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Archive for 26 ottobre 2010

Il New York Times disinforma sulla Palestina.

26 ottobre 2010 Lascia un commento

Si scopre che la voce delle verità che ci vengono propinate spesso sono soggette a filtri come in questo interessante articolo:

Recenti esplosive inchieste giornalistiche hanno rivelato che Ethan Bronner, capo dell’ufficio della Palestina-Israele del New York Times, ha un figlio nelle forze armate israeliane, e questo ha causato una tempesta di polemiche che continua a girare e generare ulteriori rivelazioni. (Vedere il mio pezzo per CounterPunch, The New York Times il conflitto di Ethan Bronner con imparzialità.) Molte persone trovano preoccupante un tale segno di partigianeria famigliare in un redattore che copre un conflitto estero – soprattutto considerati i resoconti del Times, un giornalismo orientato verso Israele. La direzione del Times in un primo momento si é rifiutata di confermare la situazione Bronner, poi non ha voluto fare dei commenti. Infine, l’opinione pubblica ha costretto l’editore Clark Hoyt del Times ad affrontare il problema in una colonna del 7 febbraio. Dopo essersi fatto in quattro per lodare l’istituzione che lo impiega, Hoyt infine ha espresso l’opinione che Bronner dovrebbe essere ri-assegnato a una area diversa al fine di evitare “l’apparenza” di parzialità. L’editore del Times Bill Keller si è rifiutato di farlo, peraltro, invece ha scritto una colonna dove afferma che le connessioni di Bronner a Israele sono preziose in quanto “forniscono un punto di vista sofisticato su Israele e sui suoi avversari, che mancherebbe a qualcuno senza connessioni.”

Se tale “sofisticazione” è preziosa, l’impegno sposato dal Times “all’imparzialità e alla neutralità delle redazioni del giornale” sembrerebbe esigere che essa disponga di un editore bilanciato, altrettanto sofisticato sulla Palestina e il suo avversario, ma Keller non affronta questo problema. Bronner è ben lungi dall’essere il solo.

A quanto pare, i legami di Bronner con i militari israeliani non sono una rarità come ci si potrebbe aspettare.
Un precedente capo ufficio del Times, Joel Greenberg, prima era il capo ufficio, ma successivamente da Israele stava già pubblicando sul Times, effettivamente ha prestato servizio nell’esercito israeliano.
Anche un esperto di Media e membro dello staff di Atlantic Jeffrey Goldberg, servì nelle forze armate israeliane, non è chiaro quando, come, o anche se il suo servizio militare si sia concluso.
Richard Chesnoff, che ha coperto gli eventi in Medio Oriente per più di 40 anni, nel contempo che egli copriva Israele come senior corrispondente straniero del US News & World Report’s, ha avuto un figlio in servizio nelle forze militari israeliane.
Il marito di Linda Gradstein della NPR (National Public Radio) è stato un cecchino israeliano e potrebbe ancora essere nelle riserve israeliane. NPR si rifiuta di rivelare se Gradstein stessa è anche una cittadina israeliana, come lo sono i suoi figli e il marito.
Mitch Weinstock, direttore nazionale per il San Diego Union-Tribune, ha servito nelle forze armate israeliane.
Altri corrispondenti del The New York Times regionale, Isabel Kershner, è una cittadina israeliana.
Israele ha il servizio militare obbligatorio per tutti, il che suggerisce che Kershner stessa e / o membri della sua famiglia possono avere legami di carattere militare.

Il Times si rifiuta di rispondere alle domande sul fatto che lei e / o familiari abbiano servito o sono attualmente in servizio nelle forze militari israeliane. È possibile che la stessa Susan Chira redattore Esteri del Times abbia tali connessioni? Il Times si rifiuta di rispondere.
Molti scrittori e redattori della Associated Press sono cittadini israeliani o hanno famiglie israeliane. AP non rivelerà quanti dei giornalisti nel suo ufficio di controllo per la regione, siano attualmente in servizio nelle forze armate israeliane, quanti hanno servito in passato, e quanti hanno membri della famiglia con questa connessione.
Allo stesso modo, corrispondenti TV come Martin Fletcher sono stati cittadini israeliani e / o hanno famiglie israeliane. Hanno legami familiari con l’esercito israeliano? Il capo ufficio del Time Magazine diversi anni fa, è diventato un cittadino israeliano, dopo aver assunto quel posto. Ha parenti nelle forze armate? Wolf Blitzer della CNN, pur non essendo un cittadino israeliano, si era installato in Israele per molti anni, ha scritto un libro di ripulitura sullo spionaggio di Israele contro gli Stati Uniti, e lavorava per la lobby israeliana negli Stati Uniti. Nulla di tutto questo è divulgato agli spettatori della CNN. Michael Lerner editore di Tikkun ha un figlio che ha servito nelle forze armate israeliane. Mentre Lerner è stato fortemente critico nei confronti di molte politiche israeliane, in una intervista a Jewish Week , Lerner spiega: “Avere un figlio nell’esercito israeliano era una manifestazione del mio amore per Israele, e credo che avere un figlio nell’esercito israeliano sia per Bronner’s una manifestazione di amore per Israele”. Lerner continua con un punto fondamentale: “… c’è una differenza nel mio legame emotivo e spirituale con queste due parti [israeliani e palestinesi]. Da un lato è la mia famiglia, dall’altro lato sono esseri umani decenti. Voglio sostenere gli esseri umani in tutto il pianeta, ma ho un legame speciale con la mia famiglia. Non lo nego “. Per un gran numero di giornalisti e redattori che determinano ciò che gli americani conoscono su Israele-Palestina, Israele è la famiglia. Jonathan Cook, un giornalista inglese con sede a Nazaret, scrive di un recente incontro con un capo ufficio che aveva la sede a Gerusalemme, che ha spiegato: “… la situazione Bronner è la regola, non l’eccezione. Posso pensare a una dozzina di capi ufficio sugli esteri, responsabili per la copertura di Israele e dei palestinesi, che hanno servito nell’esercito israeliano, e di un’altra dozzina, che hanno come Bronner figli nell’esercito israeliano.” Cook scrive che il capo dell’ufficio ha spiegato: “E’ comune sentire i giornalisti occidentali che si vantano l’un l’altro circa le proprie credenziali sioniste, il loro servizio nell’esercito israeliano o il fedele servizio militare dei loro figli.” A quanto pare, i legami intimi con Israele sono tra i molti segreti di Pulcinella nella regione che sono nascoste al pubblico americano. Se, come i media insistono, questi legami non presentano alcun problema o addirittura, come Keller del Times insiste, valorizzano il lavoro dei giornalisti, perché le agenzie di notizie costantemente si rifiutano di ammetterlo? Il motivo non è complicato, mentre Israele può essere familiare a questi giornalisti e redattori, per la stragrande maggioranza degli americani, Israele è un paese straniero. In sondaggi dopo sondaggi, gli americani dicono che non vogliono “prendere posizione” su questo conflitto. In altre parole, l’opinione pubblica americana vuole copertura piena, non filtrata, imparziale . Molto probabilmente i media si rifiutano di rispondere alle domande circa l’affiliazione dei propri giornalisti, perché il pubblico, correttamente, sarebbe seccato di sapere che i giornalisti e i redattori incaricati di fornire notizie su una nazione straniera e su un conflitto sono, infatti, di parte. Mentre Keller afferma, che il New York Times sta trattando questo conflitto “in modo imparziale”, gli studi indicano diversamente:
* Il Times riporta i rapporti internazionali che documentano le violazioni israeliane dei diritti umani ad un tasso 19 volte inferiore di quanto riporta del numero decisamente inferiore di relazioni internazionali che documentano violazioni dei diritti umani dei palestinesi.
* Il Times riporta delle morti di bambini israeliani a tassi sette volte maggiore rispetto a riportare le morti dei bambini palestinesi, anche se questi ultimi sono di gran lunga di più e si sono verificati prima.
* Il Times manca di informare i suoi lettori che le colonie, solo per ebrei, di Israele costruite su i terreni confiscati ai palestinesi cristiani e musulmani sono illegali, che la punizione collettiva che Israele attua su 1,5 milioni di uomini, donne e bambini a Gaza non è solo crudele e spietata, ma è anche illegale e che il suo uso di armi americane è di routine, in violazione delle leggi americane.
* Il Times riporta dell’unico israeliano (un soldato) detenuto dai palestinesi a un tasso incalcolabilmente superiore rispetto a quello riportato sugli uomini palestinesi, donne e bambini – la stragrande maggioranza civili – detenuti da Israele (attualmente oltre 7.000).
* Il Times trascura di segnalare che centinaia di prigionieri di Israele non sono mai stati accusati di un crimine e che coloro che sono stati giudicati nei tribunali militari israeliani con una serie di bizzarre leggi militari che fanno diventare una offesa criminale anche piantare delle cipolle senza un permesso – un sistema giuridico, se così si può chiamare, che cambia secondo i capricci del governatore militare del momento, che governa su una popolazione soggiogata, un sistema in cui i genitori sono privi di potere nel proteggere i propri figli.
* Il Times non riesce a informare i suoi lettori che il 40 per cento dei maschi palestinesi sono stati imprigionati da Israele, una statistica che normalmente sarebbe considerata altamente interessante, ma che Bronner, Kershner, e Chira apparentemente considerano non importante da segnalare. Gli americani, i cui rappresentanti eletti danno, unicamente a Israele, somme gigantesche dei nostri soldi di contribuenti ( altra situazione che non viene riportata dai media), vogliono e hanno bisogno di tutti i fatti, non solo di quelli che i membri della famiglia di Israele decreta riportabili. Questi fatti noi non li otteniamo

* Alison Weir is executive director of If Americans Knew.

Fonte: uruknet

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