla società statunitense Noble Energy, che ora possiede la maggioranza della quota del 40%, e le società israeliane Delek e Avner Oil Exploration.[2]
La U.S. Geological Survey, agente governativa americano, conduce delle indagini stimando che nel bacino del Mediterraneo del Levante ci siano delle riserve di gas naturale di circa 3.500 miliardi di m3 e delle riserve di petrolio per circa 1,7 miliardi di barili.
Il governo israeliano, con il sostegno di Washington, considera tutte le riserve energetiche trovate siano di sua proprietà, infatti il primo ministro per le infrastrutture israeliano Uzi Landau ha dichiarato che le riserve trovate porteranno beneficio non solo ai cittadini di Israele, ma permetteranno ad Israele di diventare fornitore di energia nella regione mediterranea.
Ma, come al solito con il sostegno Usa, Israele non tiene conto che la zona, oggetto delle indagini e dei futuri sfruttamenti, appartiene anche al Libano ed ai Palestinesi, poiché secondo la convenzione delle Nazioni Unite (ONU), uno stato costiero può esplorare e sfruttare le riserve “offshore” di gas e petrolio in una zona che si estende per 200 miglia marine dalle proprie coste (370km).
Secondo lo stesso criterio, le riserve appartengono in misura significativa anche per l’Autorità palestinese e secondo la stessa carta rilasciata dal U.S. Geological Survey, sembra che la maggior parte delle riserve di gas (60%) è situato nelle acque territoriali e nel territorio di Gaza. L’Autorità palestinese ha affidato la gestione a un consorzio di British Gas e consolidato Contractors (società con sede ad Atene, di proprietà libanesi), in cui l’Autorità detiene una quota del 10%.
Due pozzi, Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2 sono pronti, ma mai entrati in funzione. Tel Aviv, infatti, ha respinto tutte le proposte formulate dalla Autorità palestinese del consorzio per l’esportazione di gas a Israele ed Egitto. I palestinesi hanno tanta ricchezza che però non possono sfruttare.
Per catturare le riserve energetiche di tutto il bacino del Levante, tra il Libano e la Palestina, Israele usa la forza militare. Due giorni fa, il Ministro degli Esteri libanese Ali al-Shami ha chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite di fermare Israele, che sfrutta le riserve di energia che si trovano nelle acque al largo del Libano, mentre ministro Uzi Landau sostiene invece che questi depositi si trovano in acque israeliane e ha avvertito che Israele non esiterà a usare la forza per proteggerli. Israele minaccia quindi di attaccare il Libano di nuovo, come fece nel 2006, con l’intenzione anche di togliere la possibilità di sfruttare i giacimenti offshore [ 3 ].
Per lo stesso motivo Israele non accetta uno Stato palestinese, poiché il suo riconoscimento significherebbe riconoscere la sovranità palestinese su una larga quota di riserve di energia, che Israele vuole prendere. E ‘principalmente per questo scopo è stato lanciato l’operazione “Piombo fuso” nel 2008-2009 e poi ripreso a Gaza nella morsa dell’embargo. Allo stesso tempo le navi da guerra israeliane controllano tutto il bacino del Levante, e quindi le riserve offshore di gas e petrolio, nell’ambito del “Dialogo Mediterraneo”, operazione della NATO, in cui anche L’Italia contribuisce per la sicurezza e la stabilità della regione.
(Ndt: E’ possibile che gli avvenimenti di questi ultimi giorni in Tunisia, Egitto abbiano una relazione con queste scoperte energetiche? Una domanda alla quale è difficile dare una risposta, ma la posta in ballo è immensamente grande, sia per il valore economico che per quello geopolitico e Usa ed Israele difficilmente lascerebbero questa posta sul banco senza giocare una carta. )
[1] « Noble Energy Announces Significant Discovery at Leviathan Offshore Israel », communiqué de la firme, Houston, 29 décembre 2010.
[2] Le consortium est composé à 39,66 % par Noble Energy, à 22,67 % par Delek Drilling, à 22,67 % par Avner Oil Exploration et à 15 % par Ratio Oil Exploration. Cependant Delek et Avner sont détenus par les mêmes mains, qui contrôlent donc en réalité de 45,34 % du consortium, tandis que Ratio Oil représente des investisseurs conduits par la Banque d’Israël. Ndlr.
[3] « Israël attaquera t-il le Liban pour lui voler son gaz ? », par Alfredo Jalife-Rahme, Réseau Voltaire, 18 août 2010.
Fonte: voltairenet
Traduzione: Pitocco
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