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Ma perché non ci ribelliamo?

23 ottobre 2011 1 commento

Ho iniziato da poco a leggere il libro di Mario Giordano “Sanguisughe“: devastante!!

Non lo consiglio a nessuno, è truce, acre, irrispettoso e apre una luce sui privilegi acquisiti che se non li si legge non ci si crede. Sono appena a pagina 15 e già sono incazzato come una bestia ferita a morte, ma è il giusto dolore per chi è affetto da curiosità patologica. Dovrò finirlo di leggere e vi saprò dire che ne penso.

In questo piccolo incipit si inserisce però un aspetto ancor più greve e devastante che, volenti o nolenti, dovremo affrontare: salvare le banche.
Avete letto bene e già lo sapete. Salvare le banche significa, per alcuni pensieri, salvare i propri risparmi, salvare il proprio lavoro – per chi ce l’ha – e salvare la propria vita che nel futuro sembra sempre più fosco e nebuloso.

In questi giorni si stanno riunendo i grandi della terra per trovare la soluzione di come ripagare i debiti che stati e banche hanno creato “dal nulla”. Le idee verranno gettate sul tavolo diplomatico, ma le soluzioni sembrano già prese: pagherà, come sempre, il cittadino, quello che ha valore zero, quello che non potrà mai alzare la testa e mai dire: ma io che c’entro nei vostri debiti?

Che cosa c’entra con il debito pubblico – avvalorato dai giochi finanziari dei banchieri – quel povero anziano di 80 anni che prende 400 euro di pensione e che dopo 45 anni di lavoro come muratore o come impiegato di qualche anonimo ufficio , con una piccola famigliola che ha fatto sacrifici per acquistarsi una casa, per mandare i figli a scuola? Lui, non ha mai fatto debiti, ha pagato il mutuo lavorando 10/14 ore al giorno e la moglie a fare la sguattera in qualche osteria o in qualche casa di qualche riccone. Loro cosa c’entrano? Perché dovrebbero temere di vedersi radere a zero la loro pensione o i loro piccoli risparmi? Chi pagherà per i loro bisogni? La risposta: tutti dobbiamo contribuire al benessere della nostra giusta società.

Queste persone, e in Italia ce ne sono tante, hanno il diritto di vivere come tutte le altre, anzi, loro, silenziose ed attente a non sprecare nulla, hanno più diritto ad avere una dignitosa vecchiaia e ad essere rispettati più di tanti altri leziosi e cicisbei personaggi del mondo della politica e della finanza, così come di molte altre classi di lavoratori, pensionati anzitempo, che sfruttando l’onda buonista dei tempi andati dei prepensionamenti “baby” adesso in panciolle si godono i frutti di una fatica mai sprecata.

Ecco, ci troviamo ad un piccolo passo dal baratro, dallo stratosferico baratro della nostra – italica – deficienza a pensare che tutto sia infinito e nulla abbia fine.  Ma invece, e già in cuor nostro lo sappiamo, ogni cosa finisce, prima o dopo. E così, anziché tagliare le punte estreme degli sprechi, anziché riordinare i conti, il nostro stato emette continuamente debito su debito, perché ci serve per pagare gli autisti dei magistrati, i cani da guardia degli attori, dei politici che ormai vecchi e stracotti dopo decenni di politica non li attaccherebbero nemmeno una zecca. Ma ci serve anche per pagare la cassa integrazione che le aziende criminali usano senza una minima verifica da parte delle autorità preposte; per acquistare strumenti nel settore della sanità che non serviranno a nessuno, ma per ingrassare i notabili preposti agli acquisti (che sono politici) o a favorire i soliti faccendieri accomunati ai politici locali in odor di mafia e sopratutto di massoneria.

In questo tremendo ed incompleto assunto tra domani e domenica sapremo di che morte dovremo morire: se per mano delle banche o per mano di qualche ministro; e noi, popolo imbelle incapace di agire, sempre prono e rispettoso della solita frase “Francia o Spagna, purché se magna” cadremo come mele marcie ai piedi dell’austerità, dei sacrifici che dovremo accettare senza batter ciglio.

A voglia quelle vagonate di sterco che i fantomatici Black Block hanno fatto sabato scorso, sono solo pinzillacchere. Fossero andati a Palazzo Koch, fossero andati nelle sedi dei sindacati, della confindustria, nelle sedi della Rai, in quelle della politica, beh…e invece, come già abbiamo visto, hanno fatto quello che i poteri superiori hanno voluto che si facesse: distrarre, manipolare l’attenzione affinché non si evidenzi il malessere sul problema che affligge la nostra nazione, la nostra economia e concentrare la rabbia, cercando soluzioni illiberali per azioni di nessun valore aggiunto, solo vandalismo.

Nel frattempo ci stanno defraudando della nostra sovranità. Pensate all’iPhone, pensate alla gnocca, pensate a calcio, pensate al grande fratello e riempitevi il budello di quello sterco che mangiate alle 4 del mattino dopo un’allegra serata con gli amici.  Sarete cotti al punto giusto e vi troverete devastati nello spirito e nel corpo, perché dovrete ricominciare daccapo, dovrete sudare solo ed esclusivamente per avere una ciotola di riso, se va bene.

E siccome sono profondamente incazzato (‘sta notte non dormirò per la terza notte di seguito) vi metto una bella tabella della CGIA di Mestre che ha evidenziato che tra il 2000 ed il 2010, al netto degli interessi sul debito, la spesa pubblica italiana è aumentata di 141,7 miliardi di euro, pari al +24,4%. Niente male vero? Ma la domanda di fondo che ci si pone è: dove sono andati a finire questi soldi?

Le spese correnti (¹) (per quasi 2/3 riconducibili ai stipendi dei dipendenti del pubblico impiego e alle prestazioni sociali) costituiscono il 93,2% del totale della spesa pubblica.

Qui di seguito la tabella:

Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, schema semplificato a due sezioni. Anni 2000 – 2010(milioni di euro) – gli importi riferiti al 2000 sono stati rivalutati al 2010

Voci economiche

2000

2000 rivalutato

2010

2010

differenza variazione %
USCITE
Redditi da lavoro dipendente

124.306

152.275

171.905

19.630

12,9%

– Retribuzioni lorde

87.202

106.822

121.673

14.851

13,9%

– Contributi sociali a carico datore di lavoro

37.104

45.452

50.232

4.780

10,5%

– Contributi sociali effettivi

33.212

40.685

46.184

5.499

13,5%

– Contributi sociali figurativi

3.892

4.768

4.048

-720

-15,1%

Acquisto beni servizi produttori market

27.541

33.738

45.409

11.671

34,6%

Consumi intermedi

59.853

73.320

91.600

18.280

24,9%

Ammortamenti

19.124

23.427

31.166

7.739

33,0%

Imposte indirette

11.561

14.162

18.188

4.026

28,4%

Risultato netto di gestione

-342

-419

-1.319

-900

214,8%

Produzione servizi vendibili (-)

-15.976

-19.571

-19.855

-284

1,5%

Produzione beni servizi uso proprio (-)

-154

-189

-168

21

-10,9%

Vendite residuali (-)

-6.185

-7.577

-8.319

-742

9,8%

Spesa per consumi finali

219.728

269.167

328.607

59.440

22,1%

Contributi alla produzione

14.097

17.269

16.040

-1.229

-7,1%

Interessi passivi

74.864

91.708

70.152

-21.556

-23,5%

Rendite dei terreni

38

47

42

-5

-9,8%

Imposte dirette

1.435

1.758

644

-1.114

-63,4%

Prestazioni sociali in denaro

195.422

239.392

298.199

58.807

24,6%

Premi di assicurazione

413

506

989

483

95,5%

Trasferimenti ad enti pubblici

0

0

0

0

0,0%

Aiuti internazionali

1.230

1.507

1.594

87

5,8%

Trasferimenti correnti diversi

11.645

14.265

23.347

9.082

63,7%

– a UE quarta risorsa

5.327

6.526

11.523

4.997

76,6%

– a istituzioni sociali private

1.869

2.290

4.744

2.454

107,2%

– a famiglie

2.456

3.009

5.765

2.756

91,6%

– a imprese

1.993

2.441

1.315

-1.126

-46,1%

Totale uscite correnti

518.872

635.618

739.614

103.996

16,4%

Investimenti fissi lordi

27.720

33.957

31.879

-2.078

-6,1%

Variazione delle scorte

0

0

0

0

0,0%

Acquisizioni nette di oggetti di valore

0

0

0

0

0,0%

Acquis. nette attività non finanziarie non prodotte

-13.575

-16.629

202

16.831

-101,2%

Contributi agli investimenti

15.979

19.574

20.442

868

4,4%

– a famiglie

1.877

2.299

1.941

-358

-15,6%

– a imprese

13.583

16.639

17.411

772

4,6%

– al resto del mondo

519

636

1.090

454

71,4%

– ad enti pubblici

0

0

0

0

0,0%

Altri trasferimenti in c/capitale

690

845

1.376

531

62,8%

– a famiglie

0

0

0

0

0,0%

– a imprese

690

845

1.201

356

42,1%

– al resto del mondo

0

0

175

175

0,0%

– ad enti pubblici

0

0

0

0

0,0%

Totale uscite in conto capitale

30.814

37.747

53.899

16.152

42,8%

Totale uscite complessive

549.686

673.365

793.513

120.148

17,8%

La lettura della tabella può certamente confondere, ma i numeri non hanno testa e quello che si legge è chiaramente  un’indicazione di dove vadano a finire i soldi delle nostre tasse, dei nostri contributi.

(¹)Spese correnti
Dette anche di funzionamento, costituiscono l’insieme della spesa pubblica necessaria all’ordinaria conduzione della struttura statale. Le spese correnti concernono:
— i movimenti finanziari relativi alla produzione ed al funzionamento dei servizi dello Stato (spese per il personale sia in servizio sia a riposo, spese per l’acquisto di beni di consumo ecc.);
— i movimenti inerenti alla redistribuzione dei redditi attuata dallo Stato a favore di particolari categorie di soggetti in base a determinate linee di politica economico-sociale (sovvenzioni, contributi, sussidi, pensioni di guerra ecc.);
— gli ammortamenti di beni patrimoniali, che hanno un rilievo puramente economico e non finanziario. La voce in questione ha la funzione di porre in evidenza l’ammortamento economico dei beni dello Stato; trattandosi di un fenomeno che non provoca manifestazioni monetarie, si ha una doppia iscrizione: una nelle entrate e una nelle spese correnti.
Le spese correnti, che costituiscono una delle due categorie in cui vengono ripartite le spese pubbliche, l’altra è costituita dalle spese in conto capitale, rappresentano la parte più cospicua della spesa pubblica.

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