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A quando la italica rivoluzione?
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In questa Italia l’unico rimedio per salvaguardare l’esperienza acquisita nel corso degli anni è quella di chiudere baracca e burattini e andare a produrre in altre nazioni dove il peso fiscale, la burocrazia, ma soprattutto il malaffare, travestito ed impalmato dalla politica, non entri nell’attività aziendale.
Questo d fondo la spinta che animano molte aziende italiane costrette a spostare le loro attività fuori dall’Italia. Il peso fiscale italiano sulle attività commerciali ed industriali è arrivato oramai ad un livello talmente elevato che quelli che adesso aprono un’attività o sono degli eroi o degli sprovveduti. Sono propenso a credere che siano degli sprovveduti, poiché una persona con un minimo di esperienza e sale in zucca trarrebbe maggior guadagno a rimanere alla finestra anziché spendere denaro per ingrassare la bestia della spesa pubblica.
L’Indesit, antica e famosissima azienda di elettrodemestici italiana, sta chiudendo i battenti per andare a produrre in Polonia. Impossibile produrre in Italia. Gli esuberi sono migliaia e i parassiti politici si chiedono perché dovrebbe chiudere, forse la domanda seria è cosa ha spinto queste aziende a delocalizzare. Ma va da se che il parassita non chiede mai a se stesso se la sua presenza sia opportuna o meno, anzi la sua attività è quella di succhiare tutte le energie vitali senza la benché minima sensazione di provocare disastri.
In Italia abbiamo milioni di parassiti. Si pensi alla struttura politica e gestionale dello stato a Roma, e poi si scenda nelle regioni, nelle provincie e nei comuni, nelle comunità montane, nei consorzi, negli enti regionali di gestione del territorio, in quelli di amministrazione agricola, commerciale, industriale, artistico, museale, scolastico, universitario, sanitario: tutti parassiti pubblici, tutti stipendiati con le tasse delle aziende e del commercio italiano e con i denari che vengono drenati dalle attività del privato. Loro, i parassiti, non producono nulla, anzi usano la mano ferma della burocrazia per bloccare attività, impedire lo sviluppo.
Ma il problema non è la presenza di questo genere di parassiti, ma la loro gestione: sono inamovibili, illicenziabili, statici e se compiono dei misfatti non accade nulla, vengono spostati o promossi ad altri incarichi (Draghi, Cancellieri, Ciampi, ecc.ecc.): quanti giornalisti hanno cercato di seguire “il dopo” di quelle centinaia di dipendenti pubblici che frodavano lo stato?
Come pensiamo di migliorare con un cancro di siffatte dimensioni? Quasi 4 milioni di parassiti incistati nei diversi gangli del potere burocratico italiano che impediscono qualsiasi desiderio di sviluppo economico, culturale e sociale.
Zero assoluto! La bestia ingrassa sempre di più e per tale motivo è inamovibile.
Se poi a tutto questo ci aggiungiamo l’attività bancaria allora abbiamo fatto tombola!
Ma guardiamo da vicino alcune cose. La sicurezza del cittadino, per esempio. Abbiamo le forze dell’ordine che sono appiedate, senza pezzi di ricambio, con turni massacranti con un parco auto da paese sottosviluppato, i mezzi che lo stato destina alle forze non solo sono insufficienti, ma con i tagli imposti per la revisione della spesa, si è colpito proprio quei punti di salvaguardia per il cittadino stesso, e la malavita ringrazia!
Spostiamoci nel settore dei beni artistici, ma è solo un esempio ed ognuno di noi ne ha sicuramente altri da portare. Musei chiusi, musei sottodimensionati con la presenza del pubblico infima da cui tutti i musei pubblici d’Italia guadagnano meno del Louvre. E’ mai possibile che in Italia, la culla dei beni artistici con la più alta concentrazione culturale ed artistica del mondo i musei, abbia un introito più basso del Louvre? Chi è e chi sono i responsabili? Perché non vengono licenziati e messi a fare da usciere o a raccattare i mozziconi? Perché non pagano di tasca loro delle malefatte e dell’inefficienza procurata e del danno di immagine ed economico italiano? Da chi son coperti?
E’ solo un esempio, sia chiaro, e non è il massimo, poiché se volgiamo lo sguardo dell’industria basterebbe parlare dell’Ilva di Taranto e dei 40 mila dipendenti in tutta Italia che rischiano il posto di lavoro per la zelante attività di alcune persone della magistratura che dall’alto della loro posizione, incuranti delle sofferenze dei lavoratori, ma conniventi nelle attività illecite dell’Ilva in tanti anni (come mai non sono mai intervenuti in tanti anni ???), hanno l’ardire e la prepotenza di mettere sul lastrico migliaia di famiglie.
Questa è l’Italia che conta, quella del becero parassitismo, quel genere di parassitismo saudo-salafita, nello stile degli sgozzatori siriani che non distinguono il buono dal cattivo, ma scannano gole indifferenti. Ma nel caso dell’Ilva la prima cosa che anche i nostri politici – adesso – vanno sottolineando è l’inquinamento, caspita! L’Ilva inquina! Toh!
Adesso, giudici, GdF, Regione, Comuni e le varie Ong adesso scoprono che inquina, ma prima che tipo di attività stavano facendo quei parassiti? Essi sono colpevoli tanto l’Ilva per omissione di atti d’ufficio e così che tutti i responsabili, che in tanti anni non hanno mai controllato, dovrebbero pagare per lo stesso danno, anzi di più vista la loro veste pubblica.
L’Ilva è solo un piccolo pezzo dell’Italia, perché basta pensare al settore del commercio e a quello della piccola industria manifatturiera. Non parliamo delle grandi industrie che si sono volatilizzate al primo stormir di fronde, l’ultima delle quali la Fiat, ma di quelle che hanno costituito per decenni la struttura portante economica del nostro paese e che in poco più di 2/3 anni si sono assottigliate a scheletri vuoti, capannoni senza attività. Pensiamo al settore tessile, a quello del mobile, delle calzature, e a tutto l’indotto che solo questi settori producevano.
Ma questa Italia dovrebbe emergere dalla fogna nella quale siamo caduti? E come?
Stiamo vivendo in uno stato fallito, condotto da parassiti drogati per la sicurezza del loro posto di lavoro, mantenuto dal presidio sindacale incurante della vita della maggioranza degli italiani. Le premesse per uno scontro sociale ci sono tutte e chi ha il bastone del comando sta spingendo proprio in questo senso.
Un conoscente, impiegato nel pubblico (insegnante), ha già programmato le sue dovute ferie. A luglio farà 2 settimane in Puglia, ad agosto 10 giorni circa al sulla riviera adriatica e a fine agosto una settimana in Montagna (gli piace andare a funghi). Chiede: senti, che ne dici se ci organizziamo ed andiamo assieme a farci un giro in barca in Puglia? Silenzio di tomba del suo interlocutore che risponde: “Ma ti rendi conto che con le lune che ci sono se mi va bene potrò avere solo una settimana di ferie a casa?”. L’altro, il parassita,: “Ma dai! Cosa sarà mai!? Le ferie ti sono dovute, te le devono dare, mica puoi lavorare in eterno, no?!”.
Il parassita, e come questo ce ne sono a milioni, non può capire, non capirà mai fintanto che qualcuno e accadrà, non gli metterà un tizzone ardente nel posteriore. Non capisce ed è talmente ignavo della sua tracotante sfrontatezza da non alleviare e minimizzare la sua posizione di fronte alla tragedia quotidiana dal non saper che oltre ai suoi confini, garantiti da leggi parassite, ci sono milioni di persone che ogni giorno non saranno sicure di poter portare a casa il proprio cibo.
La gente dice…