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Far Pagare le Tasse è il Furto di uno stato Parassita: evaderle è un atto di civiltà!
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Aggiornamento 07.10.2012
Siamo tutti coscienti che in Italia l’evasione fiscale non è solo difficilmente quantificabile, ma talmente radicata che anche coloro che dovrebbero punire gli evasori se ne servono. Basti pensare alle fatture dei meccanici, degli artigiani, dei dentisti, di altri professionisti, in cui la nostra complicità con l’evasore, di fronte a numeri sempre più vertiginosi e a paghe sempre più sgangherate, diventata un tutt’uno. E’ inutile negarlo!
Basta andare da un dentista, farsi fare un impianto o un lavoro particolare o qualche corona dentaria per trovarsi con un costo superiore ai 2000 euro e allora perché si dovrebbe richiedere la fattura, alla quale verrebbe caricato un costo in più per l’Iva? Dove sta il vantaggio per l’utente finale? Molti, che ancora non hanno speso quelle cifre, risponderebbero che è dovuta, che è un atto di civiltà, che è bello pagare le tasse (Padoa Schioppa docet!). Ma chiediamoci, ne siamo certi, pensiamo veramente che sia civile pagare le tasse, così come adesso ci impongono di pagare? E, come già detto, a che pro? Non rispondiamo scimiottescamente che perderemo i servizi, l’istruzione e la sanità (per Bersani è il tema dominante).
Le tasse, quel fiume immane di denaro che lo stato drena tutti i giorni con tasse dirette ed indirette, è sempre e continuamente in aumento, l’andamento del costo della benzina dovrebbe farlo capire anche ai più stolti, ma nonostante questo c’è la pubblica amministrazione che monopolizza i media televisivi inondando le case di messaggi fuorvianti: “se tutti pagano le le tasse tutti le paghiamo meno“. Quale enorme assurdità!! O come quella che indica l’evasore come il parassita.
Ma ci crediamo veramente che questa nenia sia veramente realista?
Allora partiamo da un punto di vista realista, ovvero di come sta l’Italia adesso o una parte di essa.
I dipendenti pubblici di tutti i settori, rispetto al privato, godono di un fattore di “forma” della inamovibilità. Nessun dipendente pubblico, salvo il caso che non abbia compiuto una strage, viene licenziato e dopo l’eventuale periodo di carcere, di norma viene rimesso in servizio, accumulando nel contempo i versamenti pensionistici che lo stato (noi) gli paga. I dipendenti pubblici di grado superiore per legge (Art. 24 legge 448/1998), godono di un aggiornamento annuale del loro stipendio del 3 %. Il numero dei dipendenti pubblici al 2010 (Dati Rag. dello Stato) è di circa 3,4 milioni di persone con una spesa media per lo stato di circa 165 miliardi di euro. Suddivisi come da seguente tabella con valori in milioni:
E’ evidente che i comparti più costosi sono quelli della Sanità, delle Regioni e della Scuola. Solo questi tre drenano quasi 114 miliardi di euro, ovvero il 69,7% della spesa pubblica. Sorge allora la domanda più che lecita se sia coerente che uno stato allo sfascio, come è attualmente l’Italia, possa permettersi di buttare 114 miliardi, ai quali però sarebbero da aggiungere anche i 7,5 delle forze armate, per avere un ritorno che non è percepibile sulla pelle di ogni uno di noi. Ricordiamoci che le forze armate sono costituite per lo più da graduati, sottufficiali ed ufficiali, mentre la truppa volgare, quella comandata, è una minima parte. Ricordiamo ancora che tutti nelle forze armate quando vanno in pensione – e così anche tutti dipendenti pubblici – godono di un altro fattore di “forma”: vanno in pensione con il grado successivo a quello che avevano prima della pensione e questo è un gran vantaggio “economico” per loro, un po meno per il normale italiano. Non dimentichiamoci che le forze armate, sempre al servizio della Nato, sono attive in operazioni “peace-keeping”, al servizio degli anglosassoni, degli Usa e di Israele, ovvero al servizio di chi ha tutti gli interessi affinché altri compiano il lavoro sporco, mentre gli altri portano a casa i frutti dei nostri sacrifici. Ma questa è una divagazione per cui il Generalissimo La Russa, assieme al comunista-massone di Napolitano, ha voluto la guerra di Libia. Chiedo venia!
E’ vero che la sanità, ancora, funziona, ma è anche vero che i servizi offerti (lungaggini, errori di diagnosi, tempi biblici per un esame diagnostico, medici che fanno il doppio lavoro direttamente nella struttura pubblica) sono per lo più scadenti, anche se ci sono, ad onor del vero, delle ottime strutture ospedaliere sparse nel territorio nazionale che però non sono la media, ma delle eccezioni.
E’ vero che il nostro sistema scolastico, praticamente gratuito fino al quarto e quinto anno della scuola secondaria di II grado (scuola superiore), ha un costo relativamente basso se paragonato agli altri paesi europei; in compenso abbiamo un corpo insegnante miserrimo, incapace di infondere senso di critica, assenteista, disarticolato, troppo indipendente nella scelta dei testi scolastici, disinteressato, ma anche è spesso ingessato in regole protezionistiche assurde (si veda il caso di quella professoressa condannata per aver imposto ad uno scolaro di scrivere 100 volte la frase “sono uno idiota” per aver dileggiato un suo compagno di classe). Sistema che sforna annualmente migliaia di persone senza una benché minima cultura di base, per lo più ignoranti, indottrinati e semianalfabeti.
Dall’introduzione istituzionale delle Regioni (1970) lo sfascio italiano è andato via via sempre più accentuandosi. Nella realtà, e senza entrare nelle specifiche regioni, abbiamo assistito ad una frantumazione degli organi di controllo statale con la creazione di sub-unità parallele allo stato con doppie funzioni e con il risultato di paralizzare l’efficienza paese.
Praticamente le attuali regioni altro non sono che un doppione dello stato con tutto quello che ne consegue: un baraccone inutile, costosissimo che mette il fruitore finale – il cittadino – in condizioni tali da incatenare una qualsiasi pretesa di inventiva o innovazione, perché ogni cosa è vagliata dai consigli regioni, dai vari Tar, dalle varie commissioni composte da persone pagate profumatamente, ma che non producono nulla di utile, salvo che le richieste del cittadino non incontrino i desideri dei politici consenzienti che ne permettono l’attuazione. Uno stato collettivo del malaffare, permeata in tutti i settori e gli scandali di questi ultimi anni dovrebbe far aprire gli occhi, ma tant’è che nessuno ormai ci fa più caso: “cosa possiamo fare noi piccoli cittadini?” è la risposta al marciume che regna nella pubblica amministrazione.
A sostegno di questo “antico” post ci stanno gli affari accaduti in questi giorni, si vedano i casi di Lusi, Belsito, Fiorito che approfittando della distrazione mediatica democratica si appropriavano dei denari che il partito riceveva dallo stato (noi). Tutto normale in una repubblica delle banane come la nostra. A tutto questo magna-magna atavico di gente che fino a ieri mangiava pane e cipolle, si aggiunge anche l’insospettabile leggerezza dell’essere con cui un incaricato alla riscossione delle tasse usava i denari riscossi per i comodi personali.
Tutti zitti!!!! Zitta la magistratura, zitta la GdF, molto attenta invece a inchiodare il barbiere, il commerciante, la parrucchiera per mancato emissione dello scontrino fiscale. Quelli (Lui, Fiorito, Belsito, Saggese) intoccabili – the untouchables – hanno sperperato per anni milioni, tantissimi, e comuni, assessori, presidenti di regioni, uscieri e tutta la catena im-produttiva dello stato (parassita) pur sapendo, stavano zitti, condividendo il sistema del magna-magna.
Ma chi ha messo quelle persone in quei posti di responsabilità, con quali credenziali, con quali concorsi-farsa? E quali correnti politiche hanno sostenuto la loro candidatura e sulla base di quali esperienze professionali? Perché solo a sentirli a parlare sembrano appena sgrossati da un ciocco di legno. Eppure quelli che dovevano controllare, i controllori, zitti e muti come pesci.
Ora, come potrebbe capire la persona normale, sembrerebbe che il male vero, quello da estirpare, siano i contribuenti che evadono lo scontrino del bar; la massa silenziosa, che non avendo forza o voce in capitolo deve pagare, anche contro la tentazione, legittima, di non farlo. Questi sarebbero i parassiti, quelli da inchiodare a forza e mediaticamente dalle commissioni tributarie, dalla gogna mediatica. Ma ne siamo veramente certi? Chi è il parassita? Il barista che non emette uno scontrino da 1 euro oppure quell’infame adiposamente indisponente che si è ingrassato con i denari nostri?
Allora alla domanda suddetta, se crediamo alla nenia mediatica, io credo che sarebbe da rispondere semplicemente di no!
Non è vero che se tutti paghiamo le tasse tutti alla fine le paghiamo meno, i servizi funzionano meglio, lo stato migliora le sue offerte, poiché è la solita bufala plutocratica di controllo. Alla fine chi veramente ci guadagna da questa balla è solo l’apparato statale-parassita, quello che è incapace di produrre un cambiamento, quello che legifera solo e pro domo sua, mentre per il settore privato ci sono solo gabelle, vessazioni, oneri sempre più invadenti, cartelle pazze, tasse inique, ma giuste per l’esercito di statali che deve auto-alimentarsi sulle spalle dei privati senza i quali cadrebbe nello sfascio più totale.
Quindi pagare le tasse è niente meno che pagare il pizzo alla mostruosa macchina ormai in cancrena di uno stato che ha svenduto la sua dignità, il suo onore, il suo rispetto e che non ha nemmeno la vergogna, il pudore quando avvisa il cittadino che “il cambiamento dei benefici dei parlamentari puo’ essere fatto solo dai parlamentari stessi“. Ma è accaduto anche nel Veneto che un amministratore di un ente pubblico (Fondazione Breda), nonostante fosse ammalato di cuore, abbia frodato l’ente, pagato con le tasse non solo venete, ma di tutti noi italiani, incamerando diversi milioni di euro. Solo alla presenza di un giudice, il suo già debole cuore con diversa by-pass ha ceduto, mentre è rimasto intatto quando rubava a piene mani. Questa è una dimostrazione della totale manomissione sulla cosa pubblica che nemmeno una malattia al cuore interrompe ed impedisce di compiere, tanto al massimo che succede? Niente! Quindi nulla da temere, nemmeno di fare un infarto deleterio per la salute.
Però, mentre noi, di fronte ad una cartella esattoriale magari pazza o sbagliata nei valori, ci vengono i sudori, le notti insonni, lo stomaco annodato, al burocrate-plutocratico invece gli prudono le mani per cominciare a contare i denari che riuscirà a razziare dalle nostre tasche e così dobbiamo anche spendere in avvocati, in commercialisti, in tecnici per quelle leggi fatte bell’apposta per non essere capite, così che di fronte ad una multa di 100/1000 euro è più conveniente pagare che ricorrere alla giustizia, perché costa, costa tanto e il tempo, e più spesso i denari sono sempre meno e ci servono per sopravvivere.
E lì, con questo sistema, la pubblica amministrazione sguazza nel vedere che il cittadino si dibatte nell’arena fiscale, burocratica, legislativa, tanto lei sa – la pubblica amministrazione – che pochi potranno uscirne vivi e nel frattempo ci avranno spogliato rendendoci sempre più simili ad oggetti da usare e da gettare.
Ma allora ha senso parlare di pagare le tasse? In queste condizioni direi di no, assolutamente non ha senso, perché vorrebbe dire alimentare una macchina che offre il minimo, prelevando il massimo. Hanno compiuto quello che le aziende private spesso non ottengono i decenni di attività: il massimo utile con il minimo sforzo, chiamali stupidi!
Però, se ci pensiamo bene: tagliati i rami secchi, improduttivi, cambiate alcune regole di questa macchina, eliminate le regioni, le prefetture, ridotti i numeri del personale nei comuni e nelle segreterie (ormai è tutto informatizzato, no?), ridotti i parlamentari ad un numero esiguo ( in Svizzera il parlamento si riunisce 2 volte all’anno e i parlamentari ricevono a casa tutti gli atti necessari per le due riunioni annuali), messi alla stessa stregua del privato con gli stessi diritti e doveri, licenziandoli quando sono assenti per mesi o perché timbrano e vanno a fare la spesa o per altre “marachelle”, allora in questo caso pagare le tasse dovrebbe essere un dovere di tutti, senza eccezione!!!
Allora sì che, sistemata la macchina rappresentativa, quella che da l’esempio, potremmo correre a versare i nostri denari al fine di fruire tutti di servizi snelli, efficienti, perché in caso contrario si viene licenziati; una giustizia che corre veloce, perché i cancellieri hanno il loro lavoro ed i giudici pure, perché lavorano in maniera snella; di una sanità che lavora 24 ore al giorno, perché i medici ospedalieri lavorano solo in ospedale e non nelle cliniche private o all’ospedale in intramoenia.
Allora sì che, come diceva Schioppa, pagare le tasse è bello (non tanto, ma supposte le condizioni…), ma da adesso a questo c’è un mare di differenza.
E’ vero però, ci sono molti evasori, tantissimi e le cifre che si sentono svariate, dai 30 ai 300 miliardi, nessuno lo sa e non si capisce come riescano a dedurre queste cifre se si parla di sommerso. Se una cosa è sommersa, non rilevabile, come possano arrivare a dei risultati è un mistero. Nella realtà considerando che tutte le aziende devono necessariamente usare energia elettrica la cosa in sé sarebbe, credo, facile: tutte le utenze con valori superiori ad un certo consumo potrebbero essere suscettibili di visite della GDF. Facciamo un esempio per i più duri di comprendonio: se io consumo 9Kwatt al giorno per uso domestico non posso pensare che ci sia un privato che invece ne usi 100 o 5000. Ci deve essere un problema o comunque una perdita ed i tecnici dell’Enel o dell’Edison o di qualche altra società “privatizzata” dovrebbe capire che succede, vi pare?
Però non succede nulla, la GDF, è silente, non mobilita nessuno e tutto passo sotto silenzio.
Mi chiedo, c’è complicità oppure la solita manfrina italiana…tanto a noi che c’è frega?
La gente dice…