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Quanto costa all’Italia la guerra in Ucraina

22 novembre 2022 Lascia un commento

La guerra è in corso ormai da mesi, si sta radicalizzando in una guerra di posizione che vede le parti in gioco trincerarsi in posizioni sempre più radicate, delle quali ogni evento è un successo per una parte e un fallimento per l’altra. L’occidente consociato con la Nato invia armi e denari per contrastare la forza russa, ma nel contempo queste scelte guerresche producono nei paesi europei malumore e sopratutto enormi debiti della spesa pubblica. In Italia come siamo messi?

La guerra in Ucraina, oltre alle migliaia di morti e alle inaudite sofferenze, ha generato un enorme fiume di denaro che sta abbeverando i colossi delle materie prime, i produttori di armi e la grande finanza internazionale.

A sborsare questi soldi come sempre è Pantalone, ovvero i Paesi occidentali, quindi i loro cittadini, anche se il conto più salato lo andranno a pagare gli ucraini una volta che questa guerra sarà finalmente giunta a conclusione. Facendo una stima al ribasso e assolutamente parziale, visto che tutti i segnali farebbero pensare a una guerra in Ucraina che potrebbe andare avanti ancora a lungo, finora dall’Occidente sarebbero stati spesi, o messi in preventivo, almeno 1.000 miliardi di dollari.
Assai salato sarebbe il conto anche per l’Italia, con il nostro Paese che entro la fine anno potrebbe aver avuto quasi 200 miliardi di spese in più a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Lo scorso giugno un articolo di Massimiliano Di Pace pubblicato dall’Huffington Post, ha stimato per l’Italia un costo complessivo per la guerra in Ucraina che potrebbe arrivare entro la fine dell’anno alla cifra monstre di 180 miliardi.
Al conto però mancano i 14 miliardi stanziati dal decreto Aiuti ter licenziato a settembre, che si sono sommati ai circa 50 miliardi dei due provvedimenti precedenti per mitigare l’aumento del costo del gas, oltre ai 25 miliardi che dovrebbero essere la dotazione dell’Aiuti quater, nuovo pacchetto di misure che sarà il primo atto ufficiale del governo Meloni; in più ci sono i vari bonus e i tagli al prezzo della benzina che sono stati prorogati.

Stando all’Ukraine support trucker, da quando è scoppiata la guerra l’Italia finora ha elargito all’Ucraina 150 milioni di aiuti militari e 510 milioni di aiuti finanziari, contro i 52 miliardi di dollari totali degli Usa; inoltre lo scorso luglio il nostro Parlamento ha deciso di aumentare la spesa militare di 1,2 miliardi l’anno.
Poi ci sono gli effetti indiretti, come la contrazione del Pil tanto che l’Italia stando al Fmi nel 2023 dovrebbe entrare in recessione. Sempre il Fondo Monetario Internazionale ha stimato per il Belpaese una inflazione al +7% nel 2022 e del +9% per il 2023.

Altra voce sono gli aiuti comunitari all’Ucraina, con Ursula von der Leyen che nelle scorse ore ha annunciato 1,5 miliardi di aiuti mensili a Kiev. Briciole queste in confronto a quanto costerà la ricostruzione del Paese ora martoriato dalla guerra: la Banca Mondiale ha parlato di 350 miliardi, ma altre analisi hanno ipotizzato una cifra doppia. Da tempo a riguardo si parla di un Piano Marshall da parte dell’Occidente che si è “spartito” le varie zone dell’Ucraina da ricostruire: all’Italia spetterà il Donetsk, ora in buona parte in mano alla Russia.

Tra crollo del Pil, lo spettro della recessione, aiuti all’Ucraina, crescita delle spese militari, aumento dell’inflazione e delle bollette per non parlare del caro-carburante, la guerra sembrerebbe poter avere un effetto ancora più devastante del Covid per le nostre tasche, tanto che in meno di un anno i costi sembrerebbero essere superiori ai 191,5 miliardi che incasseremo complessivamente dal Pnrr.

Ref: money.it, 26 ottobre 2022

Mosca ruba il frumento, davvero?!

8 giugno 2022 Lascia un commento

Si legge: «La Russia è l’unica responsabile per l’incipiente crisi alimentare – ha proseguito, mentre l’ambasciatore russo lasciava Vassily Nebenzia la sala – Il Cremlino sta usando le forniture di cibo come un missile invisibile contro le nazioni emergenti».

Fa specie leggere che un paese come la Russia , al 3° posto nella produzione mondiale, sia la principale causa della fame in 14 paesi. Nessuna osservazione circa le condizionanti attività di rapina e furti legalizzati compiuti dalla Comunità Europea e dagli Stati Uniti. Vendere un prodotto per la Russia in questo momento è alquanto difficile sopratutto a causa delle limitazioni e chiusure operate dall’occidente atlantista che ha posto dei blocchi sulle transazioni bancarie come lo Swift.

E’ chiaro pertanto che l’interesse della Russia è quello di vendere i suoi prodotti, ma non è responsabile se qualche mago della finanza politicizzato ha messo dei cancelli per impedire di farlo.

Si continua a blaterare sul ladrocinio della Russia per il grano ucraino, sarà vero o falso è pacifico che nessuno lo sa, ma si sa per certo che l’occidente ha privato la Russia dei suoi introiti derivanti dalle attività economiche e finanziarie per un valore di 650 miliardi di dollari che certamente non sono paragonabili ai 100 milioni delle granaglie ucraine.

Qualcuno ci specula sopra e andrebbero cercati in quelle infami 4 “sorelle” del settore agroalimentare (Amber Daniels Midland (Usa), Bunge (Usa, Bermuda), Cargill (Usa) Louis Dreyfus Commodities (Paesi Bassi) che possono decidere chi vive e chi no.

Putin in Italia.

26 novembre 2013 Lascia un commento

lussuria

L’immagine affidabile dell’Italia che protesta…

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Nel silenzio più abissale, inopportuno, la visita di Putin in Italia appare come quella di un semplice capo di un paese insignificante.

Oggi Putin è a Trieste e la presenza in questa città è degna di nota e va al di là della mera speculazione politica degradante che i nostri portaborse della politica non esistano a fare.

La Russia è il paese più vasto del mondo, il più ricco di materie prime e di risorse energetiche, con un’industria che assieme a quella Cinese e Tedesca rappresentano il 70% della produzione mondiale e, sopratutto, è un paese legato alla tradizione europea, alla cultura europea che, contrariamente ai disfattisti di La Repubblica e del Corriere della Sera, è strettamente legato ai valori umani della tradizione cristiana. Non si compia l’errore di confondere la tradizione cristiana russa con la chiesa o con i poteri sotterranei del Vaticano, ma si faccia mente locale sui valori cristiani quali eredi della tradizione romana, quella che tuttora viene studiata e scimmiescamente copiata da altri stati del mondo.

E mentre in Italia vengono cancellate tutti i punti fermi di questa cultura: abolizione del latino nelle scuole, messa in italiano e rivolta ai fedeli, apertura agli abortisti, al matrimonio omosessuale, all’adozione dei bimbi per le coppie omosessuali, lì, nella Russia cristiano ortodossa, i punti fermi imperano convivendo, anche aspramente, con le altre culture e religioni.

E’ questo il caso che nella città di Trieste si siano accese manifestazioni contro la visita di questo statista, di un sempliciotto di un paese insignificante, che con poche parole e con la forza del fare, senza troppi proclami, ha trovato la soluzione sul conflitto Siriano salvando Obama da un vicolo cieco, e mettendo in condizione l’Iran a trattare al pari delle altre potenze sulla questione nucleare: cose mai accadute negli ultimi 30 anni!!

E’ un piccolo uomo, sbiadito nel colore, di un piccolo paese che quattro personaggi delle varie associazioni della LGBT (Lesbian-Gay-Bisessual-Transgeder), alimentati dalla cultura nichilista delle varie accomandite massoniche internazionali, stanno dileggiando in quella bellissima città sostenendo diritti ed ostacolando rapporti di scambio economico e commerciale primari e vitali per l’Italia. Il nostro futuro, oltre che il mediterraneo è l’Est europeo, ma questo non è ancora compreso da Bruxell e tanto meno dai nostri politici del momento che credono ancora ai legami di grembiule di mamma Usa e nonna Albione.

I successi russi nel campo diplomatico sono il fuoco centrale di una politica internazionale delle altre nazioni volta tutta al disfacimento globale. Putin nella sua piccola figura è l’emblema unico nel mondo “che gioca secondo le regole. Quelle stabilite dal sistema internazionale di Westfalia centrato sulla sovranità degli Stati, e consolidate dai modelli geopolitici dei secoli passati”.

London School of Economics: “Non rimarrà nulla dell’Italia”

18 ottobre 2013 4 commenti

I Befera stroncano gli imperi

30 giugno 2013 Lascia un commento

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attilio_befera_550

Dalla sezione libera di Effedieffe traggo questo articolo di M.Blondet che merita molta attenzione, poiché se la storia non si ripete esattamente, insegna concetti ed avvenimenti che invece sono attuali. Il caso Equitalia e tutto quello che segue, pur coperto dai media, deve essere posto in primo piano, perché ciò che accade ora è già successo.

Ve l’avevamo detto….

Un piccolissimo imprenditore si dà fuoco davanti a una sede dell’Agenzia delle Entrate. Una cinquantina di piccoli imprenditori si sono già tolti la vita, schiacciati dalla triplice ganascia delle banche che non fanno credito, della recessione, dei clienti (o dello Stato) che non pagano, e dell’esazione fiscale.
«Contiamo di fare ancor meglio nel 2012», dichiara Attilio Befera, il capitesta di Equitalia (450 mila euro annui), nel comunicare i trionfi della sua torchia: 12,7 miliardi di euro incassati l’anno scorso, con un aumento del 15,5% rispetto all’anno prima. Sono anni che gli intriti tributari aumentano del 10-15% annuo – senza che l’economia aumenti affatto. Significa che si taglia nella carne di un Paese che la torchia immiserisce e devasta.
Ma, dice Befera, «LAgenzia è complessivamente cresciuta in tutti i settori… Un risultato raggiunto grazie alla professionalità dei nostri dipendenti e alle strategie adottate che hanno puntato sempre più ad una maggiore efficacia ed efficienza».
L’efficienza di cui si vanta Befera è quella che ha fatto crollare l’impero romano. Lo illustrò l’oratore ed apologista Lattanzio (240–320 dopo Cristo), africano. L’imperatore Diocleziano, che regnò dal 284 al 305, spiega Lattanzio, aveva messo in atto una riforma fiscale così efficiente, riorganizzando gli uffici in modo così perfetto, che le tasse venivano prelevate molto meglio di prima. Tanto bene, che i contadini, per la «enormitas indictionum», ossia per il «peso enorme delle tasse», fuggivano di casa per non farsi trovare dagli esattori, «e i campi tornavano a inselvatichirsi».

Nella sua provincia, l’Africa (che comprendeva il territorio di Tunisia e Algeria), Lattanzio aveva visto strade, villaggi e campagne resi insicuri dall’infuriare dei circumcelliones, lavoratori stagionali – precarii, si direbbe oggi – rovinati dalle tasse e dalla crisi. Abituati a muoversi in gruppi organizzati, percorrevano la provincia prima mendicando e poi taglieggiando, strappando i ricchi dalle loro carrozze e trucidandoli nelle loro ville, ammazzando preti e bruciando chiese (erano donatisti, piissimi, ammazzavano al grido «Deo laudes»).
Sant’Agostino, vescovo di Ippona, africano, li definisce banditi e pazzi furiosi «perditorum hominum dementissimi greges» che «vagano per la campagna senza partecipare al lavoro dei campi e disturbano il sonno degli innocenti» che «per mangiare si aggirano attorno ai granai». Da ciò – spiega Agostino – il nome di circumcelliones. Ma loro si definivano Agonisticis, lottatori di Cristo e per la giustizia sociale.

Lattanzio, giunto a Treviri come istitutore del figlio dell’imperatore Costantino, poté constatare che la Gallia era ridotta al disastro da un simile fenomeno sociale: qui erano i «bagaudi» (qualcosa che nel dialetto celtico significava «ribelli autonomisti»), bande ben organizzate di disertori e contadini-evasori fiscali per necessità, che funestavano le campagne spinti dalla fame e dalla disperazione, ma anche da sete di giustizia sociale. Dovunque poterono costituire centri autonomi, eliminarono il latifondo e la schiavitù.
In Egitto – granaio di Roma e proprietà dell’imperatore, quindi più tartassato di tutte le altre provincie – la spoliazione messa in atto dalla macchina fiscale è ben illustrata dal caso di Sant’Antonio del deserto, il copto Abba Antonio. Antonio ereditò dai genitori 300 arurae di fertili di campi (circa 80 ettari), contro le 40 arurae medie di un fellah egiziano di allora. Era dunque un fellah benestante. O lo sarebbe stato, senza l’efficienza spietata del fisco. Per il pagamento delle tasse, (in sacchi di granaglie), era stato inventato il «sostituto d’imposta»: nel senso che dopo aver fissato una quantità di grano per ogni villaggio egiziano, i funzionari imperiali sceglievano due o tre dei più ricchi del Paese, e li rendevano responsabili del pagamento della tassa da parte della intera comunità: ne rispondevano con il loro patrimonio privato. In tal modo, i designati, per non ridursi essi stessi all’insolvenza, si dovevano fare aguzzini dei loro vicini di casa, estraendo l’ultimo sacco di grano ai contadini più poveri, che già vivevano ai limiti della sussistenza.

Sant’Antonio Abate

Antonio si trovò sicuramente, data la sua ragguardevole proprietà nella condizione di esattore-sostituto, o «curiale», come erano ufficialmente definiti questi malcapitati, che si facevano odiare dai membri del villaggio. Così non è strano che – lui analfabeta – ascoltò da un predicatore cristiano la frase di Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’ vendi quello che possiedi e dallo ai poveri», ebbe l’illuminazione: fuggire al fisco diventava possibile! Bastava non aver più reddito alcuno. E allontanarsi, per prudenza, dove la macchina esattoriale aveva difficoltà a reperire i contribuenti: nel deserto. Il suo biografo (Sant’Atanasio vescovo) attesta che Antonio immediatamente «regalò il suo terreno ai vicini». Il particolare è di cruciale importanza: Antonio non potè «vendere» la sua terra per dare il ricavato ai poveri, dovette «regalarla», perché nessuno la voleva essendo legato a quella proprietà il dubbio privilegio di farsi torchiare a sangue, e diventare aguzzino dei compaesani. Oppure, perché i vicini non gli avrebbero consentito di andarsene nel deserto, se prima non dava loro il cespite e i raccolti con cui placare i funzionari romani.

Fatto sta che, una volta constatato che nel deserto (ossia probabilmente dietro casa, essendo in Egitto) Antonio riusciva a sopravvivere, attesta Attanasio, «molti uomini facoltosi seguirono Antonio nella fuga (e nell’evasione) del deserto, «per scaricarvi i pesi di questa vita». Nacque così il monachesimo. Gli anacoreti diventarono sempre più numerosi attorno alla caverna di Antonio Abate (Abba, in copto), fino quasi a formare una città di anacoreti. Vivendo in estrema frugalità (due pani di segale al giorno, qualche volta fave e lattuga) ma – Atanasio lo sottolinea espolicitamente – «lì nessuno veniva tormentato dall’esattore delle tasse».
Il monachesimo fu un successo travogente. Migliaia di egiziani, non solo contadini ma soldati (per lo più giovani copti arruolati a forza in retate e gettati a combattere barbari biondi nel gelidi Nord) avevano trovato il modo migliore per salvarsi dal demonio e dai Befera del tempo: salvarsi l’anima rinunciando a consumare e praticando l’ascesi, e cessando di produrre ricchezza; niente produzione, niente tassazione. All’impero che aveva voluto (dovuto) tassare troppo, cominciarono a mancare i contribuenti e anche i soldati, che dopo che il cristianesimo era stato riconosciuto dallo Stato (l’editto di Costantino) avevano un modo legale di sottrarsi alla leva, facendosi monaci. Si arrivò al punto che l’imperatore Valente, nel 375, mandò i suoi legionari nel deserto di Nitria a rastrellare sistematicamente gli eremiti nei loro affollatissimi romitaggi. Furono presi e portati in carcere, oppure «stanati dai loro nascondigli» e obbligati a tornare a casa «perché adempissero il loro dovere nella comunità d’origine», narra San Gerolamo: ossia la funzione di sostituti d’imposta. Molti si rifiutarono di tornare a casa, e furono uccisi a bastonate. Valente, nel suo gergo militaresco, li aveva bollati come «ignaviae sectatores», che significa «banda di lavativi», ma anche «volontariamente inattivi, improduttivi». Oppure renitenti alla leva e al fisco «sub specie religionis», con la scusa della religione.
Ma ormai l’efficiente fiscalità romana aveva raggiunto il punto, in cui non valeva più la pena affannarsi a produrre nulla. Questo punto è stato raggiunto in Italia. Che faccia nascere santi eremiti come Antonio del Deserto, pare improbabile data la mentalità corrente. Ma almeno, circumcelliones e bagaudi, sarebbe ora.

(30 marzo 2012)

Siamo tecnicamente falliti

26 giugno 2013 Lascia un commento

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Le notizie che si leggono sul versante finanziario sono talmente negative che in altri tempi le borse sarebbero crollate miseramente ad un –20% in un solo giorno.

Alcune per capire il livello globale di menefreghismo:

  1. Probabile manovra di 20/30 miliardi ad autunno che saranno aggiunti agli oltre 80 miliardi che l’Italia paga per il patto di stabilità e il fondo salva-stati;
  2. Befera annuncia che mancano all’appello 545 miliardi dalle casse dello stato;
  3. INPS in profondo rosso, dopo l’accorpamento dell’istituto pensionistico dei dipendenti pubblici l’INPS si accorge di un buco di oltre 30 miliardi: pensioni dal 2014 a rischio per tutti.
  4. I conti italiani sono stati manomessi come la Grecia aveva fatto per poter essere ammessa ad entrare in Europa, si vocifera di circa 8 miliardi, ma trattandosi di derivati con leva esponenziale anche oltre 1:300, ho il sospetto che i numeri siano molto più alti.
  5. L’evasione fiscale sembra assumere contorni da giallo-horror: privati all’Italia centinaia di miliardi e la colpa è delle Piccole Medie Imprese/Artigiani.
  6. Debito pubblico oltre i 2.000 miliardi, impagabile.

Davanti a queste perle di saggezza cosa fanno le borse oggi: tutte positive con un bel +2%.

La schizofrenia regna e dilaga nelle menti drogate dei coca-boys della finanza, c’è poco da dire.

Eppure chi saranno i responsabili di quanto sopra? Chi pagherà per le malefatte che ci hanno portato in questa situazione? Sempre il solito cittadino inerme e senza potere, poiché nemmeno quello del voto ha una funzione purgativa. Per esempio, abbiamo votato l’adesione all’Europa? Al trattato di Mastricht e a quello di Lisbona? Abbiamo dato il consenso per il Patto di Stabilità? Per il Fondo Salvastati? Abbiamo eletto noi la Commissione Europea che decide vita e morte delle nazioni europee?

Sono tutte domande retoriche, ma reali, e visto che dicono che siamo in democrazia questa si misura proprio sull’eleggibilità delle cariche più alte, ma anche in questo caso è retorica. La democrazia, intesa come la rappresentazione degli interessi di un popolo, non esiste. E chi ci crede è sicuramente in malafede oppure è uno dei tanti ingenui.

Banche e tassi negativi

26 giugno 2013 Lascia un commento

cassaforte materassp .

Qualche tempo fa si parlava del possibile fallimento del sistema bancario, ma l’aiuto della BCE e le iniezioni di liquidità ha permesso al sistema di stare in piedi con le stampelle. All’inizio di giugno, a seguito delle parole di Mario Draghi, le borse europee hanno avuto un sussulto, un ruttino per un boccone non bene digerito. Di che si tratta? In soldoni, visto che parliamo di banche, l’emerito Draghi ha fatto sapere che ci sarà la possibilità che i tassi di interesse in conto deposito potranno essere negativi: “Non prendiamo mai impegni in anticipo ma tutto il lavoro di preparazione per avventurarci nei tassi negativi e’ stato compiuto”… “se cio’ verrebbe combinato con altre misure, non sono nella posizione di dirlo”. Booomm!!

In sostanza dalle parole non appare chiaro se il discorso sia riferito ai conti deposito dei cittadini o a quelli delle banche che chiedono a prestito dalla BCE. Quale che siano i punti da verificare è ineluttabile che anche il cittadino avrà la relativa mazzata sui suoi sudati risparmi.

Quello che colpisce è che già adesso i tassi di interesse sono negativi, il che vorrà dire che, con la nuova manovra che si sta profilando all’orizzonte, sprofonderemo sempre più nel baratro della miseria più nera. La fuga dei capitali è già iniziata molto tempo fa e solo l’anno scorso sono usciti dall’Italia oltre 235 miliardi di euro, ma la stima è ovviamente in difetto.

Quello che vede chiaramente la situazione, in tempi non sospetti, fu Willem Buiter che nel 2009 stese per il FT una relazione che spiegava dettagliatamente la necessità dei tassi negativi motivandoli che in periodi di espansione (inflazione) le banche centrali hanno la possibilità di aumentare i tassi, mentre in quelli di deflazione o recessione al massimo li possono portare a zero, mentre nella realtà, secondo quanto spiega Buiter i tassi dovrebbero essere negativi, in linea con l’andamento dei mercati. Quello che però, a mio modesto parere, dimentica od omette Buiter, è che le banche sin dagli anni 2000 non hanno mai operato per l’economia reale a pieno regime, ma hanno spostato le loro attività in quella della speculazione finanziaria molto più remunerativa, ma anche al tempo stesso, più rischiosa, scaricando sui clienti il costo delle operazioni in perdita. Draghi infatti accusa i governi europei come primi responsabili del risanamento delle banche nazionali.

Purtroppo il sistema bancario globale è allo sbando completo con in testa le maggiori banche centrali e il comune cittadino, per mettere al riparo i suoi risparmi, ha come unica risorsa solo il materasso.

Briciole…

22 febbraio 2013 Lascia un commento

pdpdl

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Mancano pochi giorni alla sorpresa finale di queste buffonate di elezioni politiche italiane. Alcuni ammettono sommessamente che qualcosa cambierà, altri che non cambierà nulla e il popolo – noi – stanco delle solite previsioni e dei soliti dibattiti noiosi e inconcludenti, cerca una soluzione per mandare all’aria un certo tipo di casta e per dare aria alle stanze del potere. Accadrà qualcosa? Lo vedremo il 26 febbraio, salvo brogli elettorali che quest’anno potrebbero essere maggiormente attivi.

Lo scenario ormai lo conosciamo tutti e ripetere quelli che molti altri più esperti dicono non serve a nulla. E’ interessante, comunque, la notizia delle bugie di Giannino sul suo “Master”, poiché tutto avremmo potuto dire su questo personaggio, ma di essere un bugiardo, ingenuo e vanitoso bugiardo, no!

Eppure, vanità e la superbia, e una certa dose di veleno di Zingales, hanno completato l’opera di distruzione di una forza politica che sarebbe probabilmente utile al nostro paese.
In un’intervista su Rainews24 Giannino dichiarava che gli erano stati offerti seggi in parlamento e senato. Le forze politiche che gli fecero queste offerte: PD, PDL e Centristi (Casini). La sua risposta, ovviamente, fu un secco no!
Da qui nasce il sospetto che Zingales, un signor nessuno, laureato alla Bocconi con PhD, in Economia alla Massachusetts Institute of Technology, amministratore indipendente della Telecom e giudicato uno dei 100 maggiori pensatori del globo più influenti (!). In poche parole Zingales, che nessuno prima di questo caso conosceva, appare essere l’elemento di contatto tra quelli che Giannino vorrebbe regolamentare  e che appartengono alle stesse schiere dei suddetti gruppi politici. La risposta al no di Giannino quindi non si è fatta attendere.
La massoneria non perdona mai e nessuno!

Ma la rete aiuto chi cerca e scopriamo un altarino che molti del PD e del PDL non vorrebbero ascoltare. Bene! vediamo di che si tratta.

Monti, massone senza saperlo, Zingales, un subdolo ingenuo.

Zingales ha scritto un editoriale, comparso oggi sulla prima pagina de Il Sole24 ore, che –in teoria- avrebbe dovuto far fare un salto sulla sedia all’intera classe politica italiana, spingere rainews24 a parlarne per ore, e convincere i nostri baldi italioti, da Vespa a Santoro, da Lerner a Floris, ecc.,ecc a organizzare subito confronti, dibattiti, discussioni.

Non ne parlerà, invece, nessuno.

Perché questo non è un paese normale.

Chi gestisce il potere sa benissimo che la libertà di stampa è stata abolita in Italia usando l’oppio mediatico. Il pubblico è narcotizzato e non è più in grado di discernere. Gli italiani hanno perso la strumentazione mentale necessaria per decifrare e decodificare gli articoli stampati e capire la differenza tra un giornalista e l’altro.

Che cosa ci racconta Zingales sul suo editoriale?

Senza fare ideologia, senza parlare di politica né di partiti, senza alzare inutile polvere sporcata da eventuali aspetti di gossip e chiacchiericcio da dilettanti, ci spiega come –approfittando della distrazione beota degli italiani- sia passata un’operazione finanziaria FONDAMENTALE in borsa che rappresenta il punto d’incontro tra il PDL e il PD.

Niente di male in tutto ciò. E’ legale.

Il fatto è che non ne parlano certo né la truppa mediatica asservita al PD né tantomeno quella asservita al PDL.

Ne parla però Il Sole24ore.

Perché ne parla?

Semplice e lineare: perché quest’alleanza (QUESTI SONO I VERI POTERI FORTI DELL’ITALIA NELLA BORSA VALORI) sancisce il compromesso dell’Ancien Regime per abbattere definitivamente qualsivoglia progresso, libertà, modernizzazione, apertura dei mercati nel paese e Confindustria (che è proprietaria della testata) sa benissimo che tale alleanza velenosa tra la vecchia ala comunista italiana e la vecchia ala reazionaria liberista berlusconiana, finirà per radere a zero ciò che resta della spina dorsale dell’industria italiana e dell’imprenditoria. Tradotto in parole più semplici vuol dire che “politicamente” sia il PDL che il PD (con la benedizione del ragionier robotico Monti) hanno deciso di sostenere la speculazione finanziaria a danno della produzione di merci.

Cioè hanno deciso di fare ESATTAMENTE L’OPPOSTO di ciò che sostengono di star facendo e vi stanno ingannando a tutti.

Nell’articolo (che qui sotto riporterò in ampi stralci) si parla di come “approfittando della distrazione del paese, la vera lobby, la lobby delle lobby, Mediobanca, ha scelto di prendere per mano Unipol e farle salvare Fonsai di Ligresti”.

E’ molto peggio della bicamerale.

E’ centomila volte peggio.

E’ l’accordo di mercato tra Bersani e Berlusconi che metterà in ginocchio l’imprenditoria mercantile che produce lavoro e ricchezza.

E’ la risposta politica dei piddini e dei pidiellini al lavoro della magistratura, iniziato con l’attacco a Penati, proseguito con l’attacco al San Raffele, e ultimato in questi giorni con l’arresto, in pratica, di tutto il consiglio di amministrazione della Regione Lombardia con enorme sofferenza di Roberto Formigoni e della Lega Nord (è per questo motivo che è in grave subbuglio: temono la galera con manette vere, altro che elmi con le corna).

Con questo accordo finanziario, il mondo delle cooperative, le grandi banche dell’Emilia Romagna e della Lombardia diventano soci di una delle più corrotte famiglie italiane, i Ligresti, già finiti in galera con tangentopoli, uno dei più poderosi e solidi bracci destri di Silvio Berlusconi e di Roberto Formigoni nel mercato dei capitali.

Tanto per farvi capire il Senso dell’editoriale in questione, finisce così: “…..hanno ragione i tassisti”.

E se Confindustria usa questi toni –e sa ciò che sta dicendo- vuol dire che stanno cercando di metterci nel sacco a tutti con un inciucio consociativistico che rende sempre più legittima la definizione delle manovre di governo come La Grande Truffa.

Diffondete l’articolo dell’”eroe mediatico” Zingales, soprattutto presso le persone per bene della sinistra democratica che hanno il diritto di sapere che i più importanti sostenitori e finanziatori del PD hanno scelto di allearsi e associarsi nel mercato dei capitali con il livello più esteso e basso di corruzione economica nel paese. Sono andati al salvataggio di Silvio Berlusconi e di Roberto Formigoni. E’ bene che la gente si renda conto in quali mari sta navigando la Concordia dell’appoggio a Mario Monti.

Ecco alcuni pezzi dell’articolo in questione:

Solo cinque anni fa FonSai capitalizzava cinque miliardi di euro, oggi in borsa ne vale solo 235 milioni. Un maligno potrebbe pensare che si tratti di un’iniziativa ad arte volta ad impedire che una rete come quella di Fondiaria, che deve essere fatta di ferro per resistere ancora in piedi a più di un quarto di secolo di cattivo management, finisca nelle mani di un imprenditore capace. Per Mediobanca, che ha il 13,5% di Generali, sarebbe un duro colpo. Meglio un manager meno in gamba. Meglio se un’altra compagnia di assicurazioni. Si consolida ulteriormente il mercato (a vantaggio di tutti i produttori incluse Generali) e si distrae un competitore che per i prossimi anni sarà impegnato a raccapezzarsi nella confusione lasciata dai Ligresti. Io temo che la realtà sia meno machiavellica, ma, se possibile, peggiore.

In passato l’ho definito capitalismo di relazione, ma ora ritengo che sia offensivo nei confronti del capitalismo, quello vero. Preferisco chiamarlo comunismo societario. D’altronde una delle differenze sostanziali tra capitalismo e comunismo è chi prende le decisioni. In un sistema capitalistico sono i proprietari a scegliere e a subire le conseguenze economiche delle proprie scelte sbagliate. In un regime comunista le scelte economiche vengono fatte secondo una logica di potere e le conseguenze economiche di queste scelte non ricadono su chi le fa, ma sulla collettività. Si nomina la persona di cui ci si fida, la persona che non mette a rischio la posizione di potere di chi lo nomina. Questa è la logica che ha sempre prevalso in Mediobanca.

Unipol viene scelta non perché è la migliore opzione per gli azionisti di FonSai o quelli di Mediobanca, ma perché è la meno pericolosa per il sistema di potere di cui Mediobanca è al centro.

Unipol non viene scelta perché disposta a pagare di più gli azionisti, ma perché più disponibile a strapagare la famiglia Ligresti, dando a «ciascuno dei suoi componenti» (bimbi compresi?) un patto di non concorrenza della durata di cinque anni, in cui ognuno di loro riceve 7oomila euro all’anno per «non avvalersi dei loro consolidati rapporti con la rete agenziale e la clientela del gruppo FonSai», come recita la lettera di intenti di Unipol. Data la performance dimostrata dalla famiglia Ligresti io avrei offerto quella cifra a qualsiasi concorrente che li volesse assumere.

Questo comunismo societario ha potuto trionfare in Italia perché non c’erano le regole sulla trasparenza, concorrenza, e rispetto dei diritti degli azionisti di minoranza di cui un mercato ha bisogno.

Ben vengano le tanto attese (anche se troppo modeste) liberalizzazioni dei tassisti, dei farmacisti, e dei notai. Se l’Italia sta affondando, però, non è perché abbiamo due farmacie o tre taxi in meno. È perché i meccanismi di selezione della nostra classe dirigente sono distorti. Nel Far West privo di regole prevalevano i pistoleri più veloci, non i manager più capaci. Nell’Italia senza regole prevalgono i Gardini, i Ligresti, i… È l’incapacità di manager come questi a competere sui mercati internazionali che sta facendo affondare il nostro Paese.

È ora che Consob, Agcom, e governo agiscano.

Altrimenti hanno ragione i tassisti.

La Grande Truffa si tinge di bugie, di ipocrisie.

Questo governo è sostenuto, fondamentalmente, dagli interessi retrivi e reazionari della P2. Sentite che cosa risponde il ragionier robotico Mario Monti alla domanda elementare di Lilly Gruber che gli chiedeva se lui fosse massone non so bene cosa sia la massoneria. Io so di certo di non essere massone e non saprei neanche come valutare o accorgermi se uno lo e’. In fin dei conti per una persona banale e concreta come me e’ un concetto un po’ evanescente“.

Sono contento che Mario Monti ci consenta legalmente di definirlo una “persona banale”. Concordo con lui, è ciò che è.

Per non dire di peggio.

Cito, inoltre, il commento di Gioele Magaldi, Maestro Venerabile del Grande Oriente Democratico, una loggia laica e libertaria della Massoneria italiana, rispetto a questa frase del nostro robot. La frase ha un suo peso perché proviene dall’interno della massoneria. E’ un fratello che si assume la responsabilità civile e politica di sbugiardare un altro fratello, e lo fa nel nome della necessaria pulizia etica di cui abbiamo tanto bisogno nel paese.

Per ora ci limitiamo a registrare queste parole, riservandoci a breve un adeguato commento. In questa sede possiamo solo osservare che, dopo i Ministri che ricevevano in regalo appartamenti o viaggi a loro insaputa, adesso l’Italia ha un Premier che è MASSONE A SUA INSAPUTA…
Forse l’avranno consigliato di parlare così i Fratelli inglesi della City di Londra (“negare, sempre negare, anche di fronte all’evidenza”, come del resto suggeriva Licio Gelli ai fratelli piduisti, se colti con il sorcio in bocca e il nome in qualche lista) dai quali il Massone anglofilo Monti è appena andato a chiedere fraterno soccorso per il suo traballante percorso di statista”.

Come dire, è andato a Londra, buttandosi in ginocchio, per vendere e svendere il patrimonio pubblico italiano, garantendo adeguata copertura grazie ad accordi compiacenti in borsa tra PD e PDL, tra Unipol e Ligresti.

Sulle spalle del popolo italiano.

Sulla pelle di tutti noi.

E poi vogliamo andare a votare dei lazzaroni vestiti a festa?

Ref: Sergio Di Cori Modgliani

Fallimento Italia, c’è anche un decreto che lo annuncia.

12 febbraio 2013 1 commento

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A volte ci si chiede come può uno stato fare fallimento, ma le risposte che si ottengono sono sostanzialmente due: chi dice che è impossibile e chi sostiene il contrario. Diciamo che è possibile quanto impossibile, ovvero uno stato che viene definito fallito non riesce pagare più i propri dipendenti, gli appalti e gli introiti che riceve non sono sufficiente a ripianare il debito delle spese correnti.

Tralasciamo gli interessi sul debito, in Italia abbiamo alcuni casi che sono sintomi di un fallimento imminente: 80 miliardi di euro che lo stato deve restituire a imprese e privati [alcuni politici hanno avuto a cuore questo problema ed hanno proposto di finanziare la restituzione parziale di 50 miliardi in 5 anni emettendo obbligazioni che gli italiani andrebbero a acquistare. Che genialata!). Nella realtà nessuno è in grado di dare una risposta del genere. considerando poi che abbiamo un bubbone che ogni anno si ingigantisce pari al patto di stabilità (MES) che prevede un esborso statale di 40 miliardi all’anno, se tutto va bene, poiché sappiamo che in Italia quando si prevede una spesa l’anno successivo è quasi raddoppiata.

A queste due piccoli problemi aggiungiamo la spesa pubblica di circa 800 miliardi che sono il 46,7% del PIL ed è rappresentata per quasi il 93% da stipendi dei dipendenti pubblici e dei servizi. (fonte: CGIA Mestre). Solo con un conto stupidissimo capiamo che una spesa annua di 890 miliardi è alla lunga insostenibile, poiché gli introiti basati sulle imposte dirette ed indirette non coprono certamente quanto lo stato (questo stato) spende. I nostri passati governi hanno sempre attuato una politica finanziari impositiva aumentando la tassazione fino a valore unici nel mondo: 70%! In queste condizioni, note a tutti, appare evidente che nessuna impresa è in grado di poter lavorare con la tranquillità che serve.

Solo nel veneto almeno 700 aziende sono delocalizzate in Carinzia dove la tassazione non supera il 25% e la burocrazia è praticamente assente. Hanno ragione? Direi di sì considerando la giungla di leggi, regolamenti e imposizioni che sono per lo più vessatorie contro quelle aziende che nel territorio hanno invece contribuito per anni al benessere della comunità.

A tutto questo che è molto poco rispetto a quello che si legge e che c’è nella realtà, abbiamo la ciliegina sulla torta.  Infatti “è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 dicembre 2012 il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012, con il quale è stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2013 (G.U. n. 294 del 18/12/12), le nuove emissioni di titoli di Stato aventi scadenza superiore ad un anno saranno soggette alle clausole di azione collettiva (CACs)” e tutto questo passato in totale silenzio dei media più blasonati, ma era più importante parlare delle puttanelle di Berlusconi o dell’arresto di Corona.

Cos’è il CACs? Null’altro che uno strumento che permette di cambiare le regole in corso d’opera per quelli che acquisteranno le obbligazioni di stato (BTP, CCT, BOT CTZ). In sostanza è la capacita di modificare interessi, tempi di scadenza qualora si presentasse la situazione che rendesse necessario la modifica. Come dire che lo stato può fallire. Ma come si legge lo stato è buono perché questo verrebbe applicato solo al 45% delle emissioni, ma sappiamo che iniziata una strada lo stato (questo stato) la completerà in brevissimo tempo.

In definitiva quindi lo stato prevede i suo fallimento perché previsto dal suddetto decreto, pertanto quando andate in banca e vi vogliono vendere qualche strumento finanziario alzate la soglia di attenzione e rifiutate quelle obbligazioni che siano soggette a questo decreto, oltre ovviamente a rifiutare anche quegli strumenti che la banca vi propone come suoi dato che in casa di fallimento della banca NON sono coperti dalla garanzia di stato.

Ma su MPS si dice veramente tutto?

4 febbraio 2013 Lascia un commento

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Nel 2008 la banca Lehman Brothers dichiara fallimento per un debito di 613 miliardi di dollari. La Fed ed il governo Usa, guidato da Obama, non applicano il “Chapter 11” per il salvataggio. E’ bagarre e panico in tutto il mondo finanziario. In Italia alcune ripercussioni da allora ad oggi non sono ancora terminate, anzi, il bacillo del lievito-bancario è più che mai attivo e il velenoso pane che i criminali banchieri hanno preparato, è ormai sulle nostre tavole.

Il cane da guardia del colle più alto di Roma dichiarava il 1° febbraio:”Abbiamo spesso degli effetti non positivi, quasi dei cortocircuiti tra informazione – che tende ad avere il massimo di elementi per poter assolvere a un ruolo di propulsione alla ricerca della verita’ – e, nello stesso tempo, riservatezza necessaria delle indagini giudiziarie e rispetto del segreto d’indagine“.

Ma vediamo cosa intende quell’inveterato comunista massone.

Nell’autunno del 2007 MPS emette una delibera ufficiale firmata Gabriello Mancini (deputato ente fondazione mps) con la quale vengono “ingaggiati gli advisor che dovranno gestire, controllare e riferire l’andamento degli investimenti finanziari e l’intera procedura relativa all’acquisizione di Antonveneta”. Firmano l’accordo con tre società: J.P.Morgan, Credit Suisse a Banca Leonardo. Costo delle competenze 4.980.000.000 di euro (poco meno di 5 miliardi).
Scelgono anche il delegato dell’intera operazione, Mr. Monti jr., il figlio dell’attuale premier dimissionario Mario Monti, in quanto direttore responsabile del marketing operativo europeo di J.P.Morgan, colosso finanziario statunitense. Il tutto con beneplacito della direzione di PD, PDL, Udc e logge massoniche locali.
Due mesi dopo, una ulteriore delibera accredita a J.P.Morgan un successivo milione di euro secco extra, di cui non esiste fattura alcuna di riscossione essendo avvenuto su conto estero/estero. Il presidente di MPS è Muccari e vice presidente che deve mettere la firma è Francesco Caltagirone, suocero di Casini. Ma è necessaria l’autorizzazione definitiva sia del sindaco di Siena che del presidente della provincia, i quali autorizzano e firmano la delibera che dà pieni poteri a questi colossi di gestire i loro soldi. Non c’era nessun senese che non lo sapesse, anche perché non appena parte l’operazione arrivano soldi per tutti a Siena, dai grossi imprenditori al modesto barista che voleva ristrutturare il suo locale.

Nel 2008 MPS eroga 222.000.400 di euro (duecentoventidue milioni di euro) come “cifra da devolvere come investimento di beneficenza nel territorio” e partono altri soldi che ricadono a pioggia sull’intera città e provincia. A novembre di quell’anno, lo Stato provvede a fare un prestito voluto da Giulio Tremonti di 2 miliardi di euro al fine (così è scritto) “di consentire all’istituto di rispettare i parametri e i dispositivi previsti dagli accordi europei”. Tale cifra viene investita nel seguente modo: 1 miliardo per acquistare bpt italiani, 600 milioni in derivati scelti da J.P.Morgan (cioè Mr. Monti jr.) e 400 milioni in “beneficenza” di cui si occupa la Banca Leonardo che chiude una joint venture per “gestire il patrimonio nel territorio” con la Banca Mediolanum. Non è dato sapere dove siano andati a finire questi soldi perché essendo una “fondazione benemerita” che non paga tasse, si avvale (nel rispetto della privacy!!) del diritto di non rendere pubblico il nominativo di chi gode della beneficenza dell’ente che deve risultare anonimo. Nel 2010, Tremonti fa avere alla banca circa 25 miliardi di euro, con i quali MPS fa lo stesso giochetto: acquista circa 15 miliardi di bpt così abbassa lo spread, ne investe 9 in speculazioni azzardatissime e un altro miliardo così, a pioggia, nel territorio, di cui si sa poco o nulla. Per celebrare la bontà dell’operazione viene chiamato come “consulente e advisor d’aggiunta” l’on. Gianni Letta, a nome di Goldman Sachs, il quale provvede a fare in modo che venga varata una delibera nei primi mesi del 2011 nella quale si sostiene che “la fondazione per fare cassa e poter dunque sostenere l’ònere dell’operazione di acquisizione di banche terze, delibera di cedere il pacchetto delle proprie azioni privilegiate nell’ordine di 370 milioni di euro al nuovo advisor aggiunto Goldman Sachs, nella persona del suo consulente delegato rappresentante on. Gianni Letta”. E così, si trovano insieme, nel 2011, la famiglia Monti, la famiglia Letta, la federazione del PD sia di Siena città che di Siena provincia, i Caltagirone, con il management direttivo che è composto da massoni indicati dalla federazione del PD. Nel solo 2010, Giulio Tremonti fa avere alla banca circa 40 miliardi di euro che seguono il solito giro di sempre, creando un vorticoso anello virtuale di grande salute finanziaria delle banche italiane e di tenuta della nostra economia, perché si tratta, in pratica, dello stato che si compra i titoli da solo fingendo che li stia comprando il mercato. Ma l’economia, prima o poi vuol sapere i conti reali. E nel giugno del 2011 cominciano i guai. J.P.Morgan, Goldman Sachs e Credit Suisse si ritirano, “grazie e arrivederci abbiamo fatto il nostro lavoro”, e a MPS si accorgono che dei 32 miliardi complessivi investiti in derivati non soltanto non hanno guadagnato un bel niente, ma è tutto grasso che cola se riescono a recuperare sul mercato qualche miliarduccio. Devono quindi coprire il buco. Perché? Semplice: hanno messo in bilancio negli ultimi due anni le cifre dei guadagni sui derivati presentando il tutto come soldi acquisiti mentre, invece, erano virtuali. Quindi i bilanci erano truccati. Non si sa a quanto ammontino le perdite. Lo sanno soltanto, presumibilmente , Gianni Letta e Monti jr. Lo stato, però, in quel giugno del 2011 non ha davvero più soldi da dare a MPS, perché solo nel 2010 Giulio Tremonti ha fatto avere complessivamente al sistema bancario italiano 89 miliardi di euro, di cui circa 20 miliardi passati alle fondazioni (Lega Nord) di Banca Carige, Banco di Desio e Brianza, Banco di Brescia, Banco Popolare di Valtellina, Banca di Sondrio (per questo l’hanno voluto nella loro lista) che si comportano come MPS, lo stesso tipo di giochetto.

Ma a giugno del 2011 sono finiti i soldi. Il management di MPS è disperato: non c’è più lo Stato a tirar fuori il grano, come si fa? Ghe pensi mì, dice Mario Draghi, conosco gente in Europa. E così il 10 giugno del 2011 fa avere subito 350 milioni da 12 banche europee, altri 400 milioni dallo stesso consorzio e successivi 2 miliardi da un pool di altre 19 banche europee ma MPS è ormai un colabrodo, perché i soldi servono soltanto a pagare gli interessi composti sui derivati. Il management, infatti, ha venduto carta straccia a 10 a gente che si è assicurata: quella carta, a giugno del 2011 vale 2 quindi adesso MPS deve pagare anche l’assicurazione . E così, entra in campo lo spread.

Una parola ignorata dagli italiani fino al giugno del 2011. PD PDL Udc Lega Nord Massoni senesi e Vaticanensi pensavano che il giochetto fosse eterno. E invece non era così. MPS si rivolge quindi al mercato che gli sbatte la porta in faccia e si trova davanti a tre alternative: a) fallisce; b) vende titoli tossici che nessuno vuole; c) vende i bpt italiani di cui ne ha almeno 80 miliardi scadenza a 2 5 e 10 anni.

Sceglie l’opzione C.

Gli viene imposta da tutta la classe politica.

E così, l’intera classe politica italiana (con l’aggiunta della famiglia Monti) dà il via.

Ma il mercato è implacabile.

E quelli di Goldman Sachs e di J.P.Morgan sanno i conti veri di MPS (li hanno gestiti loro) e così spargono la voce che la banca è disperata perché “tecnicamente” è già fallita e consiglia ai clienti di acquistare a peso morto bpt italiani scommettendo sull’innalzamen to alle stelle dello spread italiano puntando all’implosione del sistema economico italiano. Il bello è che, in questo giro perverso, partecipa addirittura MPS, perché i malati si comportano così: la terza banca italiana si lancia nel luglio del 2011 in una gigantesca operazione finanziaria puntando tutto sui debiti delle banche italiane, e le altre banche italiane la seguono. Da cui, finalmente si è riuscita a sapere la vera verità.

La truffa dello spread iniziata nel giugno del 2011 non era una truffa: era reale.

E non fu un attacco della speculazione internazionale, bensì un attacco suicida delle banche italiane, guidato da MPS che, per coprire le proprie perdite, vendeva sul mercato secondario miliardi e miliardi di bpt italiani come se fossero carta straccia, diminuendo il nostro potere d’acquisto, aumentando il disavanzo pubblico e rendendosi responsabili, nonché protagonisti, dell’ultima mazzata inferta alla Repubblica Italiana.”

Possiamo dire che nessuno sapeva? Che i politici e gli amministratori di regione, provincia e comune di Siena non sapevano? Ma come mai tra le mistificate azione della GdF nessuno è intervenuto e solo ora alcuni “ruttini” vengono fuori dalla gola profonda di MPS? Chi non ha avuto si riprende la rivincita, facendola pagare cara però al popolo italiano, ma il nostro rothwailer del colle più alto di Roma, ci dice che le cortocircuitazioni non possono essere il sistema di indagine e che ci vuole riservatezza e rispetto del segreto.

ref: il morbo MM

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