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Pena di Morte di una nazione odiata.

19 aprile 2014 Lascia un commento

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In un articolo di “La Repubblica” del 18.04.2014 Adriano Sofri commenta la commutazione della pena di morte in Iran (Amalek) di un condannato per il perdono della madre dell’uomo ucciso.

A prima vista sembra un articolo pregno di pathos, di emozione, di commozione, ma poi si copre la bassezza con il quale Sofri esprime giudizi.

Prima cosa che salta subito all’occhio è il giudizio politico e settario con cui Sofri dipinge la giustizia iraniana: “Qui si procede in economia: un’impalcatura di tubi innocenti arrugginiti, la corda passata sopra un tubo, una seggiola di legno cui dare un calcio. Un militare, un mullah, i parenti.”
La giustizia iraniana usa un sistema diverso rispetto, ad esempio, a quella del paese più democratico del mondo: gli Stati Uniti d’America, in cui un condannato a morte per omicidio rimane in carcere nel braccio della morte per molti decenni fintanto che qualche giudice decide di graziarlo con una endovenosa di buon veleno, oppure è cosa diversa a quella che accade agli amici di Sofri, i takfiri che con molta meno pubblicità fanno inginocchiare il malcapitato con mani e piedi legati, gli alzano il mento e con un coltellaccio da cucina gli squarciano la gola, finendo la loro opera di macellazione separando la testa da tronco. Questi, forse, sono le esecuzioni al quale Sofri farebbe riferimento. La giustizia è un gran bordello, dipende da chi paga e nel caso dei takfiri i pagatori sono Usa ed Israele, assieme ai signori dell’Arabia Saudita.

E’ notevole come Sofri non ‘soffra’ della giustizia saudita, già, perché lì, nel paese delle meraviglie ogni sgarro viene pesantemente punito con il taglio della testa: dai culattoni, alle lesbiche, ai ladri, agli stupratori ed alle stuprate subiscono la stessa pena: zac! Via la testa, e in forma pubblica che così ci si ricordi. Fa comunque un certo effetto notare come l’ associazione dei culattoni delle lesbiche e dei travestiti NON alzi barricate contro queste mostruosità anacronistiche, ma comunque reali ed odierne (non posto nessun video a tale proposito, ma basta fare una semplice ricerca in rete), mentre suona stonata la levata di scudi che questa associazione di pervertiti, pedofili abbiano boicottato le olimpiadi invernali di Sochi.

Nella legge iraniana vale una regola, forse arcaica, ma sicuramente molto più pratica che non le nostre mille ed inutili vessazioni: i famigliari del condannato hanno diritto di morte o vita, ovvero è sufficiente che questi decidano di condannarlo per dar luogo alla condanna di morte, oppure che perdonino per salvargli la vita. Certamente affidare la vita di un omicida a dei famigliari che non capiscono nulla di diritto è bizzarro, ma la domanda che sorge spontanea è: colui che ha tolto la vita cosa ne sapeva di diritto per decidere di ammazzare un suo simile? Direi che c’è una certa uguaglianza, ovvero, come sottolinea Sofri la legge del Taglione.

La stessa legge che viene inflitta in Palestina, a Gaza. Lì si lancia un razzo e dall’altra parte (il non-stato) parte una squadriglia di F-16 armati di bombe al fosforo, di Cluster (Bombe a Grappolo) e senza nessuna remora si bombarda a casaccio senza nessuna pianificazione, eliminando i problemi alla base. Occhio per occhio dente per dente. D’altronde lo ordina quell’infame libro che va sotto il nome di Bibbia, quell’orrendo libraccio, sconcio, pedofilo, massacratore precursore dello sterminio di genti ed attuatore della pianificazione, per esempio, della cancellazione di milioni di Armeni. Ma anche qui Sofri pare non vedere, non sentire, non capire. Com’è strano questo giornalismo a senso unico, eppure, anche nel non-stato esistono voci fuori dal coro che denunciano in modo chiaro le efferatezze e i soprusi compiuti dalla polizia, dai servizi segreti e dall’esercito di quell’ammasso di criminali usurpatori del territorio altrui.

Ci verrebbe da pensare che anche Sofri appartenga alla stessa genia del non-stato.

Eppure Sofri nel suo succitato articolo, affonda la lama di giudizio su un Iran ghettizzato, su una nazione messa al bando da mezzo mondo come dalle antiche scritture di quell’immondo libro della Bibbia:

Gli amaleciti sono un popolo antico, forse leggendario, che YHVH ordina ripetutamente di sterminare fino all’ultimo uomo, donna, bambino e animale. Qualche esempio dagli infiniti passi dell’Antico Testamento:

Esodo 25 (17-19):
«Quando il Signore tuo Dio ti avrà concesso quiete fra tutti i nemici che ti circondano, nella terra che il tuo Dio ti dona in eredità, tu cancellerai il ricordo di Amalek sotto il cielo: non dimenticare!».

1° Samuele, (15, 3-5):
«Va’ e colpisci Amalek; fallo a pezzi, vota all’anatema tutto quello che posside, non aver pietà di lui, uccidi uomini e donne, ragazzi e lattanti, buoi e pecore, asini e cammelli».

Anche il cabbalistico Zohar (1,25) insiste:
«…. Quando il Signore si rivelerà, essi (i popoli goym) saranno spazzati via dalla terra. Ma la redenzione non sarà completa finchè Amalek non sarà sterminato, perchè è stato fatto il giuramento che ‘il Signore  farà guerra ad Amalek di generazione in generazione’» (Esodo 16, 16).

 

E’ normale che un insieme di persone pensino in siffatta maniera? Io credo che qualche rotella fuori posto ci sia, ma la realtà è spesso bizzarra e infinitamente più crudele.

Ma Sofri, in cui il suo passato è percepito come una ventata di acqua di rose, non vede queste cose, per lui l’Iran è il male assoluto (Amalek) da sterminare.

25 maggio, votare contro il “Trattato Commerciale Transatlantico”

16 aprile 2014 Lascia un commento

ttip-no

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Mentre il polverone del Renzi bamboccio polarizza la politica italiana in cose irrealizzabili l’Unione Europea scende a patti nella messa a punto del Trattato Commerciale Transatlantico con gli Stati Uniti.

Pochi ne parlano, i media più in vista se ne guardano bene, eppure questo trattato porterà le diverse nazioni europee a servire le grandi multinazionali senza poter far valere le leggi nazionali od europee utilizzando un meccanismo che si insinua nelle pieghe giuridiche (investor-state dispute settlement).  
Alcuni casi possono togliere i dubbi sulla questione e il blog di vocidallestero le riassume bene:

  1. l governo australiano, dopo un grande dibattito dentro e fuori del parlamento, ha deciso che le sigarette avrebbero dovuto essere vendute in semplici pacchetti, contrassegnati solo con delle scioccanti avvertenze per la salute. La decisione è stata convalidata dalla Corte Suprema Australiana. Ma, in seguito a un accordo commerciale tra l’Australia e Hong Kong, la società del tabacco Philip Morris ha agito presso un tribunale offshore per ottenere una ragguardevole somma a titolo di risarcimento per la perdita di quella che definisce una sua proprietà intellettuale.
  2. In Canada, un tribunale aveva revocato due brevetti di proprietà della società americana Eli Lilly, sulla base del fatto che la società non aveva prodotto prove sufficienti sui presunti effetti benefici dei suoi prodotti. Eli Lilly ora sta facendo causa al governo canadese per 500 milioni di dollari, e chiede che le leggi sui brevetti del Canada siano cambiate.
  3. Durante la crisi finanziaria, e in risposta alla rabbia dell’opinione pubblica, l’Argentina ha imposto un congelamento alle tariffe dell’energia e dell’acqua (vi suona familiare?) . E’ stata citata in giudizio proprio dalle società di servizi internazionali le cui alte tariffe avevano spinto il governo ad agire. Per questo e per altri crimini, l’Argentina è stata costretta a pagare più di un miliardo di dollari di risarcimento.
  4. A El Salvador, le comunità locali hanno pagato un caro prezzo (tre attivisti sono stati uccisi) per convincere il governo a rifiutare la concessione per una grande miniera d’oro che minacciava di contaminare le riserve idriche. Una vittoria per la democrazia? Non per molto, forse. La società canadese che aveva chiesto la concessione ora sta citando El Salvador per 315 milioni di $ – per la perdita dei suoi profitti futuri.

Nella realtà ci troviamo in una situazione nella quale le decisioni dei governi nazionali hanno poca voce in capitolo per ostacolare le prodezze delle multinazionali, ma i governi sono utili per far passare ed approvare leggi sopra la volontà dei popoli europei. Il caso prossimo delle elezioni europee dovrebbe far pensare. Appare sempre più evidente che la politica italiana e quella europea avrà un voce unica di accomodamento per questi grandi gruppi: lo stesso Hollande è volato a Washington per combinare quanto invece i francesi MAI vorrebbero che si attuasse: è di questi giorni infatti la notizia che la camera bassa francese abbia proibito l’uso di mais OGM anche contro le leggi europee. Se mai verrà approvata questa legge sicuramente la Francia si troverà a fare i conti con la Monsanto, la Dupont, la Bayer, la Down, ma è comunque un segnale che, anche gli europeisti più accaniti come alcuni francesi, si sta cominciando a capire, forse, che un’Europa senza regole e soprattutto oscuratamente manipolata da una commissione europea (non è eletta da nessuno) che può fare e disfare senza un controllo politico, non ha senso. La sinistra francese, tramite un suo rappresentante di spicco come l’economista Frédéric Lordon, ha criticato aspramente questa unione europea e così pure l’ex ministro per l’economia Jean Arthius denunciando sette punti:

«Primo – mi oppongo alla composizione privatistica delle controversie fra Stati ed imprese. Domani, come vuole la proposta americana, un’azienda che si ritenga lesa dalla decisione politica di un Governo vi potrebbe ricorrere. È l’esatto contrario della mia idea della sovranità degli Stati.
«Secondo – mi oppongo ad ogni messa in causa del sistema europeo di denominazione d’origine controllata. Domani, se l’hanno vinta gli USA, ci sarà solo un registro non vincolante, e solo per i vini e liquori. Una tale riforma ucciderebbe molte produzioni locale europee il cui valore poggia sull’origine certificata.
«Terzo – Mi oppongo alla firma di un trattato con una potenza che spia massicciamente e sistematicamente i miei concittadini europei, e le imprese europee. Fino a quando l’accordo non protegge i dati personali dei cittadini europei (ed americani se è per questo), non bisogna firmarlo.
«Quarto – Gli Stati Uniti propongono uno spazio finanziario comune transatlantico, ma rifiutano categoricamente una regolamentazione comune della finanza, come rifiutano di abolire le sistematiche discriminazioni fatte dalla piazze finanziarie americane contro i servizi finanziari europei. Io mi oppongo a questa idea di una “spazio comune” senza regole comuni, e che manterrebbe le discriminazioni commerciali.
«Quinto – Mi oppongo alla messa in causa della protezione sanitaria europea. Washington deve capire una volta per tutte che nonostante la sua insistenza, non vogliamo nei nostri piatti né animali trattati all’ormone della crescita, né prodotti OGM, né decontaminazione chimica delle carni, né sementi geneticamente modificati, né antibiotici non terapeutici nell’alimentazione animale.
«Sesto – Mi oppongo alla firma di un accordo che non includa la fine del dumping monetario americano. Dalla soppressione della convertibilità in oro del dollaro e al passaggio del sistema di cambi flottanti, il dollaro è allo stesso tempo la moneta nazionale statunitense, e l’unità di riserva e di scambi mondiale. La Federal Reserve pratica dunque continuamente il dumping monetario agendo sulla quantità dei dollari disponibili per favorire le esportazioni americane. La soppressione di questo svantaggio sleale suppone come propone la Cina, di fare dei «diritti speciali di prelievo» del Fondo Monetario la nuova moneta mondiale di riferimento. In termini di competitività, l’arma monetaria ha lo stesso effetto che i dazi doganali.
«Settimo – Al di là del settore audiovisivo, bandiera dell’attuale Governo (Hollande-Valls) che serve da foglia di fico alla sua viltà su tutti gli altri interessi europei nel negoziato, voglio che ogni “eccezione culturale” sia difesa. Specialmente, è inaccettabile lasciare che i servizi digitali nascenti d’Europa siano spazzati via dai giganti americani come Google, Amazon o Netflix. Giganti che essendo padroni dell’“ottimizzazione fiscale” [ossia del pagare le tasse nei Paesi di loro scelta, perché la tassazione è più lieve] fanno dell’Europa una colonia digitale.

I nostri politici che dicono? Nulla, vi pare? Da Letta a Monti, da Bersani a Berlusconi, non si scorge nessuna parola spesa per informare i loro votanti, anzi se ne stanno ben zitti. Che dire poi del M5S, forse uno dei pochi che potrebbe arginare la fine della sovranità nazionale. La Lega e tutti gli altri partiti antieuropei, da destra a sinistra, possono forse essere un argine, ma troppo grande è il frazionamento politico che caratterizza questa stagione politica. L’unica certezza è che non si dovrà assolutamente votare per i partiti di coalizione (PD e Forza Italia o come diavolo si chiama e tutta quell’accozzaglia di parassiti) e chi lo farà invece giocherà con il futuro dei suoi figli.

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